Gli appassionati di combinata nordica sono rimasti molto sorpresi quando Samuel Costa ha annunciato il suo ritiro attraverso un post apparso sul proprio profilo Instagram. Il gardenese delle Fiamme Oro aveva chiuso bene la stagione e sembrava aver ritrovato una buonissima forma in pista e sul trampolino. A trentuno anni, con le Olimpiadi di Milano-Cortina ormai alle porte, il gardenese sembrava pienamente concentrato sulla rincorsa olimpica, invece nel suo intimo aveva altri pensieri.
Una decisione che Costa, convolato a nozze con la statunitense Amanda lo scorso febbraio, ha preso soltanto a stagione terminata. «In occasione dell’ultima gara di Coppa del Mondo non avevo ancora preso una decisione – ha affermato il gardenese a Fondo Italia – anche perché nel corso della stagione non vi avevo pensato più di tanto. Se avessi considerato solo l’aspetto sportivo non avrei avuto dubbi su cosa fare. Ovviamente la prospettiva delle Olimpiadi casalinghe era una bella motivazione a proseguire, così come il Mondiale del prossimo anno a Trondheim. Quando siamo andati lì per l’ultima tappa di Coppa del Mondo, ho visto che quel trampolino e la sua pista di lancio sono perfetti per le mie caratteristiche, così come il tracciato di fondo, che sembra fatto su misura per me.
Dopo quel weekend sono tornato a casa e, ragionando sulla stagione appena conclusa, ma soprattutto sulle prossime due, mi sono reso conto che continuando a fare sport avrei dovuto sacrificare tanto della mia vita personale extra sportiva. Avrei dovuto passare tanto tempo lontano da mia moglie, se consideriamo che nella passata stagione sono stato 190 giorni via da casa. Alla fine, se vuoi investire al cento per cento e impegnarti seriamente per migliorare e salire di livello, anziché accontentarti di una top trenta, lo sport deve essere il primo pensiero, anche quando sei a casa. Per me il gioco non valeva più la candela».
Così è arrivata la decisione di smettere, senza nemmeno accettare un facile futuro in Polizia: «Mi sono congedato anche dalla Polizia, lasciandomi indietro tutto. Alla fine dovevo decidere se vivere dedicandomi esclusivamente allo sport anche nei prossimi due anni, mettendo in pausa la mia vita privata, oppure lavorare già adesso su essa. Ora ho le porte aperte, tante occasioni e possibilità. La vita sportiva per me è una delle più belle che si possano vivere, ma quella che viene adesso non è da meno. Prima o poi la mia carriera sportiva doveva finire e se non avessi cambiato vita ora, non avrei imparato subito cose nuove. Ho capito che quindi era meglio farlo e investire nella mia vita, insieme ad Amanda».
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Per Costa non sembra essere stata una scelta troppo complicata: «Per me non è stato difficile smettere, anche se a livello sportivo non aveva senso. Quest’anno sono riuscito a fare un salto avanti ed ero anche consapevole di avere ancora ottimi margini di miglioramento, anche perché in stagione non sono mai riuscito davvero a mettere insieme al meglio le due cose, sci di fondo e salto. Sono riuscito però a fare diversi buoni salti, come a Trondheim, Schonach o Seefeld, che mi avevano fatto capire di poter ottenere risultati importanti. Sono stato poi molto felice di aver disputato quella bella gara nella staffetta mista, dove ho preso solo pochi metri dal migliore nel salto e fatto registrare il secondo tempo nel fondo. Forse è stata la mia unica gara perfetta in stagione, ma ciò mi ha dimostrato di poter ottenere ancora risultati importanti e mi ha permesso di smettere col cuore in pace».
Samuel Costa con Aaron Kostner, suo compagno di allenamento e soprattutto amico.
Tutti erano ignari della volontà di Costa di chiudere la sua carriera, che ha sorpreso anche allenatori e compagni di squadra. «Tutti sono rimasti scioccati – ha ammesso il gardenese – nessuno se lo sarebbe aspettato, anche perché io non avevo detto nulla a nessuno, proprio perché non sapevo cosa avrei fatto. Anche dopo l’ultima gara della stagione, non sapevo se smettere o meno.
