Salto - 30 settembre 2024, 18:55

Salto con gli sci - Alla scoperta di Martina Ambrosi: "Dopo la caduta a Stams ho dovuto convivere con la paura di saltare, ma la mia grande passione non mi ha fatto arrendere"

Conosciamo la giovane trentina, giunta quarta a Rasnov. Dall'inizio tardivo a 12 anni alla brutta caduta di Stams, causata dal distacco di uno sci, fino al percorso con la psicologa che l'ha aiutata a tornare.

Salto con gli sci - Alla scoperta di Martina Ambrosi: "Dopo la caduta a Stams ho dovuto convivere con la paura di saltare, ma la mia grande passione non mi ha fatto arrendere"

”È stata una gioia incredibile”. Emozioni forti quelle vissute da Martina Ambrosi due settimane fa a Rasnov, nella tappa del Grand Prix, quando, dopo aver ottenuto un dodicesimo posto nella gara del sabato, che già rappresentava il suo miglior risultato a questo livello, è arrivata addirittura ai piedi del podio la domenica, concludendo al quarto posto.
Miglioramenti evidenti quelli della trentina, che si erano già intravisti in Intercontinental Cup nella passata stagione e a inizio estate, ma che sono diventati ancora più chiari nelle ultime settimane grazie all’ottimo lavoro del nuovo staff tecnico azzurro. 

Un premio alla costanza e soprattutto alla passione della ventitreenne dell’US Dolomitica. Nata in città, ma con origini della Val di Fassa, Ambrosi alterna l’attività sportiva allo studio, iscritta all’Università di Bolzano, dove nella sede di Brunico segue un corso di laurea in Management del Turismo dello Sport e degli Eventi. «Vivo a Trento, ma più volte a settimana dormo da mia nonna in Val di Fassa per essere più vicina ai trampolini – racconta a Fondo Italia – anche se oggi ancora non possiamo saltare a Predazzo. Presto, però, forse ci sposteremo lì con tutta la famiglia perché i miei genitori vogliono andare a vivere in montagna. Non vedo l’ora concludano i lavori, così da tornare ad allenarmi con tranquillità lì anziché viaggiare sempre in Austria». 

Ma da cittadina, come è nata la passione per il salto?
La giovane azzurra racconta: «Se solitamente si inizia a fare questo sport da bambini, a sei o sette anni, io ho cominciato ben tardi, a dodici. Viste le mie origini fassane, ho sempre avuto la passione per la montagna, così ero iscritta all’US Monti Pallidi di Moena e disputavo competizioni di sci alpino. Un giorno, tornando a Trento, ho iniziato a fissare i trampolini di Predazzo che si vedono lungo la strada, ed è stato amore improvviso. Dissi ai miei che volevo provare a lanciarmi da lì. Sono sempre stata un po’ spericolata e amante dell'adrenalina. I miei genitori mi hanno assecondata. Mia mamma conosceva già parecchie persone nella grande famiglia del salto, perché ha lavorato come volontaria sia alle Olimpiadi di Torino 2006 che a Predazzo in occasione dei Mondiali 2013, con un ruolo da segretaria nella torretta dei giudici. Ha contattato la Dolomitica di Predazzo per provare. Allora guardavamo anche le gare in tv, pure se sia io che mio padre le trovavamo noiose (ride, ndr). È uno sport che visto dal vivo ma soprattutto praticandolo è totalmente diverso, dà una quantita di emozioni enorme. Quando ho provato, ho capito subito che era lo sport per me. Anche perché richiede esplosività nelle gambe, che ho sempre avuto, tanto che i miei primi allenatori, alla US Dolomitica, notarono subito questa mia caratteristica naturale». 


Con orgoglio, Ambrosi mostra la sua laurea su un muro che riporta tutto quanto hanno vinto gli atleti diplomati a Stams.

Il gioco si è fatto sempre più serio, così l’allora adolescente ha preso una decisione importante della sua vita: ha lasciato casa per trasferirsi in Austria e puntare tutto sul salto, facendo anche un’importante esperienza di vita. «Ho iniziato le scuole superiori a Trento, scegliendo il linguistico. Era però difficile conciliare lo studio con l’allenamento, quindi ho puntato su una scuola più adatta. Ho pensato allo Ski College Pozza di Fassa, quello dove ha studiato proprio Annika (Sieff, ndr), ma allora non c’era un trampolino da 60 a Predazzo, così ho deciso di trasferirmi a Stams, in Austria, dove ho frequentato la scuola e imparato così anche perfettamente la lingua tedesca. Ricordo che andai a visitarla con Beatrice Sola, oggi nazionale di sci alpino. Pur di andarci ho anche perso un anno di scuola, perché dovevo iniziare la terza superiore, ma lì non mi avrebbero presa per fare solo tre anni, ne servivano almeno quattro dal punto di vista sportivo. Così sono stata ripetente senza mai essere bocciata (ride, ndr)».




