È morto ieri Marcello De Dorigo. È finita, all’ospedale di Belluno dove era ricoverato da qualche settimana, l’avventura terrena di un campione straordinario e di un uomo semplice.
Nato a Rocca Pietore il 2 giugno del 1937, al momento della nascita la levatrice gli pronosticò vita breve a causa dei pochi battiti. Invece, Marcello divenne un formidabile campione dello sci di fondo, capace di vincere otto titoli italiani tra Juniores e Seniores, di partecipare a due Olimpiadi (Squaw Walley ’60 e Innsbruck ’64) e a due Mondiali (Lahti ’58 e Zakopane ’62).
Dopo essersi messo in luce nelle categorie giovanili ed essere entrato nel giro della nazionale nel 1957, a inizio anni Sessanta De Dorigo è uno dei talenti più interessanti dello sci di fondo internazionale. Nel 1963 la sua stella sboccia in quello che pare essere l’avvio di una carriera strepitosa, con la tuta delle Fiamme Gialle e con quella azzurra della nazionale: Marcello (26 battiti a riposo) è il primo a battere i fino ad allora inavvicinabili atleti scandinavi e russi. Vince in Svizzera la 15 km di Le Brassus, con lo stesso tempo del finlandese Oikarainen, e nelle prove preolimpiche di Seefeld (Innsbruck, Austria) fa cose straordinarie: è secondo nella 30 km dietro il norvegese Oesbye e si impone nella 15 km, lasciando dietro gente del calibro di Olsson, Hiermstad, Persson, Groenningen, Jernberg, Roennlund, Vaisanen, Tiainen e Kolchin. Un successo che gli vale la copertina della Domenica del Corriere. De Dorigo vince, tra le altre gare, anche la 30 km tricolore del Nevegal, imponendosi su Colle pure nella staffetta insieme ad Aldo Piller e Franco Nones. Le premesse per dei gradi Giochi ci sono tutte. Invece, le Olimpiadi del 1964 non saranno fortunate per l’atleta lastesano. Il 28 novembre di quello stesso 1964, il destino sotto il cielo stellato di Volodalen pone fine ai sogni di gloria.
Marcello si trovava nella località svedese in ritiro con la nazionale. Era uscito in allenamento, ma poi era rientrato perché guanti e berretto scelti erano troppo leggeri per i – 15 di quella mattina. Ripartito, si era levata una nebbia talmente fitta da fargli perdere l’orientamento. De Dorigo prendeva una pista che lo portava tra i boschi anziché verso l’albergo. La temperatura raggiungeva i – 22 e lui vagava. Scorte le luci di Voloden e presa la via del ritorno, una caduta in discesa e la rottura di uno sci lo costringevano a proseguire a piedi. Alle 3 di notte, sfinito, decideva di fermarsi, togliendosi scarpe e calzini per massaggiarsi i piedi e cercare di riattivare la circolazione. Ripartiva. Si trascinava. I soccorritori lo trovarono alle 7 di mattina. Era salvo, ma quasi ventiquattro ore di gelo gli provocarono l’amputazione di ben sei dita dei piedi. La fine della carriera, a soli 27 anni. La vicenda di Voloden è stata fatta rivivere qualche anno fa, in occasione degli 80 anni di Marcello, dalla regista Lucia Zanettin che gli ha dedicato il film “Le stelle di Celi” (Celi, diminutivo di Marcello). Tra i tanti riconoscimenti ottenuti, ricordiamo qui il premio, ideato da Ivo Costan, “Gli Indimenticabili”, che qualche anno fa gli assegnò lo Sci club Trichiana.
Dopo la carriera agonistica, De Dorigo aveva dato avvio alla carriera imprenditoriale, costruendo insieme al fratello Valerio (scomparso nel 2017) gli impianti di risalita a Forcella Aurine, proprio la località nella quale aveva iniziato la carriera sugli sci. Marcello da qualche anno era ospite della casa di riposo di Taibon. Ieri, come detto, la morte all’ospedale di Belluno.
Da parte del presidente Roberto Visentin e di tutto il consiglio regionale, ai familiari di Marcello le più sentite condoglianze.
Lo sci di fondo italiano piange la scomparsa di Marcello De Dorigo, atleta olimpico e orgoglio del Veneto
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