Il più sorpreso? Enrico Nizzi, che mi ha detto di averlo stupito ancora una volta. L’allenatore Morassi era molto dispiaciuto, ha anche cercato di convincermi a proseguire, proponendomi un programma specifico che mi avrebbe permesso di stare più tempo a casa. Ma non ho accettato, in quanto non avrei potuto proseguire senza impegnarmi al cento per cento e se il cuore non è convinto, non ha senso.
Aaron (Kostner, ndr) è stato il primo compagno di squadra a cui l’ho detto ed anche egli è rimasto un po’ scioccato. Anche perché noi ci allenavamo sempre assieme e la prossima estate non avrà più un compagno di allenamento, che lo sfida. Dall’altra parte, da buon amico ha capito la mia scelta, consapevole che lo sport mi ha dato già tanto e l’ha presa abbastanza bene, comprendendo le mie motivazioni».
Guardando indietro alla sua carriera, Costa ha svelato il momento che ritiene essere il più bello. È bello constatare quanto non sia legato all’importanza del risultato specifico, ma all’amicizia di un suo compagno di squadra. «Il momento che ricordo con maggior piacere è legato al successo in Alpen Cup a Chaux-Neuve nel 2011 – ha raccontato Costa stupendoci un po’ – quando vinsi matematicamente il circuito. Quel giorno, tornando verso l’albergo, il mio compagno di squadra Mattia Runggaldier si fermò al supermercato per prendere una bottiglia di spumante. Io credevo volesse portarla a casa, invece la sera a cena, l’ha portata già a tavola e l’ha aperta per brindare alla mia vittoria. Quello è stato un momento emotivamente molto forte, perché mi ha mostrato quanto fosse importante per lui la squadra e il successo del suo compagno lo sentiva importante quanto fosse suo. Un momento che porterò sempre nel cuore. Io ho imparato da lui, perché era uno dei migliori juniores azzurri, anche se poi non è mai riuscito a ottenere risultati ad alto livello. È bello vedere che si possa provare un sentimento del genere per un proprio compagno di squadra, senza alcuna invidia».
Costa e Pittin festeggiano il podio in Val di Fiemme.
Ovviamente Costa ricorda anche tanti altri momenti belli: «Sicuramente le Olimpiadi hanno rappresentato una bella esperienza. Poi c’è Planica, quando ho avuto l’opportunità di saltare dal trampolino di volo, un’esperienza unica. I podi di Seefeld? Li metto un gradino sotto, perché anche se quando sono arrivati è stato bello, non me li sono gustati completamente, allora pensavo già al risultato successivo. Sia chiaro, ne vado fiero, ma secondo me è stato un momento molto più felice il podio ottenuto in team sprint con Alessandro (Pittin, ndr) a Ramsau nel dicembre 2013.
Quello fu un risultato inatteso, gli allenatori non volevano mandarmi dopo un inizio di stagione negativo, ma io mi sentivo in forma e chiesi di andare, convinto di poter fare bene. Partimmo soltanto io ed Ale e salimmo sul podio al terzo posto. Quel weekend conquistai anche i miei primi punti in Coppa del Mondo. Allora ho capito che nella vita, quando sei convinto di una cosa devi andare dritto per la tua strada e prendere quella decisione, senza lasciarti condizionare. È giusto ascoltare i consigli degli altri, ma se senti di volere davvero qualcosa, nei sei convinto, allora vai avanti. Ecco, come accaduto ora, se nel cuore sentivo di voler chiudere la mia carriera adesso, non aveva senso cambiare idea».
Tutti i ricordi più belli di Costa sono quindi legati ai suoi compagni di squadra. «Io credo che si ottiene un obiettivo o comunque se si raggiunge qualcosa di bello e non puoi condividerlo con nessuno, non è completo. Ricordate il film Into the Wild? Il protagonista cercava la solitudine, ma dopo si è accorto che la felicità è reale solo se condivisa».
Costa ha quindi spiegato anche la sua scelta di congedarsi dalla Polizia: «In questo momento non vedo la mia vita nello sport – ha ammesso – nel mio cuore non riuscirei a fare qualcosa di cui non sono convinto. Ci tengo a ringraziare la Polizia, non soltanto per avermi permesso di vivere questa vita per tanti anni, ma anche per quello che mi hanno proposto, per aver provato a venirmi incontro. Loro hanno anche provato a farmi restare, erano disponibili ad aiutarmi a trovare qualcosa che mi piacesse fare nel mio post carriera. Ma ripeto, oggi non mi vedo nell’ambito sportivo, poi in futuro non so».
