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Biathlon , Interviste

Biathlon – I tanti volti di Clare Egan: l’impegno e la passione per lo sport e gli atleti oltre l’agonismo

Dopo una lunga carriera da biatleta, Clare Egan ha appeso carabina e sci al chiodo (e buttato gli skiroll nel bidone dell’immondizia, come ha confessato lei stessa) ed è scesa in campo per rappresentare gli atleti a 360° in diversi organi sportivi. In primis, è presidente del Comitato degli Atleti IBU e membro del Comitato Esecutivo IBU; ma il suo attivismo a favore degli atleti va anche oltre: è infatti rappresentante degli atleti all’interno della WADA. Con questo curriculum, non deve sorprendere che nella lunga intervista concessa al podcast Penalty Loop che possibile ascoltare su Spotify in inglese, gli argomenti trattati sono stati complessi ma esposti in splendidamente e in maniera esaustiva. Un’atleta che forse nella carriera ha raccolto meno di quanto lei stessa si era prefissata, il cui nome non è il primo a venire in mene quando si parla di biathlon, ma che con la sua passione per questo sport e la sua eloquenza e preparazione, sicuramente è uno dei più begli esempi per far conoscere e amare questa disciplina.
Qui riprenderemo i punti più salienti di una lunghissima intervista, in cui oltre a ripercorrere la sua carriera, ha affrontato tematiche scottanti che tengono banco all’interno della biathlon family e, più in generale, nel mondo dello sport. 
“Ho difficoltà ad approcciarmi ad atleti che hanno fatto uso di sostanze dopanti. Una volta che so che hanno fatto uso di doping la fiducia che ho nei loro confronti si rompe ed è difficile credere che siano puliti” ha dichiarato candidamente, quando le è stato chiesto cosa pensa degli atleti che rientrano alle gare dopo una squalifica per doping “Alcuni metodi dopanti non servono nemmeno a incrementare la massa muscolare o la resistenza, ma servono solo a recuperare più in fretta e meglio e ti trasformano in una “superpersona”, ti permettono di allenarti di più, perché recuperi più facilmente. E quindi in quel caso puoi raccogliere i frutti di quell’imbroglio più a lungo”
Una filosofia, quella dell’essere puliti, che ha accompagnato tutta la sua carriera nella nazionale statunitense e che la assiste nella sua battaglia al doping come membro consiglio degli atleti WADA. “Cerco di spingere verso pene più severe, test a tappeto, investigazione completa e frequente e assunzione delle responsabilità da parte di allenatori e medici, ma è spingere un masso su una collina e per poi vederlo cadere giù. È frustrante perché nonostante oggi alcune regole siano cambiate siamo ancora a processo con casi relativi ad una decina di anni fa in cui gli atleti vengono giudicati con quelle regole e prendono una sospensione di due anni ma nel frattempo si sono già ritirati”
L’intervista è poi passata a parlare dei rapporti con Russia e Bielorussia che non solo ad oggi non hanno accesso alle gare con i loro atleti, ma che, dall’autunno del 2022 sono state ufficialmente sospese dall’IBU con una votazione quasi unanime da parte di tutte le Nazioni rappresentate nel consiglio. “Inizialmente quando la guerra è scoppiata il board dell’IBU aveva preso la decisione di bannare le squadre dalle gare, per una serie di ragioni (sicurezza, solidarietà con l’Ucraina e assicurarsi che le nostre competizioni non fossero usate per propaganda) ma poi abbiamo voluto che la decisione del board fosse condivisa da tutti e abbiamo proceduto col voto. Ancora una volta abbiamo ribadito la sicurezza e l’integrità delle competizioni, se Russia e Bielorussia fossero state riammesse non avremmo potuto garantire la presenza di molte nazioni ospitanti.” 
