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Sci di fondo

Sci di fondo – Espen Bjervig ripercorre il ‘fiasco’ da 5 ori alle Olimpiadi di Pechino: “Tutti hanno dato la colpa all’allenamento in quota, ma fu una scelta ben precisa!”

Espen Bjervig ha ricevuto numerose critiche come capo della Federazione norvegese di Sci, a seguito dei molti rumors emersi questa estate ma iniziati già nel post-Olimpiadi di Pechino 2022. Nell’intervista concessa a Dagbladet l’ormai prossimo ex-Presidente federale norvegese ha parlato delle critiche ricevute, con particolare amarezza per quelle riguardanti i Giochi olimpici di due stagioni fa. Bjervig dice che gli vanno bene la maggior parte delle critiche, ma che la discussione sugli allenamenti in quota riguardanti le Olimpiadi di Pechino in particolare lo ha irritato molto. In sostanza, il capo della Federazione fu criticato poiché la squadra norvegese si sarebbe presentata in Cina con pochi chilometri in quota, e quindi non abbia raccolto quanto avrebbe potuto per via di ciò. Ricordiamo che, a causa covid furono costretti a venire via prima dell’Italia per preservare la "negatività".
Senza dimenticare il secondo scoppio del covid poco prima della partenza, che ha comportato la permanenza di diversi atleti in Europa, la modifica dei programmi di viaggio e la fine degli allenamenti in quota. Therese Johaug ha sostenuto il carico di medaglie al femminile con i suoi storici 3 ori, ma il resto della squadra ha dovuto sopportare dure critiche. "Avremmo dovuto allenarci diversamente da inizio stagione. Avevamo sentito dire che lì la neve era scivolosa, ma quella che abbiamo incontrato era estremamente più lenta di quanto avessimo immaginato. C’erano tratti in cui sciavi in ​​diagonale per tre minuti su una collina. Non lo abbiamo quasi mai fatto dagli anni ’90. Cose del genere ci sono effettivamente mancate e abbiamo fatto le necessarie valutazioni", spiega Bjervig.
La squadra maschile norvegese ha ottenuto 2 ori, uno nella sprint in classico maschile, dove Klaebo ebbe la meglio su un clamoroso Federico Pellegrino. L’altro oro altresì in una gara veloce, arrivò dalla team sprint con Klaebo e Valnes, in una gara durissima che vide secondi Niskanen/Maeki. Chiaramente, per una squadra che aveva monopolizzato i Mondiali di Seefeld e di Oberstdorf, le aspettative erano alle stelle. In Norvegia la colpa è stata data la colpa alla mancanza di allenamento in quota. Gli esperti hanno agitato le sciabole e a Pechino la pressione, lo stress e la paura del covid hanno reso la situazione molto calda. "Una cosa sono i ritiri per via del Covid, l’altra è che è stato accertato il fatto che il motivo per cui non siamo andati come speravamo era la mancanza di allenamento in quota. Non è così", dice Bjervig a Dagbladet. 
"Abbiamo imparato molto e non credo che commetteremo nuovamente lo stesso errore", spiega Bjervig. L’allenatore degli uomini sprint Arild Monsen è d’accordo con l’analisi del n.1 della Federazione di Sci norvegese. Lui stesso è stato contagiato dal coronavirus all’inizio delle Olimpiadi ed è arrivato sulle montagne cinesi solo a metà. Dice che il primo incontro con la neve lo sorprese: "Mi ci sono voluti cinque minuti di sci in piedi prima di pensare "che diavolo abbiamo fatto? Abbiamo mancato completamente l’obiettivo", dice Monsen a Dagbladet e continua: "Nessuno aveva previsto quel tipo di condizioni". Ricordiamo che a Pechino si è gareggiato in condizioni disumane, a 20 gradi sotto zero e un vento gelido, fatto che ha messo in ginocchio moltissimi atleti, non ultima la biathleta Tandrevold. 
Dagbladet ha parlato anche con Eirik Myhr Nossum dei tracciati di Pechino. È d’accordo sul fatto che la Norvegia sia stata colta di sorpresa dalle condizioni, ma ritiene che il fattore più importante per i suoi atleti sia stato il fatto che hanno dovuto interrompere il soggiorno in quota in Italia e attraversare la pianura norvegese prima di andare in Cina, cosa che ha rovinato l’acclimatamento all’altitudine. "Continuo a sostenere ostinatamente il fatto che è stato ciò che ci ha influenzato maggiormente. Il fatto di dover tornare a casa va contro tutto ciò che avremmo dovuto fare, ma era l’unico modo per arrivare alle Olimpiadi. Sapevamo che faceva freddo e che eravamo stanchi, ma la combinazione della fatica e del percorso, oltre al fatto che non eravamo acclimatati, era dura" conclude.

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