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Paralimpici

Paralimpiadi – Inverno o estate, Oksana Masters è sempre d’oro: la statunitense all’ottavo titolo tra paraciclismo, paranordic e parabiathlon

Lo sport, a tutti i livelli e in tutte le sue declinazioni, è fatto di storie. Anche se in questi Giochi Paralimpici di Parigi 2024 gli atleti e gli organizzatori stanno provando a strappare la vena "eroica" dalla narrazione dei risultati e del percorso che ha condotto gli atleti a partecipare e a vincere nelle gare a tre agitos, ci sono delle storie e dei personaggi che emergono più di altri per il loro carattere o per l’unicità di quanto hanno raccolto nello sport. Uno di questi è sicuramente Oksana Masters, che ieri, durante la cronometro individuale su strada (paraciclismo) della categoria H4-5, non ha "semplicemente" vinto la medaglia d’oro al termine del percorso di 14,2 km. Questo perché per l’americana di origini ucraine si tratta dell’ottavo titolo paralimpico, conquistati tra edizioni estive e invernali dei Giochi (quattro nel paraciclismo, due nello sci di fondo paralimpico e due nel parabiathlon).
Se però si guarda il palmares complessivo dell’atleta, il conto delle medaglie si fa ancora più incredibile: in totale, Masters ha messo al collo diciotto medaglie olimpiche. Quello conquistato per le strade di Clichy-sous-Bois, però, sembrerebbe essere il più speciale, forse perché arrivato a sorpresa in una gara ricca di suspense fino al traguardo, dove è arrivata con un margine di 6 secondi sull’olandese Chantal Haenen«Significa molto per me e per tutti. Non importa chi sei o che aspetto hai, hai il diritto di essere qui. Questa medaglia è una delle mie preferite! Non me l’aspettavo affatto! E qui a Parigi, la “patria del ciclismo”. Non riesco a crederci… Spero che il mio esempio possa aiutare le persone. Nello sport non si può avere paura di fallire. Bisogna provarci, anche se non funziona al primo tentativo”» ha detto ai microfoni degli organizzatori al termine della gara.
Colpita dalle radiazioni di Chernobyl ancora nel grembo materno, Masters è nata in Ucraina nel giugno 1989 (Oksana Alexandrovna Bondarchuk il suo nome originario), senza tibie, con una gamba più corta dell’altra e sei dita per mano, è stata abbandonata dai suoi genitori biologici, e ha sofferto i peggiori abusi nell’orfanotrofio in cui viveva prima di essere adottata da una donna americana, Gay Masters, all’età di sette anni. Negli Stati Uniti lo sport è stato un porto sicuro dalle difficoltà che la vita le aveva messo di fronte, a partire dal canottaggio e passando poi per il ciclismo, lo sci nordico e  al biathlon.
Come ha detto in un’intervista a Graham Bensinger, le Paralimpiadi non sono solo una vetrina per le sue capacità di atleta ma anche una piattaforma per far conoscere lo sport paralimpico ai più giovani. «Voglio che vedano le mie protesi, voglio che vedano i diversi modi di fare sport perché se diventerà più comune, le generazioni future non prenderanno in giro le persone come me» Guai però a trattarla da eroina «Non voglio che nessuno si dispiaccia per me o che mi dica che sono forte. Non sono forte, ho solo vissuto la mia vita, è l’unica cosa che sapevo fare. Ognuno ha la sua storia» ha detto in un’intervista a The Players’ Tribune. 
L’Olimpiade di Oksana non finisce qui: anche oggi, con la prova in linea in programma questa mattina a partire dalle ore nove, Masters avrà anche una nuova occasione per mettersi in luce così come nel team event.
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