I Norvegia i conflitti tra la squadra di sci alpino e la federazione non sono un argomento nuovo; nella storia delle discipline invernali, infatti, dispute come quelle che hanno tenuto banco questa estate tra Johannes Høsflot Klæbo e la Federazione Norvegese di Sci sono quasi all’ordine del giorno quando c’è di mezzo un grande nome di una disciplina sportiva.
Lo sciatore alpino Henrik Kristoffersen forse sa meglio di chiunque altro cosa significhi trovarsi in una situazione del genere. Pur vivendo e allenandosi in Austria, grazie ai media norvegesi anche lui ha seguito lo sviluppo degli eventi; interpellato sulla questione da NRK, lo slalomista assicura che, così come non è la prima volta che accade, potrebbe non essere neanche l’ultima.
Invece di parlare di conflitti individuali, la medaglia d’oro dello slalom special ai Mondiali di Courchevel crede che si tratti fondamentalmente di dare e avere e che in questo momento la federazione prenda troppo e dia troppo poco.
«Molti dei singoli atleti negli sport individuali hanno lavorato così tanto per così tanti anni prima di ottenere davvero qualcosa in cambio o un aiuto per questo. Quando arriva un giocatore che poi prende tutti i diritti di mercato e non dà nulla, allora diventa un problema. E questo problema probabilmente si presenterà ancora e ancora e ancora fino a quando non ci sarà qualche cambiamento» ha detto Kristoffersen a NRK.
Kristoffersen però sottolinea che questo atteggiamento di disponibilità deve essere reciproco, spiegando che, ogni volta che può, cerca di difendere i colori del suo club d’infanzia, il Rælingen.
«È completamente sbagliato che gli atleti debbano avere il cento per cento. Anche io non sono d’accordo con questo. Bisogna restituire qualcosa»
Kristoffersen sostiene che diritti di rappresentanza più liberi contribuiscano al miglioramento dell’atleta, ma al contempo non bisogna nascondersi che i soldi fanno giocano anche la loro parte in queste discussioni.
«Non c’è dubbio che per molti atleti i soldi non siano la cosa più importante. Non è tutto nemmeno per me. Ma chi dice che i soldi non contano, ne ha troppi» ha dichiarato il 29enne «La maggior parte delle entrate di un atleta proviene dagli sponsor delle attrezzature. Ma il mondo sta cambiando, l’attrezzatura sta migliorando in modo che duri più a lungo, si acquistano meno attrezzature e i produttori di sci e altri produttori hanno meno da spendere. È più interessante per altri sponsor commerciali sponsorizzare i singoli individui rispetto al passato, a causa dei profili degli atleti e del brand che un atleta diventa quando è uno dei migliori al mondo nel proprio sport. Quindi bisognerebbe ripensare un po’ le cose»
Kristoffersen crede che si tratti anche di riconoscimento. Quando viene negato un accordo di sponsorizzazione con marchi grandi e noti, un atleta potrebbe sentire di perdere il riconoscimento che ritiene di aver guadagnato; teme inoltre che senza i cambiamenti che in molti auspicano nella gestione degli atleti e il loro rapporto con gli sponsor, i conflitti a cui stiamo assistendo ora diventeranno ancora più frequenti.
«Qualcosa deve essere fatto o ci si ritroverà in questa situazione ancora e ancora. Ci sono già state molti conflitti del genere e ci saranno di nuovo. La probabilità che succedano ancora più frequentemente, con il modo in cui i social media e tutto il resto si sono evoluti, diventa sempre più grande»
Una delle soluzioni indicate dà il campione dello sci alpino, seguendo il modello di molte altre nazionali, è quella di lasciare la libertà ai singoli atleti di usare il casco o un cappello per esibire uno sponsor privato. Si tratta di una battaglia che lui stesso ha affrontato con la Federazione qualche anno fa. La proposta è che se sei tra i migliori 20 nella tua disciplina, dovresti versare un certo importo alla Federazione in misura variabile. Al di fuori dei primi 30 invece non si dovrebbe pagare; il che, a suo avviso, potrebbe dare ai giovani atleti una base di reddito.
«Le soluzioni ci sono e in molte altre nazioni funzionano molto bene. Non è che gli atleti debbano ricevere tutto ma, come ho detto, qualcosa si dovrebbe ottenere e qualcosa dovrebbe essere dato. Penso che questo ridurrebbe al minimo i conflitti interni.»