L'ex atleta sta valutando alcune possibilità lavorative, ma prima viaggerà con sua moglie in Indonesia e successivamente proprio negli Stati Uniti, paese d’origine della sua Amanda. L’azzurro vive con grande serenità questo periodo di intermezzo, nel quale deve scegliere il suo percorso. A dargli forza è anche la sua fede.
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Il gardenese è infatti un profondo conoscitore della Bibbia e di conseguenza della Parola di Dio. L’azzurro ha raccontato che ciò è nato quasi per caso. «Fin da piccolo la mia famiglia mi ha concesso grande libertà, senza impormi di andare in chiesa. Quando sono cresciuto, mia sorella era molto credente, mentre al contrario io ritenevo che la religione fosse solo un’utopia, così ho iniziato a leggere la Bibbia per trovare tutti gli errori possibili e dimostrarle che avevo ragione. Ho letto tutto dall’inizio alla fine, e invece ho capito che il piano di Dio ha un senso, dalla creazione fino all’apocalisse. Ovviamente facevo fatica ad accettare tutto, come l’affidare completamente la mia vita a Gesù. Ho iniziato a pormi tante domande e lo facevo rivolgendomi a un mio amico molto credente. Un giorno eravamo al telefono e lui decise di pregare affinché ricevessi lo spirito santo. Allora, mentre lo faceva, d’improvviso iniziai a piangere, non potevo smettere. Quando poi ci salutammo, d’improvviso sentii diverso, capii che tutto ciò a cui credevo era vero, d’improvviso sentii che la mia vita era cambiata perché tutto ciò che è scritto nella Bibbia è verità. Quindi più che religioso, mi definisco una persona che segue la parola di Dio, che è la verità assoluta».
Costa ha sottolineato quanto ciò sia tornato utile anche nel corso della sua carriera agonistica: «Sicuramente mi ha aiutato. Nella Lettera di San Paolo ai Romani è scritto: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno”. Tutto ciò che capita nella vita, nel bene o nel male, devi accettarlo e seguire la tua via, seguire il disegno di Dio, che è grande. L’ho vissuto nella mia vita, quando mi sono infortunato al ginocchio ad Oslo. Ogni anno aspettavo quella gara su anello da 5 km della pista di Holmenkollen e farmi male proprio lì doveva essere difficile da accettare. Insomma può sembrare un evento negativo per il quale un atleta deve disperarsi. Invece, andando a fare fisioterapia in piscina, ho conosciuto Amanda, la mia attuale moglie, che si trovava in vacanza ad Ortisei per appena due giorni. Ecco ciò insegna che non dobbiamo lamentarci delle circostanze, ma vivere nella fede che aiuta in ogni ambito, anche dentro e fuori dallo sport. Ovviamente, ciò non significa starsene con le mani in mano ad aspettare. Come è scritto nei Proverbi, bisogna guardare la formica, che senza alcun padrone lavora per immagazzinare il proprio cibo. Ma bisogna farlo in Dio, come è scritto nei Salmi, perché chi costruisce senza Dio lo fa invano».
Una fede in Dio che gli ha permesso di vivere meglio lo sport: «Gesù pulisce il tuo cuore per farti vivere libero. In passato, per me lo sport era un idolo, se un allenamento andava male ero giù di morale, se sbagliavo un test ero arrabbiato due giorni. Valutavo me stesso in base al mio risultato, lasciavo che fosse esso a definirmi, ma sbagliavo, la mia identità è in Gesù, non nel risultato. Se va male una gara non sono una brutta persona o viceversa se va bene. Ho capito che lo sport è solo una parte della mia vita, niente di più. Per questo lascio con serenità, perché so che la mia identità non è nello sport ma in Gesù».
Sport da cui Costa sente di aver ricevuto tanto: «Sicuramente ricorderò sempre con piacere tutti questi anni, le amicizie, i posti visitati, le lezioni che ti dà lo sport, che insegna la disciplina, in quanto se vuoi raggiungere un risultato devi metterci impegno, non tiri i dadi e vinci. Guardo indietro ai momenti brutti e belli con il sorriso, perché lo sport è stato una scuola di vita».