La giovane trentina è grata ai suoi genitori per tutto questo: «Mi hanno sempre dato il loro supporto morale e anche pratico. Quando ho scelto il salto, si sono solo raccomandati di stare attenta. E infatti … ». 

Purtroppo, la scalata sportiva di Martina Ambrosi ha subito una brusca frenata nell’estate del 2018. Un episodio sfortunato, maledetto, uno sci che si stacca in fase di volo, la perdita di equilibrio, la caduta e un lungo periodo di riabilitazione. «Ho iniziato a frequentare la scuola, a Stams, nel settembre del 2017, ma nel giugno 2018 è avvenuto un episodio che sicuramente ha inciso tanto nel mio percorso agonistico, quando preparando la stagione 2018/19 ho avuto un brutto incidente sul trampolino di Stams. Sono caduta in fase di volo, a causa di uno sci che si è staccato, così ho perso l’equilibrio. Nell’impatto, avvenuto sul fianco, il ginocchio sinistro è andato a sbattere con quello destro ed è così saltato il legamento crociato anteriore. Sono stata operata dai medici della FISI a Milano, a luglio, poi ho iniziato il lungo percorso di riabilitazione. Addirittura a 17 anni mi sono ritrovata praticamente a dover nuovamente imparare a camminare. Ho cercato di eseguire ogni singolo passaggio ed esercizio con la massima attenzione, per guarire bene e tornare a saltare, cosa che ho fatto a febbraio 2019».

A quel punto, però, l’azzurra ha dovuto fare i conti con un nuovo nemico, quella paura inconscia, forse anche inevitabile quando un brutto episodio viene causato da qualcosa che è fuori il proprio controllo. «Inizialmente ero felice ed euforica, non vedevo l’ora di tornare a saltare, addirittura la voglia era quasi troppa. Poi, d’improvviso, nell’inverno 2020 ho scoperto di avere paura, come se di nascosto si fosse insinuata lentamente nella mia testa. Ho iniziato a temere di uscire dal dente e non ritrovarmi più lo sci. Nel salto non puoi permetterti di avere paura e dubitare, bisogna essere convinti perché poi quando parti non puoi più fermati. Però non riuscivo a togliere questo maledetto pensiero dalla testa. Lo sci ovviamente è quello che ci sostiene quando siamo in aria e pensare di non averli quando mi lancio, è diventato un terrore».

Due lunghi anni, difficili, ma Ambrosi non ha mai mollato, nonostante forse tutto potesse portarla allora a decidere di smettere. «Oggi ne parlo liberamente perché è nel passato, ma fino al 2022 faticavo a parlare di questa mia paura, ad accettare e ammettere questo problema. Ho perso sicurezza in me stessa. Era un vero calvario, tanti al posto mio avrebbero smesso, ma ho deciso di proseguire, perché non ho mai perso la passione, il salto è qualcosa di stupendo, mi piace troppo e non è mai venuta meno nemmeno la motivazione di arrivare a essere una brava saltatrice».


La voglia di tornare: Ambrosi in stampelle davanti ai trampolini di Predazzo.

Riconosciuto finalmente il problema, Ambrosi ha iniziato a rivolgersi a una figura esterna, quella dello psicologo, prima in Austria e successivamente in Italia. «Ho iniziato questo percorso nell’estate 2022, quando ero in Austria e sono entrata in contatto con uno psicologo sportivo di Innsbruck, anche ex saltatore, che ha fatto la sua parte e cercato di aiutarmi. Una volta che ho ottenuto la maturità e ho lasciato Stams per tornare in Italia, mi sono affidata a Maria Antonia Canton. Allora ero quasi in preda al panico, non sapevo cosa fare. Da una parte avevo il desiderio di allenarmi e andare avanti, diventare una saltatrice brava a livello mondiale, ma dall’altra quasi mi rifiutavo di saltare dal trampolino. Lei ha iniziato a conoscermi e farmi lavorare tanto su me stessa, Martina, la ragazza che va a saltare e vive la sua quotidianità, che non è solo il salto con gli sci. Ho iniziato a stare sempre meglio e grazie anche al sostegno ricevuto dai miei tecnici di allora, oltre a Ivo (Pertile, ndr) il nostro dt, anche Colloredo, Di Lenardo e Zambelli, sono riuscita pian piano a mollare il freno, a lasciami solo andare senza essere titubante. L’aiuto dall’esterno lo stavo ricevendo, ma ora toccava a me». 

