Nella prima parte dell’intervista, Federico Pellegrino ha fatto il punto della situazione sulla condizione sua e della squadra azzurra alla vigilia della stagione 2023/24 che partirà da Ruka, svelando anche i suoi programmi.
Ora pubblichiamo la seconda parte dell’incontro con il trentatreenne valdostano delle Fiamme Oro, nella quale il campione mondiale di Lahti 2017 dice la sua sullo stato di salute dello sci di fondo, propone alcune idee, ma difende anche la disciplina che ama da alcuni attacchi che forse arrivano a volte con troppa superficialità.
Siamo alla vigilia della tua quindicesima stagione in Coppa del Mondo. Nel corso di questi anni ritieni che lo sci di fondo abbia avuto un’evoluzione positiva?
«Negli ultimi due anni secondo me si, anche se purtroppo non lo abbiamo potuto verificare a causa della guerra Russia-Ucraina, che ha portato all’assenza degli atleti russi dalle competizioni, e dell’opinione pubblica norvegese, che spinge tanto per una sanzione etica che non esiste.
L’evoluzione positiva dello sci di fondo sta avvenendo grazie al miglioramento del calendario, in quanto finalmente il Board sci di fondo sembra essere riuscito a dare un’impostazione diversa, divisa in blocchi ben distinti, cosa da me auspicata fin dal 19/20, quando creai un gruppo di lavoro formato da capitani di ogni nazione per provare a dare una voce più forte, sia tramite i rappresentanti atleti che i dirigenti delle varie federazioni nella FIS, per far capire che il calendario era insostenibile, soprattutto se si iniziava a pensare agli atleti non come specialisti ma versatili, completi. Ora chi dirige lo sci di fondo vuole atleti più completi, in grado di prendere parte a tutte le gare ed essere più presenti, avere sempre gli stessi nomi per poter raccontare delle storie più lunghe e interessanti, e quando c’è una novità approfondirla. Creare personaggi.
Purtroppo non è così dappertutto, perché in Norvegia possono permettersi atleti che disputano tutte le gare, eppure vogliono ancora tanto turnover, forse perché a loro conviene così, avere atleti specialisti che portano a casa la pagnotta tramite i premi, anziché ottenere soldi dalla federazione. È l’unica spiegazione che riesco a darmi sul fatto che i norvegesi continuino a volere contingenti più larghi, incentivando quindi la specializzazione. Meglio permettere a più atleti di spartirsi i premi e pagare meno di stipendio come federazione. È l’unica chiave di lettura che riesco a dare».
In precedenza mi sei sembrato critico nei confronti della posizione dell’opinione pubblica scandinava riguardo l’esclusione degli atleti russi.
«Si, perché loro stanno spingendo tanto per una sorta di sanzione etica che non esiste, in quanto uno dei primi principi della carta olimpica è l’indipendenza dello sport dalla politica. Ci tengo quindi a ribadire, che il CIO invita le Federazioni Internazionali a ragionare bene sulla partecipazione degli atleti di Russia e Bielorussia, in termini di sicurezza e regolare svolgimento delle competizioni. La FIS, al momento, non se la sente di aprire loro le porte, perché per come è organizzato il nostro mondo, ci si assumerebbe un rischio, mentre in altre discipline dove è più facile gestire la sicurezza, vedi il tennis, non è un problema far partecipare gli atleti russi.
Il punto è che nel nostro ambiente si pensa che la loro esclusione sia una decisione politica, ma non è così. Coloro che in Scandinavia continuano a far passare l’idea che “è giusto che non partecipino perché non si fa la guerra”, sbagliano, perché questo argomento non c’entra nulla con noi. È lecito che come individui abbiamo le nostre idee politiche e quant’altro, io stesso sono il primo a condannare la guerra dappertutto, non solo quella russo-ucraina, ma tutti i conflitti oggi in giro per il mondo. Il nostro primo principio, però, deve restare la carta olimpica».
Il calendario della Coppa del Mondo, come da te già sottolineato, è sicuramente migliorato nelle ultime due stagioni. Ritieni si possano fare ancora dei passi avanti?
«Si, principalmente due: anticipare il periodo in cui si svolgono i Mondiali e stabilire un weekend in mezzo alla stagione per far disputare i Campionati Nazionali.
