Biathlon - 14 febbraio 2024, 07:21

Biathlon - Prima "predestinata" poi "finita", fino alla rinascita e al titolo Mondiale: Lisa Vittozzi, l'esempio di una campionessa sempre più amata

Foto credit: Dmytro Yevenko

Foto credit: Dmytro Yevenko

Predestinata. Quante volte Lisa Vittozzi ha letto o sentito questa parola affiancata al suo nome nel corso della prima parte della sua carriera? Non soltanto le vittorie giovanili, l’ingresso in Coppa del Mondo molto precoce e la prima medaglia mondiale arrivata ad appena vent’anni in staffetta, ma anche quella crescita costante, i miglioramenti evidenti stagione dopo stagione, così come i risultati. La strada era già tracciata, il destino già segnato per un’atleta che faceva sembrare tutto facile e scontato.

«Sono molto ambiziosa e ho sempre guardato in avanti. Quando ero giovanissima volevo gareggiare già in IBU Cup e una volta lì, volevo già essere in Coppa del Mondo. Insomma, ho sempre desiderato bruciare le tappe e questo mi dà la forza per migliorare sempre».

Sono le sue parole in un’intervista che ci rilasciò nell’estate del 2016. Una salita senza grandi intoppi, fino all’anno della definitiva consacrazione, il 2018/19, le prime due vittorie in Coppa del Mondo, la prima medaglia mondiale individuale, la prima coppa di specialità, ma anche un finale di stagione che l’aveva ferita, la sprint di Oslo a segnarne uno spartiacque. «Sei predestinata, hai appena 24 anni, vincerai tanto» si è sentita dire da tante persone quell’estate, dopo la Coppa del Mondo vinta dalla sua compagna di squadra Dorothea Wierer. E probabilmente ne era convinta anche lei, un’estate da dominatrice, da atleta in missione, pronta a spaccare il mondo. Poi i primi risultati negativi e per la prima volta, dopo anni di crescita costante, il passo indietro. D’improvviso tutto ciò che sembrava scontato, non soltanto a lei, era andato a scontrarsi con una realtà ben diversa.

Vittozzi scopriva su sé stessa che di predestinato non c’è nulla, che a volte anche talento e forza di volontà, lavoro e determinazione, possono non essere abbastanza per arrivare all’obiettivo, che i successi non sono già scritti. Allora, forse, Lisa aveva sentito che la fiducia, insieme a quelle certezze che aveva sempre avuto, convinta si fondassero su basi solide, erano crollate. Arrivava un anno così così, poi una stagione per lei mediocre, quindi il crollo in un buco nero. E passare da sentirsi dare della “predestinata” ad essere indicata come “finita” è stato un passo breve, in un mondo totalmente incapace di dare giudizi equilibrati, dall'esaltazione alla devastazione, ma soprattutto di vedere nell’atleta ciò che prima di tutto è: un essere umano.

Eppure, anche nel periodo più buio, la sappadina non ha mollato, anche quando arrendersi sarebbe stata forse la cosa più facile, sempre convinta delle proprie capacità. Allora, Lisa ha guardato profondamente dentro di sé, ha messo da parte l’orgoglio e si è fatta anche aiutare da una professionista in un percorso difficile da affrontare, senza vergognarsi di mostrare all'esterno le proprie fragilità, qualcosa che spesso sembra troppo difficile da accettare per un mondo che vede nel campione il supereroe senza difetti e paura, qualcosa di sovrumano che non può mostrare alcun segnale di nervosismo o debolezza.

E proprio in questo Lisa Vittozzi ha fatto la differenza, abbracciando le proprie difficoltà, accettandole, per poi ripartire. Ovviamente non poteva fare tutto da sola, serviva un ambiente nuovo per allontanare i fantasmi del passato ed è quello che è stato fatto anche dal dt Höllrigl, che ha pensato bene di affidarsi a un allenatore straniero, Kähkönen, oltre che a Romanin, persona da sempre fidata per Lisa, Inderst e Mezzaro. Un clima in squadra diverso, senza conflitti, un ritrovato rapporto di stima reciproca con Wierer, da ottime compagne di squadra. La sappadina ha iniziato a ricostruire la propria fiducia, a vivere il biathlon in maniera diversa, a non guardare più esclusivamente al risultato e all’ambizione, che ovviamente c’è sempre, sia chiaro, ma prima di tutto alla propria prestazione, e anche a divertirsi, a vivere le cose con maggiore leggerezza.

E così è ripartita, i primi podi all’inizio della passata stagione, qualche piccolo passo falso, come la sprint di Pokljuka, giusto per tenere sempre alto il segnale di allerta, poi la vittoria di Ruhpolding, fino al Mondiale di Oberhof e la coppa di specialità individuale vinta a Östersund e festeggiata proprio a Oslo, a chiudere definitivamente un cerchio. Nel frattempo, alla rinascita in pista, Vittozzi ha accompagnato anche la sua voglia di essere d’aiuto per altri sportivi e non solo, essere ultile a chi, magari, si trova in quel buco nero dove era caduta lei. Non si è nascosta la sappadina, mettendosi a nudo, parlando delle proprie paure, degli attacchi di panico, di tutta la sofferenza avuta, chiarendo un punto fondamentale che non dobbiamo dimenticare mai: i supereroi esistono solo nella fantasia delle saghe Marvel, mentre i grandi campioni sono reali anche nelle loro fragilità. E ciò l’ha fatta amare ancora di più, l’ha resa sempre più popolare, apprezzata in Italia quanto all’estero, come si nota, anche qui a Nove Mesto, dai decibel sempre più alti ogni volta che viene scandito il suo nome.

Dal punto di vista sportivo, il titolo mondiale era ormai solo una questione di tempo ed è arrivato, non perché scritto nel destino, ma perché la Vittozzi attuale è più forte di quella precedente, è uscita dalle difficoltà, sa cosa significa toccare il fondo e non divertirsi e ha imparato di conseguenza a vivere le cose in maniera diversa, fermarsi anche un attimo a gustarsi ciò che ottiene. Ovviamente i suoi obiettivi sono ancora lì, la determinazione è quella di sempre, l’aspirazione a essere la numero uno è rimasta intatta, ma ad essere cambiato è il suo approccio.
E oggi, siamo convinti che Vittozzi saprà apprezzare questo successo più di quanto avrebbe fatto in precedenza, orgogliosa di sé, di non aver mollato, anche quando il piede stava toccando il fondo del tunnel e forse era l’unica a crederci ancora. Quei tre anni non sono stati maledetti, né buttati, ma funzionali a farla diventare la campionessa e la donna che è oggi, più forte e solida, con una reale corazza addosso e capace di affrontare le cose con maggiore tranquillità. Ma, proprio per tutto questo, oltre all'oro mondiale e, le auguriamo, tanti altri successi futuri, Lisa ha già ottenuto altre due grandi vittorie: l'amore spontaneo della gente e l'essere diventata un esempio per tanti. E questo, secondo noi, ha un valore inestimabile.

Giorgio Capodaglio

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