Olimpiadi - 15 febbraio 2022, 21:00

Giochi di memoria - Short track, staffetta maschile 5mila metri: Italia d'oro alle Olimpiadi di Lillehammer 1994 e d'argento a Salt Lake City 2002

Lillehammer 1994 (foto: screen YouTube)

Lillehammer 1994 (foto: screen YouTube)

Lo short track, con particolare riferimento alla staffetta maschile 5mila metri, ha in passato fatto vivere momenti di gioia intensa all'Italia del pattinaggio su ghiaccio di velocità, con i quartetti azzurri che sono saliti per ben due volte sul podio alle Olimpiadi.

La prima di esse risale ai Giochi di Lillehammer 1994, quando per Maurizio Carnino, Orazio Fagone, Hugo Herrnhof e Mirko Vuillermin (Diego Cattani riserva) arrivò una strepitosa medaglia d'oro che fece letteralmente balzare in piedi sui divani il Belpaese intero, innamorato improvvisamente di quella disciplina che proiettava il tricolore sul tetto del mondo.

Fu un primo posto del tutto insperato, quasi miracoloso per quel gruppo di amici che ci avevano creduto fino in fondo, che avevano compreso che anche laddove non si ha una tradizione con solide radici nel passato, la si può sempre creare e riscrivere la storia. E ci sarebbero riusciti anche a Nagano 1998, c'è da scommetterci, se solo in quel maledetto 30 maggio 1997 un incidente in moto non avesse spezzato i sogni di Fagone. Si salvò, ma subì l'amputazione della gamba destra. Pochi giorni dopo fu Mirko Vuillermin a rischiare la vita sulla strada e anche per lui terminò anzitempo la carriera. Ingiustizie enormi per quei ragazzi, a cui il destino ha dato e tolto tutto in un attimo, impedendo loro di difendere il titolo di campioni olimpici conquistato in landa norvegese.

A vendicarli furono, a Salt Lake City 2002, Nicola Rodigari, Maurizio Carnino, Fabio Carta e Nicola Franceschina (Michele Antonioli riserva), che vinsero un clamoroso argento. Una gara decisa dalle cadute degli Stati Uniti d'America e della Cina, con l'Italia che chiuse al secondo posto alle spalle del Canada.

Estasi pura, come si evince dalle parole di Franceschina a fine gara, rilasciate ai microfoni de "La Repubblica": "Lo short track non è una disciplina per solitari. Dobbiamo allenarci assieme, per somatizzare i meccanismi di gara, le acrobazie, gli equilibrismi, le virate in curva e in gruppo a 60 chilometri l'ora, i sorpassi: la tattica gioca un ruolo fondamentale, specie nelle staffette. Restare in piedi è una sfida continua. Quello che abbiamo fatto qui a Salt Lake City è un miracolo nel miracolo: siamo sempre stati tra i migliori del mondo".

Alessandro Nidi

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