Parto dalla seconda considerazione. A mio pare la FIS dovrebbe stabilire una settimana tra metà e fine gennaio per far disputare ovunque i Campionati Nazionali, che possono anche rappresentare l’ultima chiamata per le entries ai Mondiali o alle Olimpiadi, sviluppando di conseguenza il calendario di Coppa del Mondo. In questa maniera, ovunque, tutti gli atleti più forti potrebbero gareggiare sia perché c’è prestigio sia perché il calendario lo consente. Ammetto che, con il calendario di Coppa del Mondo attuale, se mettessero a metà stagione dei campionati nazionali, io non vi prenderei parte, perché quando non gareggio in Coppa del Mondo devo fare volumi e l’intensità delle gare mi dà solo fastidio. Invece ho bisogno di fare un’intensità più controllata se voglio essere più performante in Coppa del Mondo, quindi non posso permettermi troppi weekend di gare consecutivi. Mi sono mosso in questo senso, parlando con coloro che possono fare queste proposte in FIS ed invitare tutti a ragionare sulla possibilità di predisporre per tutti un weekend di Campionati Nazionali a gennaio.
Per quanto riguarda i Mondiali, invece, modificherei il calendario dello sci nordico e dello stesso alpino, anticipando tutto di una o due settimane, anche perché pure nell’alpino ci sono state delle situazioni delicate dal punto di vista climatico, come si è visto lo scorso anno a Courchevel-Meribel. Per quanto riguarda noi fondisti, il Mondiale di Trondheim finirà quasi nella seconda settimana di marzo ed è troppo in là sia per gli atleti come preparazione, che per le condizioni meteo. Le Olimpiadi vanno ancora bene perché iniziano prima, a inizio febbraio, ma i Mondiali così avanti rappresentano un grande problema per noi. La FIS ha tanti sport e deve iniziare a ragionare in termini diversi, anticipando questi eventi di una o due settimane, anche per avere un finale di Coppa del Mondo degno, visto che ogni anno abbiamo il problema delle due 50 km a distanza di otto giorni, non tanto per le due specifiche gare, ma perché poi ti condiziona la partecipazione alle settimane di gara seguenti».
Cosa pensi dei format di gara? In stagione è previsto un solo skiathlon, nonostante sia format iridato e olimpico, mentre avrete la bellezza di sei mass start da 20 o 15 km, gara che non assegna però medaglie. Non ti sembra una contraddizione?
«In effetti non comprendo proprio la presenza di un solo skiathlon. Se devi mettermi sei partenze in linea, allora vale la pena organizzare più skiathlon, visto che è format mondiale e olimpico. La mass start da 15 o 20 km non esiste né ai Mondiali né alle Olimpiadi. A questo punto, se dobbiamo mettere delle gare che non assegnano medaglie, io metterei in calendario più pursuit, che sicuramente sono tra i format più interessanti. Non voglio sembrare di parte, non sto dicendo questo perché sono salito sul podio in questo format, ma perché fin da bambino mi è sempre piaciuto, lo trovo avvincente. Fosse per me l’inseguimento dovrebbe riassegnare medaglie, anche se un atleta avrebbe così la possibilità di vincerne di più».
Alcuni parlano da tempo di crisi dello sci di fondo e calo di interesse rispetto ad altre discipline invernali. Sei d’accordo? Se Federico Pellegrino ne avesse la possibilità, quale sarebbe la prima cosa che cambierebbe?
«Io non credo che sia così. Bisogna contestualizzare. Andiamo a chiedere alle aziende che producono sci e prodotti per lo sci di fondo, negli ultimi due anni hanno venduto tantissimo, numeri che non si erano mai visti da quindici anni a questa parte, nonostante i problemi con la neve. Io stesso vedo sempre tantissima gente in pista.
Guardiamo poi anche ai dati televisivi, che sono buoni nonostante la mancata partecipazione dei russi. Se ci fossero stati loro, sarebbe stato un altro sci di fondo, con più spettacolo.
A mio parere, la crisi la vedono quelli che vogliono vederla, magari per convenienza. All’interno dell’ambiente ci sono magari alcuni media, sponsor o membri di federazioni, tanti elementi che hanno vissuto lo sci di fondo del passato, che hanno interesse a dire che vi sia un calo di appeal. I numeri dicono altro. Guardate anche il montepremi per noi atleti, da alcune stagioni è in aumento. Ciò significa che c’è interesse a organizzare eventi e c’è un ritorno, nonostante costi tre volte tanto rispetto a vent’anni fa. Poi si, qualcosa andrebbe cambiato».
Cosa? Quali sono le tue idee?
«Secondo me bisogna cercare di ampliare la fetta di pubblico, far si che la Coppa del mondo non sia solo il momento di espressione dei fondisti più forti al mondo, ma i più forti di ogni nazione, così come accade in occasione di Olimpiadi e Mondiali, che sono gli eventi in assoluto più seguiti. Mi dispiace per il ventesimo norvegese, che sarebbe trentesimo mondiale, ma non possiamo permetterci contingenti troppo ampi. Non credo sia bello nemmeno che in Coppa del Mondo si possa anche avere un contingente di dodici atleti quando si gareggia in casa.