Egan ha inoltre ricordato che il biathlon, a differenza di altri sport invernali, è in una posizione davvero particolare rispetto visto l’uso di armi da fuoco da parte degli atleti e la presenza di atleti incorporati nei corpi militari. Ma poi c’è il lato non ufficiale, quello dell’atleta che per anni ha passato l’inverno fianco a fianco proprio con gli atleti di quelle nazioni che oggi sono state bandite.
“Queste sono le relazioni ufficiali” ha continuato “dal punto di vista del Comitato Atleti invece abbiamo deciso di mantenere contatti con la controparte russa, recentemente ho sentito Ekaterina Jurlova , che è presidente di un comitato di atleti recentemente fondato, penso sia importante mantenere un canale aperto per quando la riammissione sarà possibile e saremo pronti e felici di poterci lavorare su insieme. Abbiamo anche fatto un sondaggio tra atleti russi, bielorussi e ucraini condotto in russo, è un progetto della Commissione Atleti IBU, a proposito delle loro opinioni sulla potenziale reintegro degli atleti da parte CIO. Io ho votato a favore del ban delle federazioni ma non è stata una decisione facile da prendere. Se da un lato abbiamo atleti con un paese invaso, che sono andati in guerra e hanno avuto case e centri di allenamento bombardati, dall’altro ci sono atleti russi e bielorussi che non possono gareggiare indipendentemente dalle loro idee politiche. E anche se è mia volontà restare solidale con gli atleti ucraini e aiutarli dal punto di vista istituzionale e personale, d’altro canto ho passato 8 settimane questa estate a seguire un corso di russo per mantenere questo canale di comunicazione aperto con gli atleti russi e bielorussi”
Infine il podcast ha affrontato il tema dei cambiamenti climatici, che coinvolge gli sport invernali più di qualsiasi altro sport ed è sotto gli occhi di tutti come, di anno in anno, sia sempre più difficile condurre le gare in condizioni che siano rispettose per l’ambiente e efficienti per la realizzazione di gare regolari. “Penso che lo sport a livello più alto non avrà problemi nel futuro, per via delle misure straordinarie che già stiamo prendendo per assicurarci che ci sia neve, ciò che è a rischio è il livello puramente “ricreativo”, mettendo in crisi lo sviluppo della base delle discipline. Già oggi la Coppa del Mondo è supportata dalla neve artificiale. Quasi tutti i grandi resort sciistici o le località dove si svolgono eventi sportivi hanno sistemi di stoccaggio neve come lo snow farming o lo snow depot che permettono di avere neve sui tracciati per gli eventi anche se non c’è neve naturale. Però questo non è possibile a livello ricreativo e lo vedo con il paese dove sono cresciuta, oggi non hanno più una squadra di sci perché non possono contare più su neve naturale. Se sei un atleta professionista vai dove c’è neve ma se sei un ragazzino che va a scuola è la neve a dover venire da te. Per non parlare della motivazione: sciare sotto la pioggia su una striscia di neve artificiale non è divertente come sciare su km di neve fresca.”
“Il cambiamento climatico non è più una minaccia ipotetica ma una minaccia reale e nel board dell’IBU è uno dei maggiori argomenti di discussione. L’IBU sta provvedendo con azioni reali, gli atleti non vedono il quadro generale della situazione ma stiamo cercando di educarli a riguardo. Al momento il più grande dispendio di energia da parte dell’IBU viene dalla trasmissione degli eventi e dal trasporto delle attrezzature, il che è indipendente dagli atleti. E da quel punto di vista c’è l’impegno di neutralizzare l’impronta di emissioni, attraverso veicoli elettrici, sedi di gara che hanno una bassa carbon foot-print.” Con il tempo, ammette, ci saranno sicuramente più gare sugli skiroll ma l’obiettivo è quello di restare focalizzati sull’inverno, perché è ciò su cui l’IBU punta tutto il suo marketing e su cui si basa la sua immagine ma, soprattutto, è quello che gli atleti vogliono.
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