Un lavoro di due anni, un percorso quello con Antonia (Ambrosi la chiama per nome, ndr) che ha iniziato a dare i primi frutti già lo scorso anno, fino ad arrivare allo splendido risultato dello scorso weekend, il quarto posto nel Grand Prix, mettendosi alle spalle anche le slovene Klinec e Prevc. «La domenica a Rasnov ho provato un’emozione incredibile. Nell’ultimo periodo sono migliorata, ero consapevole di poter ottenere un buon risultato, ma non mi ero soffermata sul possibile piazzamento finale, concentrandomi solo sulla mia prestazione, mettere in gara ciò che sto provando in allenamento, portare a termine i miei compiti. Già il sabato ero stupefatta e sorpresa dei tanti segnali positivi, felice anche per Lara (Malsiner, ndr) e Annika (Sieff, ndr), le mie compagne. La Domenica, poi, mi sono addirittura ritrovata ai piedi del podio, un’emozione ancora più indescrivibile, perché non me lo aspettavo. Il primo salto era buono, lo sentivo mentre ero in volo, mi sembrava quasi un sogno. Poi mi sono accorta quanto non sia facile saltare quando ti trovi nelle posizioni di testa, vedermi lì mi ha un po’ intimorito, ma alla fine sono riuscita a restare calma e ho portato a termine questa bella gara, recuperando anche un’altra posizione nella seconda serie. Questo dimostra quanto sia cresciuta anche mentalmente grazie al lavoro svolto con Antonia. La mia più grande gioia è proprio la consapevolezza di questo, perché sabato il salto di prova non era andato bene tecnicamente, ma mi sono solo limitata ad analizzarlo, a capire cosa fosse andato storto e a visualizzare bene il mio compito da svolgere sul trampolino. Ci sono riuscita e ciò mi ha reso felice, perché in passato non sarei stata capace di essere così presente mentalmente e fare buon lavoro». 


Una figura determinante quella di Maria Antonia Canton, la psicologa che ha aiutato Martina Ambrosi a vincere la sua paura.

Al di là dell’ottimo lavoro con la sua psicologa, Ambrosi rende merito allo staff tecnico azzurro che in questi primi mesi le ha consentito di migliorare anche dal punto di vista tecnico. «Voglio ringraziare il nuovo staff tecnico, la squadra e la FISI che ci permette di lavorare bene. Tra noi atlete c’è sempre stato un bellissimo rapporto, il clima ideale in cui lavorare. Abbiamo anche una fisioterapista che è tanto presente al nostro fianco e stiamo facendo un grandissimo lavoro con il nuovo staff tecnico composto da Harald Rodlauer, Romed Moroder e Zeno Di Lenardo. Abbiamo fatto un bel lavoro anche con il precedente staff tecnico, sia chiaro, perché credo che la Martina Ambrosi di oggi sia il frutto del lavoro di tutti questi anni. A questo credo siano stati aggiunti elementi nuovi dal nuovo staff che mi hanno fatto fare questo salto di qualità tecnico».


Che bella squadra! La gioia del team azzurro dopo i risultati di Rasnov.

L’azzurra non si pone obiettivi particolari per la prossima stagione, oltre a “pensare più alla prestazione che al risultato, perché a volte quello distrae e non dipende solo da me. Indubbiamente voglio essere presente il più possibile in Coppa del Mondo ed essere al via del Mondiale di Trondheim”. Il suo grande sogno, però, sono le Olimpiadi di Milano Cortina 2026, proprio in quella Predazzo e su quei trampolini che l’hanno fatta innamorare di questo sport e sono la causa di tutto: «Ci penso, ogni volta che andando in Val di Fassa passo di lì, immagino sempre a cosa sarà tra un anno e mezzo, a un così grande evento che arriverà proprio nel nostro centro di Predazzo. Da parte mia esserci sarebbe un sogno e, come potete vedere, tutta la squadra sta facendo il massimo, vogliamo arrivare a quell’appuntamento nelle migliori condizioni di forma e consapevoli di aver dato tutto, non solo in gara ma nel percorso di questi anni. Non vogliamo solo partecipare».

Giorgio Capodaglio

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