Personalmente, non sono nemmeno d’accordo sul fatto che in Continental Cup possano partecipare indistintamente tutti gli atleti che vogliono. Anche competizioni come Scandinavian Cup od Opa Cup andrebbero contingentate. In questo modo si potrebbe anche dare maggior valore alle coppe nazionali.
Inoltre, continuo a dire che per attirare l’attenzione del pubblico da un numero più ampio di nazioni, bisognerebbe anche far si che ad ogni nazionale fosse consentito schierare un solo team negli eventi di squadra. Se in Norvegia ci sono tre milioni di persone che guardano la tv, ci dimentichiamo degli altri miliardi potenziali fruitori di nazioni che non sono la Norvegia. È bello dare agli appassionati la possibilità di sentirsi fieri della propria nazione nello sport, essere felici e godere di ciò che i propri rappresentanti ottengono.
Quindi, ricapitolando: calendario migliore suddiviso in blocchi, con i campionati nazionali a inizio o fine terzo blocco (gennaio) e Mondiali anticipati, format di gara dei grandi eventi, contingenti ridotti per nazioni in WC e COC e un’ultima cosa: mettere a disposizione di tutti i dati delle gare. Mi spiego meglio. Da qualche anno la tecnologia dei GPS ha fatto passi avanti: ad ora, dai dati gps post gara, oltre alle velocità si possono analizzare tanti altri dati. La FIS dovrebbe metterne obbligatorio l’utilizzo per chi gareggia in Coppa del mondo e poi condividere con tutte le Squadre nazionali partecipanti i dati, in modo che si possa aiutare chi non vince a capire dove ha margine di miglioramento rispetto ai migliori. Faccio un esempio: in Formula 1 tutti i team conoscono il punto esatto di frenata e la velocità massima della Red Bull, poi ovviamente non sanno cosa c’è nel motore, ma almeno sanno su quali parametri devono lavorare. Da noi chi non sa spiegarsi come facciano ad andare così forte i norvegesi o i russi pensa subito male. Io non la penso così. Ah un’ultima cosa: lo sci di fondo è il primo mezzo di scivolamento che l’uomo ha inventato sulla neve, la tradizione e l’unicità del nostro sport sta nella tecnica classica. Io istituirei due coppe del mondo di specialità in più: una per la Tecnica Classica e l’altra per la Tenica Libera. Ci sarebbero tante altre cose da dire come la gestione dei media, tradizionali e social, quella degli eventi stessi ed altro».
Un’ultima domanda. In Italia vige il divieto all’utilizzo del fluoro, come negli altri paesi, ma non vi saranno né controlli né è tantomeno prevista la paraffinatura comune. Insomma, si dovrà contare sull’onestà di tutti, che ovviamente non mettiamo in dubbio. Al posto di un giovane che ha bisogno di risultati per fare dello sci di fondo la sua professione, come vivresti questa situazione? Saresti tranquillo?
«Io sarei tranquillo e spiego il motivo. In occasione delle prime gare che ho vinto a livello nazionale, avevo degli sci che erano vecchi di tre o quattro anni, utilizzati da mio fratello. Da aspirante avevo due paia di sci da skating ed altrettanti da classico. Nonostante ciò ero riuscito a ottenere podi e vittorie. Sono certo che nei materiali fossi nettamente meno prestante rispetto ad altri, ma ritengo che poi ciò mi ha portato un vantaggio nel momento in cui ho iniziato ad avere dei materiali più performanti. La concorrenza non è impossibile da battere, ogni atleta ed i rispettivi allenatori devono pensare esclusivamente ad allenarsi al meglio e alzare il proprio livello di prestazione personale, senza guardare solo al confronto con gli avversari.
Non è facile, ma un atleta che in una gara non coglie l’occasione per problemi con i materiali deve solo continuare a perseverare, allenarsi di più e meglio, pensando che la volta successiva sarà quella buona e dovrà farsi trovare pronto. Troppi aspettano il treno che passa una volta sola nella vita, ma quando poi effettivamente passa non sono neanche andati alla stazione. È bene che a livello fisico e mentale, un atleta lavori per farsi trovare sempre pronto e capace di portare a casa il risultato quando si presentano le condizioni».
Non avresti paura che qualcuno possa barare?
«Ci sono delle regole e tutti devono rispettarle. È lo stesso discorso riguardante il doping, ci può stare pensare che un avversario giochi sporco, avere il dubbio che qualcuno bari, ma è importante non farsi traviare da questa idea e piuttosto pensare a lavorare per ottenere il meglio da sé stesso. Il mio invito ai giovani è quindi di non lasciarsi condizionare da questi pensieri, ma concentrarsi solo su sé stessi e sul proprio lavoro, perché è il modo più semplice per ottenere risultati». PER LEGGERE LA PRIMA PARTE: CLICCA QUI