“Da soli si va più veloce, ma insieme si va ancora più lontano”. Si riassume in questa breve ma eloquente massima di Siegfried Mazet la mentalità norvegese, alla base dell’intramontabile successo di una nazione che nel biathlon spadroneggia da anni. Scorrendo l’elenco dei vincitori della Coppa del Mondo dal 2000 in avanti si nota infatti che, in particolare al maschile, la Norvegia ha spesso messo la propria firma portando a casa 12 delle ultime 25 Coppe del Mondo (al pari della Francia), vincendo ben 15 volte anche la classifica dedicata alle staffette. Un dato che trova conferma guardando la classifica generale dell’ultima stagione, dove al vincitore Johannes Thingnes Bø si sono aggiunti Tarjei Bø, Johannes Dale-Skjevdal, Sturla Holm Lægreid e Vetle Sjåstad Christiansen, a completare una top 5 tutta norvegese.
Un successo che per il tecnico francese Mazet - intervenuto in una lunga intervista ai canali dell'IBU - affonda nel forte spirito di squadra che permea il team Norvegia: “Ai ragazzi piace far parte di quella squadra... Egil (Kristiansen, l’altro tecnico della squadra maschile, ndr) ed io costruiamo la parte fisica e quella del tiro, apportiamo sempre piccoli cambiamenti. Ma il tutto è definito dai tempi in cui lavorano insieme, vogliono stare insieme. I più giovani sanno che se stai vicino a Johannes o Tarjei migliorerai. Portano anche un po' d'aria fresca e sfidano sempre i ragazzi in vetta. Se sali sul treno, poi puoi andare lontano”.
Secondo Egil Kristiansen, inoltre, il successo norvegese si deve anche alla forte cultura legata alle discipline nordiche nel loro paese: “La cultura in Norvegia porta ad avere molti sciatori e biathleti XC. Ci sarà sempre uno sviluppo. Nei nostri primi anni insieme non è stato così bello perché diversi ragazzi come Ole Einar (Bjørndalen,ndr) ed Emil (Svendsen, ndr) stavano finendo la loro carriera, quindi abbiamo iniziato da zero. Ci sono voluti un anno o due prima di ottenere un sistema che tutti capissero e costruire qualcosa che fosse veramente buono”.
Secondo Kristiansen, l’arma da saper mettere in gioco al meglio è la capacità di dimenticare i preconcetti, ripartendo ogni volta da zero: “Prima di accettare questo lavoro – ammette l’allenatore – non avevo mai visto una sola gara di biathlon dal vivo o in TV! Sono davvero pessimo in storia, quindi dimentico l’anno scorso il prima possibile e inizio a guardare con ansia al prossimo anno”. Una posizione su cui si trova in linea anche Mazet: “Sappiamo che è bello ricordare loro quello che abbiamo fatto, ma sappiamo che l’obiettivo è ripeterci, qualunque sia stata la stagione. Dobbiamo concentrarci sulla prossima stagione e non su quello che abbiamo fatto”.
Ma vincere è anche – e soprattutto – questione di mentalità. Una mentalità su cui la coppia di tecnici si concentra con insistenza: “Bisogna ragionare da biatleti, non da fondisti che sparano – sentenzia in maniera impeccabile Mazet –. Hanno cambiato mentalità, anche se ci sono voluti un anno o due per avere questa prospettiva da biatleti. Anche se lavoriamo separatamente sulla parte fisica e sul tiro. Sappiamo che ciò che fai fisicamente avrà conseguenze su ciò che fai al poligono e viceversa”. Anche perché se si vogliono raggiungere traguardi importanti, bisogna guardare sempre più in alto: “Se spari bene, ma vai male sugli sci, arrivi 10° o 20°. E questo non è abbastanza”, parola di Egil Kristiansen.
Insomma, se si vuole parlare di “segreti” del successo norvegese, le parole d’ordine sembrano essere gruppo, mentalità e determinazione. Ma soprattutto squadra: “Abbiamo un team forte perché i ragazzi hanno la capacità di stare da soli a volte e quando devono stare insieme, stanno insieme. Non è che uno si allena qui, un altro là e ci riuniamo semplicemente per pranzo. È un buon equilibrio che serve a costruire il successo”, conclude Mazet.