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Biathlon – Lou Jeanmonnot abbraccia la lotta ai cambiamenti climatici: “Tendevo a nascondere la testa sotto la sabbia”

I cambiamenti climatici, con eventi meteorologici estremi, iniziano a non essere più un’eccezione ma la regola a cui tutti noi stiamo iniziando ad abituarci. Con il rischio sempre più evidente di normalizzare questo genere di eventi climatici e non curarci di quanto accade attorno a noi, tanti attivisti continuano a segnare e sensibilizzare le persone sul tema e incoraggiarle a fare di più per prevenire le gravi conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: a partire dallo scioglimento inesorabile dei ghiacciai.
Nei giorni scorsi, ad esempio, Armelle Courtois e Martin Thomas, organizzatori di Sport for Future, evento eco-friendly giunto alla sua terza edizione, hanno portato dieci atleti su La Mer de Glace (il mare di ghiaccio, trad.), ghiacciaio situato sul lato nord del massiccio del Monte Bianco (Alta Savoia) che sta inesorabilmente sparendo.
Per tre giorni gli atleti, tra cui anche Lou Jeanmonnot, hanno partecipato ad una passeggiata sul ghiacciaio commentata dai glaciologi Luc Moreau e Jean-Baptiste Bosson: un’esperienza, come racconta la stessa biathleta dalle colonne di L’Équipe li ha segnati profondamente.
“È davvero spaventoso vedere la velocità con cui il ghiacciaio si sta sciogliendo. Mi ha spezzato il cuore sapere che tra cinquant’anni non ci sarà più. È molto triste" racconta la 25enne, ammettendo di non essere molto attenta a questo tema prima di quest’esperienza "tendevo a nascondere la testa sotto la sabbia, non volendo affrontare il riscaldamento globale, e questo mi ha fatto bene. È orribile, ma c’è un lato positivo, come la creazione di un movimento che vogliamo avviare per salvarli. Perché, se lo facciamo, non è per la natura, che riprenderà il sopravvento, ma per gli esseri umani”.
La transalpina fa ammenda sui comportamenti sbagliati che ha tenuto fino ad ora, dando per scontato tante scelte fatte per la sua carriera di sportiva. "Mi sono quasi vergognata di venire, perché so di avere la vita facile della ragazza che prende l’aereo per andare a sciare in posti magnifici, che si guadagna da vivere con il suo sport e che avrà sempre la neve per fare il suo lavoro, quindi non mi sentivo colpita dal riscaldamento globale. Chiedere agli altri di fare uno sforzo è facile. Sono sollevata nel vedere che altri atleti stanno affrontando le stesse difficoltà. Mi ha fatto sentire meno in colpa, e allo stesso tempo ho scoperto come agire, al mio livello, anche se ogni atleta di alto livello è competitivo per definizione, e la competizione è l’antitesi dell’ecologia."
Confida però nell’operato dell’IBU, da sempre attenta alla sostenibilità delle sue competizioni al punto da ricevere un premio dal CIO per gli studi fatti nell’ultimo anno sull’impatto delle trasmissioni tv delle gare di Coppa del Mondo. Jeanmonnot ritiene che altro ancora potrebbe essere fatto per avere una stagione meno impattante.
"Potremmo raggruppare le tappe scandinave nello stesso periodo, evitando così i viaggi in aereo, oppure raggruppare le tappe dell’Europa centrale nello stesso luogo. Anche le gare che si svolgono in stadi al di sotto dei 1.000 metri dovrebbero essere scaglionate nella stagione, in modo da poterle programmare quando c’è la neve, e così via. Ci sono molte cose che si potrebbero fare. Come biatleti, siamo fortunati che l’IBU sia aperta al cambiamento."
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