Biathlon - 03 febbraio 2024, 16:45

Biathlon - Dorothea Wierer a Sportweek: "Darò tutto quello che ho, voglio fare ancora bene"

photo credits - Dmytro Yevenko

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Anche in una stagione sottotono, con una salute che non le ha permesso di performare fino ad oggi come avrebbe voluto e costringendola persino a saltare tante gare come mai le era capitato prima nella sua lunga carriera. Dorothea Wierer riesce ad attirare su di sé le attenzioni dei media alla vigilia del grande evento della stagione del biathlon. Si conferma, dunque, più che mai una calamita per i media, soprattutto quelli mainstream. A meno di una settimana dal via dei Mondiali di Nove Mesto, l’altoatesina ha concesso un’intervista a Sportweek, in cui ha ripercorso questa stagione difficile, la sua lunga carriera e gli obiettivi che ancora può avere un’atleta che ha vinto pressoché tutto quello che c’era in palio. Innanzitutto, però, confessa di non aver vissuto benissimo le lunghe settimane di stop forzato.

«Sono stata tanto sul divano. E per una come me, abituata a essere sempre in movimento, non è stato piacevole, soprattutto perché non l’ho scelto io». Ora va un po’ meglio, ma come sempre l’atleta della Fiamme Gialle resta con i piedi per terra. «Sento che il fisico si sta riprendendo, pian piano sto tornando in forma. Ai Mondiali però manca poco devo sperare quasi in un miracolo».

Nella tappa di Coppa del Mondo ad Anterselva è comunque arrivato un secondo posto in Staffetta Mista, probabilmente per lei inaspettato e che ha portato il contagiri dei suoi podi in carriera ad 80 unità. Un traguardo incredibile, soprattutto se ci si volta indietro e si pensa a cos’era il biathlon in Italia quando Dorothea Wierer si affacciava nel biathlon dei grandi e si faceva notare dagli addetti ai lavori sbancando nei Mondiali Juniores proprio a Nove Mesto con tre ori individuali. Non c’erano truck per la preparazione degli sci ma nemmeno autobus di tifosi che girano l’Europa per seguire e tifare i propri beniamini: e forse, un po’ di tutto questo è arrivato, anche a quella ragazzina di Anterselva che, crescendo, ha fatto grandi cose.

«L’ho letto su Internet (ride;ndr). Mi ha fatto un po’ effetto, non lo nego. Anzi, è tanta roba. Quando gareggi per così tanto tempo, com’è capitato a me, non ti rendi conto di quello che fai. Poi ti fermi e leggi i numeri: ammetto che è una bella sensazione».

E questi numeri, oltre che di podi parlano anche di dodici medaglie iridate. Il segreto, per Wierer, è un mix tra fortuna – ma lei non si definisce superstiziosa - e buona condizione.

«Innanzitutto nel biathlon abbiamo la fortuna di avere i Mondiali ogni anno, concentrati in “solo” dieci giorni. Questo vuol dire una cosa sola: bisogna essere fortunati e in splendida forma, oltre a saper gestire al meglio una tensione maggiore. Tutto deve essere perfetto».

Oggi si prepara a tornare su un terreno amico, che le ha regalato tanti successi, ma per lei il Mondiale più speciale rimarrà sempre quello di 2020, sulle nevi di casa.

«Per me fu come un’Olimpiade, se non di più. Parlo di pressione, aspettative, attenzione mediatica. Feci davvero bene (due ori e due argenti; ndr). Più passa il tempo, più i ricordi si affievoliscono, quel Mondiale però sarà impossibile da dimenticare».

Tutti gli atleti alla vigilia dell’appuntamento clou della stagione hanno desideri e obiettivi. Anche Doro, sebbene le sue speranze, alla luce di un inizio di stagione opaco, sono probabilmente diverse da quelle degli altri.

«Che io possa finalmente tornare a sentirmi come mi succede solitamente in gara, con tutte le forze in corpo e in piena salute» spiega «un’obiettivo è la medaglia in staffetta. Abbiamo sempre fatto bene, speriamo di dimostrarlo anche in Repubblica Ceca. Darò tutto quello che ho, darò tutta me stessa. Sarò la Dorothea di sempre, o almeno lo spero...».

Dai Mondiali Juniores del 2011 sono passati ben 13 anni: il palmares di Wierer è ricco di medaglie e coppe. Oggi si inizia a parlare di ritiro per la due volte vincitrice della Coppa del Mondo, che però ha chiarito che la scioglierà ogni riserva sulle sue scelte solo a fine stagione e a chiunque provi a pungolarla sull’argomento risponde che è concentrata sul presente. Però, con una carriera così lunga e una coincidenza così peculiare, passeggiare sul viale dei ricordi non è proibito. Cosa direbbe, se potesse alla Dorothea di allora?

«Di tener duro, anche perché al tempo non ero ancora un’atleta concentrata solo sullo sport. Le direi di essere più professionista. Nel 2011 di certo non credevo di poter ottenere tutto quello che ho ottenuto. Ora che la fine della mia carriera si avvicina, a volte mi capita di voltarmi indietro a guardare quello che ho fatto. Se penso a quanto poco séguito aveva il biathlon in Italia solo fino a qualche anno fa, non mi sembra vero. Poi conto i podi e riguardo le medaglie: non avrei mai immaginato di tagliare tutti questi traguardi».

E forse, al di là della giusta combinazione di eventi – la fortuna, le circostanze, il top della forma – il segreto sta tutto nella grandissima determinazione e nell’immenso talento che non le hanno tolto la voglia di mettersi in gioco, fintanto che è in pista.

«Voglio fare ancora bene. So di averne le capacità, ovviamente con un fisico in buone condizioni…Devo ammettere che quest’anno sono rimasta un po’ traumatizzata da quello che ho avuto, non mi era mai accaduto. Cortina 2026? Un sogno per tutti gli atleti, soprattutto azzurri, me compresa. Però ora preferisco pensare solo ed esclusivamente al presente. Preoccuparsi per il futuro non avrebbe senso».

Naturalmente, per lei che è altoatesina, l’intervista non poteva che chiudersi con una domanda de rigueur sul conterraneo Jannik Sinner. Sui social la si vede di tanto in tanto, nel periodo estivo, nei campi di padel, ma anche lei, come tutti gli italiani, ha seguito l’impresa degli Australian Open.

«La sua è stata una prestazione da brividi. Mi sono anche emozionata. Ha scritto la storia e quando accade è sempre qualcosa di speciale».

Federica Trozzi

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