Sci di fondo - 12 agosto 2016, 07:50

Arianna Follis: "Ho scelto di ritirarmi nel mio anno migliore perché volevo chiudere in bellezza"

L'ex fondista valdostana ha ripercorso la sua carriera: "Sono maturata attorno ai 28 anni, ma è una cosa normale per noi italiane; per questo motivo alle ragazze della nazionale dico di avere pazienza, non mollare e continuare ad avere fiducia"

Arianna Follis: "Ho scelto di ritirarmi nel mio anno migliore perché volevo chiudere in bellezza"

A soli 35 anni ha dato l’addio allo sci di fondo nel 2011 dopo aver chiuso al terzo posto nella classifica generale della Coppa del Mondo, al secondo in quella sprint, dopo aver ottenuto tre successi in stagione (una in staffetta, una individuale e una in coppia con la Genuin), oltre alla vittoria nell’ultima gara della stagione nelle finali della Coppa del Mondo e un argento nella sprint dei Mondiali di Oslo. Arianna Follis ha voluto chiudere la sua carriera al top, al termine della sua stagione migliore, accontentandosi dei fantastici risultati conquistati e delle medaglie vinte, senza rischiare quell’inevitabile calo che l’età avrebbe probabilmente portato con sé. Oggi è la felice proprietaria di una pizzeria, nella quale ha riversato lo stesso impegno che ha messo in tutta la sua carriera agonistica.  

Buongiorno Arianna Follis. Com’è nata la sua passione per lo sci di fondo?
«In modo abbastanza naturale perché questo sport era praticato da tutta la mia famiglia. Inoltre a Gressoney, dove ho sempre vissuto, è lo sci ad avvicinare i più giovani allo sport. Si fa fondo o discesa, io ho provato entrambe ma ero più brava nello sci di fondo».  

Lei è arrivata presto in Coppa del Mondo, ma i primi risultati buoni li ha raggiunti tardi. Come mai?
«Sono maturata tardi, a circa 28 anni. Una cosa normale per le atlete italiane, perché quasi tutte l’hanno fatto attorno ai trent’anni. Soltanto Stefania (Belmondo ndr) è riuscita a farlo prima e ottenere subito grandi risultati».  

Questo potrebbe incoraggiare le giovani dell’attuale nazionale femminile, che stanno faticando a ottenere risultati di rilievo?
«Sicuramente, devono continuare ad avere fiducia e non mollare. Consiglio alle ragazze di avere pazienza, so che non è facile perché si alleneranno molto duramente e non raggiungere grandi risultati può fargli perdere fiducia. Non devono mollare, ma continuare a dare il massimo».  

Quando divenne un membro fisso della nazionale, che squadra trovò?
«Era una nazionale rispettosa delle atlete veterane, d’altronde non potevamo fare altro, perché loro avevano ottenuto dei grandi risultati e noi altre abbiamo imparato tanto da loro. Gabriella (Paruzzi ndr) era un grande esempio per noi e ci siamo preparate bene, perché poi quando lei e le altre hanno smesso abbiamo continuato ad ottenere ottimi risultati».  

È riuscita anche a conquistarsi un posto in staffetta.
«Si, in quell’occasione sono stata un po’ fortunata, perché sono entrata nella staffetta dei Mondiali di Oberstdorf dal momento che Marianna Longa era rimasta incinta e non aveva potuto partecipare. Quel giorno vincemmo il bronzo e io divenni un elemento fisso della staffetta».  

L’anno successivo avete vinto il bronzo alle Olimpiadi di Torino, un’emozione particolare.
«Per me quella di Torino è stata la prima Olimpiade e soltanto nella stagione precedente avevo vinto la mia prima medaglia a livello intercontinentale ai Mondiali di Oberstdorf. È stato tutto molto particolare, strano, ma soprattutto bellissimo perché vincere una medaglia per l’Italia ai Giochi Olimpici casalinghi è qualcosa di unico. Poi fu ancora più bella la premiazione in Piazza Castello a Torino con tanta gente presente».  

Dopo le Olimpiadi, ha conquistato la sua prima vittoria in Coppa del Mondo. Pensa che quel bronzo olimpico le abbia dato qualcosa in più?
«Si, probabilmente quella medaglia mi ha dato maggior fiducia in me stessa, perché anche se è stato un premio collettivo arrivato per il lavoro di squadra di quattro persone, mi ha aiutato ad affinare le cose per vincere anche individualmente. Subito dopo i Giochi ho vinto la mia prima sprint, dove sono stata molto scaltra per tutta la gara e ho dato tutto quello che avevo conquistando il mio primo successo. Raggiungere la prima vittoria mi ha dato una bellissima sensazione, perché mi ha ripagato di tutti gli allenamenti e i sacrifici fatti».

Gli ottimi risultati ottenuti l’hanno portata ai Giochi di Vancouver con grandi aspettative, ma non ha raccolto medaglie.
«Sono rimasta delusa dalle Olimpiadi canadesi perché ero partita per vincere una medaglia e invece sono arrivata ben due volte quarta».  

Come mai ha deciso di ritirarsi nel suo momento migliore?
«Avevo vinto tanto in quella stagione, colto una bella medaglia ai Mondiali e chiuso al terzo posto la classifica generale. Ero molto soddisfatta dei risultati ottenuti, così decisi di ritirarmi lì per chiudere le cose in bellezza. Per quello che è il mio carattere, volevo smettere ai vertici, anche se probabilmente avrei fatto bene pure nei due o tre anni successivi. Ma ho fatto la scelta giusta, perché a volte si continua ad andare avanti pensando di poter fare sempre di più ma non ci si riesce».  

Un po’ a sorpresa lei ha lasciato completamente il mondo del fondo, aprendosi una pizzeria. Cosa l'ha spinta a farlo?
«Agli occhi di qualcuno sembra una scelta strana, ma io ho deciso di fare qualcosa di nuovo nella mia vita ed era bello fare qualcosa di diverso dopo trent’anni nello sci. Inoltre, aggiungo che nessuno mi ha mai chiesto di restare in questo mondo e lavorare per la federazione».

Cosa le manca dell’attività agonistica?
«Mi mancano i momenti belli, quell’adrenalina che hai in corpo quando fai le gare. Ci sono però delle cose di cui faccio volentieri a meno, come i periodi di scarsa forma nei quali non arrivano risultati di rilievo e anche le liti che nel corso di una stagione si possono avere all’interno di una squadra».  

C’è qualcuno che vuole ringraziare per i risultati avuti in carriera?
«Sicuramente tutte le persone che mi hanno aiutato, dall’allenatore del Corpo Forestale che mi ha portato ai Mondiali di Lahti nel 2001, agli allenatori della federazione, oltre che i fiosterapisti, gli skimen, mio marito che mi ha sempre seguita. Ogni atleta ha tante persone da ringraziare al termine della sua carriera, perché se è vero che lei si impegna in allenamento, lo sci di fondo chiede tante altre cosa che non dipendono dall’atleta, come degli sci veloci e un fisioterapista in grado di farti stare sempre al meglio».  

È rimasta in contatto con le sue ex compagne di squadra?
«Si, in particolare con Marianna Longa, Antonella Confortola, Gabriella Paruzzi e Sabina Valbusa. Con alcune di loro mi sono anche vista spesso, pure se ora ci siamo inevitabilmente allontanate dal momento che ognuna di noi ha la propria vita. Ma quando c’è occasione di sentirci o vederci, lo facciamo sempre con molto piacere».  

 

 

Giorgio Capodaglio

SU