Non si è mai posto limiti e non lo fa ancora. L’unica occasione in Lukas Hofer aveva accennato a un possibile ritiro era nella stagione del Mondiale di Oberhof, perché vi vedeva la chiusura di un cerchio. Non poteva però terminare così, con quel Mondiale che era stato più sofferenza fisica che gioia, l’azzurro ha allora chiesto un’altra possibilità al suo fisico, dopo due stagioni costellate dagli infortuni. Molti pensavano fosse la fine di una grande carriera, ma non lui e ha avuto ragione. Nella passata stagione il biatleta del CS Carabinieri, classe 1989, è tornato in ottima forma, le gare sono state nuovamente un piacere e soprattutto si è sentito ancora più motivato grazie a una squadra giovane e competitiva attorno a sé. In tante stagioni di Coppa del Mondo, il trentacinquenne di San Lorenzo di Sebato ha gareggiato con diverse generazioni di biatleti, tanto da essere salito sul podio in staffetta con la bellezza di quindici compagni di squadra diversi (undici uomini e quattro donne).
Dopo due anni con la Svezia, Hofer è tornato ora ad allenarsi con la nazionale azzurra, anche se rispetto al suo gruppo ha optato pure per due blocchi in quota, ovviamente d’accordo con Andrea Zattoni.
Ciao Lukas. Come sta andando il raduno a Ruhpolding?
«Finora tutto bene. Stiamo facendo tanti lavori intensi, perché è una settimana di hit, caratterizzata quindi da lavori ad alta intensità. Tutto sta procedendo nel modo giusto e in norma. Sono davvero molto tranquillo».
Dopo due anni in cui d’estate ti sei allenato con la Svezia, da questa stagione sei tornato con l’Italia. Cosa ti ha spinto a questa scelta?
«Il progetto svedese è stato bello e stimolante, c’era anche la volontà da entrambe le parti di proseguire. Soltanto che mi sono reso conto che era difficile far coincidere tutte le cose, sia per alcuni impegni con gli sponsor che per altre motivazioni, che mi avrebbero costretto a saltare diversi raduni. A questo punto ho capito di dover essere onesto con me stesso e prendere una decisione chiara. Inoltre, non sarebbe stato giusto nemmeno nei loro confronti andare lì solo quando mi sarebbe servito. Alla fine abbiamo parlato apertamente con Johannes Lukas (allenatore Svezia, ndr) e questa era la cosa più giusta da fare.
Nel frattempo confrontandomi con il dt Höllrigl e gli allenatori Zattoni e Cianciana, ho capito anche che era importante tornare a lavorare con la squadra azzurra, perché questo gruppo ha fatto una bella evoluzione, stiamo ottenendo bei risultati di squadra e bisognava tornare a seguire una direzione comune».
Foto credit: Dmytro Yevenko
A differenza della tua squadra hai però deciso di svolgere alcuni periodi di allenamento in quota.
«Negli anni precedenti, ho sempre svolto due blocchi in quota con la squadra svedese, percependone i benefici. Ho preferito quindi proseguire su questa strada in vista dei Mondiali di Lenzerheide e le Olimpiadi ad Anterselva, che si faranno in quota, abituando fisico e mente a sparare a questa altitudine, oltre che sciare e fare lavori. In ogni caso abbiamo fatto combaciare i periodi di carico e scarico con il resto della squadra.
Devo dire che quest’anno mi sono accorto in modo particolare dei benefici che si hanno dalla quota. In passato mi recavo a Lavazè o Livigno direttamente da Anterselva, che è comunque a 1600 metri, quindi fondamentalmente cambiava poco. Invece, questa estate ho passato tantissimo tempo qui a Ruhpolding e ho notato la differenza nello spostarmi più in alto. Mi sono reso conto, per esempio, che nei primi tre giorni di quota devo fare molta più attenzione. Ne ho proprio percepito il beneficio. Credo sia la via giusta anche per il prossimo anno, quella di fare più lavori in quota, restando in basso negli altri periodi per avere un maggior effetto».
Ti sei quindi confrontato con Zattoni anche su questo argomento.
«Certamente, abbiamo pianificato tutto questo assieme prima dell’inizio della preparazione. Insieme a Zattoni e Cianciana abbiamo pensato che questa fosse la strada migliore per me. Al di là di questi due periodi in quota, ho seguito ovviamente la stessa linea del resto del gruppo, recandomi a Ruhpolding, Martello, Forni Avoltri e ci sarò anche nel ritiro finale di Sjusjøen».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Molti avevano dubbi sul tuo futuro, ma hai deciso di non fermarti e proseguire ancora la tua carriera. Come mai? Troppo forte il richiamo di Anterselva 2026?
«Tutti sanno che ho vissuto due anni passati tra infortuni e interventi chirurgici. Ho sempre detto che se fossi riuscito a tornare ad allenarmi in tranquillità come so fare e come voglio, non avrei avuto motivo di smettere. La motivazione per andare avanti è sempre stata presente, non l’ho mai persa, nonostante due anni difficili nei quali sono stato più vicino a smettere che proseguire. Nella passata stagione ho visto che il fisico c’è ancora ed il mio livello è abbastanza alto per combattere contro i migliori, quindi mi è stato subito chiaro che andare avanti fosse la cosa giusta, perché l’OIimpiade in casa è qualcosa di unico. Inoltre uno stimolo in più a proseguire me l’hanno dato i miei compagni di squadra. Ho visto quanto è cresciuta la squadra maschile, tanto che da tempo penso non avessimo una squadra così competitiva. Penso proprio che stiano crescendo di anno in anno le possibilità di fare medaglia in staffetta e se ciò accadesse in casa sarebbe pazzesco».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Al di là dei compagni con i quali sei salito sul podio, hai visto buoni segnali anche dagli azzurri del gruppo B?
«Io vedo una bella crescita proprio da parte di tutto il nostro movimento. È il chiaro segnale di quanto si stia lavorando bene da anni già a partire dalla base. Il numero di atleti che salgono è sempre maggiore e ciò ci permette di avere un maggiore ricambio generazionale, che è importante perché noi vecchietti non reggeremo in eterno. Da tempo non vedevo un livello simile nella nostra squadra maschile e di stagioni ne ho fatte (ride, ndr). Ho gareggiato con De Lorenzi, Vuillermoz e tanti altri, ma posso dirvi che una crescita così elevata del gruppo azzurro non la vedevo da tempo. Ciò dimostra che andando verso le Olimpiadi casalinghe, tutti stiamo dando il mille percento. Credo sia stata intrapresa la strada giusta per arrivare a Milano-Cortina 2026 creandoci la possibilità di ottenere un bel risultato».
A livello individuale cosa pensi di poter ottenere? A volte nella passata stagione ti è mancato davvero poco per riuscire anche a lottare per il podio.
«Io sono molto tranquillo e ottimista, perché conosco le mie capacità e il mio valore attuale. In qualsiasi format, se riuscissi a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle nel modo giusto, potrei ancora ottenere qualcosa di importante. Sto curando ogni particolare. Per esempio ho fatto un nuovo calciolo, per continuare a migliorarmi ancora, consapevole che ogni dettaglio possa fare la differenza. Posso ottenere gli stessi risultati che avevo prima dei vari infortuni. Anche i responsi dei vari lavori veloci o dei test mi dimostrano che ci sono tutte le possibilità di fare bene».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Tornando ad allenarti a tempo pieno con la squadra italiana, potresti chiudere con lo stesso allenatore che avevi nella nazionale juniores quando vincesti i due ori a Canmore nei Mondiali Juniores 2009.
«È vero, anche allora c’era Fabio Cianciana dietro al cannocchiale a seguirmi. Sono curioso di vedere cosa ci e mi aspetta nei prossimi anni. Allora feci una scommessa con lui, che vinsi e dovette pagare con un segno indelebile sulla pelle. Diciamo che se dovessimo vincere ancora insieme, magari ad Anterselva nel 2026, potremmo fare qualcos’altro entrambi. Sarebbe una bella idea (ride, ndr)».
Viste le parole che hai speso per il movimento azzurro, immagino tu sia ancora più motivato a proseguire nel biathlon dopo la fine della tua carriera.
«Al momento non ci sto pensando. Oggi sono solo concentrato sulle prossime due stagioni, prepararmi al meglio per le Olimpiadi casalinghe. Poi, alla fine della stagione 2025/26 vedremo cosa farò, se avrò ancora voglia di proseguire oppure di iniziare una nuova carriera da allenatore o tutt’altro. Oggi è solo fondamentale concentrarsi su questo percorso verso Milano-Cortina 2026».
Foto credit: Dmytro Yevenko
Insomma, a differenza di Dorothea Wierer e Federico Pellegrino non hai già deciso di chiudere con le Olimpiadi in casa.
«Non ci sto ancora pensando, ad oggi non stabilisco alcuna data di chiusura. Come ho sempre detto, la mia conclusione ideale sarebbe stata il Mondiale di Oberhof, perché vedevo quell’evento come la chiusura del cerchio della mia carriera. Il fatto che poi lì le cose non siano andate come speravo e l’invitante appuntamento olimpico ad Anterselva mi hanno fatto cambiare idea. Lascio tutto aperto, penso solo a prepararmi al meglio, poi dopo i Giochi, vedremo».