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Biathlon – Intervista ad Alex Perissutti, da Forni di Sopra alla nazionale juniores: “Mi piace la tensione da gara”

Da una parte il papà che sperava scegliesse lo sci alpino, dall’altra la mamma che spingeva verso il nordico. Alla fine Alex Perissutti ha seguito sua madre ed è stata la scelta giusta, dal momento che il giovane di Forni di Sopra ha poi scoperto il biathlon e da lì è arrivato fino alla nazionale juniores.

Il classe 2004 friulano, cresciuto nella S.S. Fornese, è infatti uno dei volti nuovi della nuova nazionale giovanile azzurra, dopo averla già sfiorata un anno fa dopo le ottime prestazioni agli EYOF di Vuokatti. Nell’ultima stagione Perissutti è stato bravo a confermarsi, riuscendo a ottenere un posto anche per i Mondiali Juniores di Shchuchinsk, altra esperienza per lui molto importante.

Proseguendo il nostro viaggio tra i volti nuovi della nazionale azzurra, abbiamo intervistato l’atleta friulano, trovando un giovane che ama la competizione sia con l’avversario che contro sé stesso, e forse proprio ciò lo porta a cercare sempre di migliorarsi.

Ciao Alex, complimenti per il tuo ingresso nella nazionale juniores. Cosa significa per te essere entrato a far parte di questo gruppo?

«È stata senza dubbio una grande notizia, perché entro in un nuovo mondo, si apre una grande opportunità soprattutto per migliorare, per lavorare con nuovi allenatori e compagni. Certamente questa possibilità mi dà molti più stimoli. Sono certo che la nazionale mi darà tanto, in particolare dal punto di vista sportivo, spero di migliorare. Per me questo non è un punto di arrivo, ma di partenza».

In squadra trovi atleti come Betemps, Barale, Piller Cottrer e Pircher che hanno già vinto diverse medaglie giovanili. Quanto sarà importante lavorare con loro?

«Tantissimo. Sono grandi nomi del biathlon italiano a livello giovanile, quindi per me poter lavorare con loro è un’ottima opportunità. Ho stima di questi atleti, dal primo all’ultimo. Con la massima umiltà spero di imparare tanto da loro. Lavorare con questo gruppo è sicuramente stimolante».

Vieni da due stagioni molto positive che ti hanno portato fin qui. Cosa ti hanno lasciato?

«Sono abbastanza contento delle ultime due stagioni, anche se sono una persona che tende a volere sempre di più. Questo da una parte mi limita ma dall’altra mi aiuta a cercare sempre di migliorare. So di avere dei punti di forza e altri deboli, uno di questi ultimi è il tiro, non si può negarlo. So su quali aspetti devo lavorare e spero di migliorare anche attraverso questa nuova esperienza in squadra. Farò di tutto per riuscirci e ottenere risultati ancora più positivi».

Puoi approfondire quanto hai accennato sul fatto che volere sempre di più a volte è anche un limite?

«Credo che un atleta debba essere anche bravo nell’accettare i risultati che ottiene, perché si incontrano grandi atleti che quel giorno possono aver semplicemente fatto meglio. Insomma non si può sempre vincere. Non dico che bisogna accontentarsi, quello mai, bisogna sempre ambire al massimo, ma credo si debba soprattutto essere soddisfatti della propria prestazione, senza avvilirsi se non arriva il risultato. Il biathlon è uno sport che ha moltissime variabili, perché puoi fare la gara perfetta e chiudere quinto, oppure commettere errori e magari vincere perché gli altri hanno sbagliato di più.
Negli anni ho imparato che il risultato è la conseguenza della prestazione, quindi bisogna concentrarsi su quest’ultima, poi se si è consapevoli di aver tirato fuori il massimo da sé stessi bisogna essere soddisfatti e senza avvilirsi lavorare per migliorare ancora.
Credo che per migliorare bisogna saper accettare che a volte l’avversario è semplicemente più forte e concentrarsi su sé stessi per migliorare ancora, senza perdere energie inutili a buttarsi giù».

Dal punto di vista personale, quanto è stato importante prendere parte a competizioni internazionali come EYOF e Mondiali Giovanili? Cosa hai imparato?

«Avere l’opportunità di gareggiare in competizioni internazionali di alto livello con la nazionale è prima di tutto un onore, poi è importantissimo perché ti permette di imparare moltissimo in quanto il livello è veramente alto. Diciamo che ti accorgi dove devi migliorare, i tuoi punti deboli vengono messi maggiormente in risalto, capisci cosa ti manca per essere competitivo con i più forti e su cosa devi lavorare».

Allora su cosa ritieni di dover migliorare?

«Sono dell’idea che non si arriva mai a un punto in cui ci si possa permettere di non fare ulteriori progressi, bisogna sempre lavorare su tutto. In questo momento devo concentrarmi sul tiro che non ritengo un mio punto forte, ma anche sulla tecnica di sciata e sulla prestazione atletica. Ho più margine di miglioramento al tiro, ma tanto da imparare ancora anche nella tecnica sugli sci. So di avere un buon punto di partenza sugli sci, l’ho visto anche ai Mondiali e agli EYOF, dove ho fatto delle buone prestazioni. Come ha detto Carlotta (Gautero, ndr) nell’intervista che vi ha rilasciato, in campo internazionale il livello è altissimo, quindi per essere competitivi anche fuori dai nostri confini c’è bisogno di migliorare su ogni particolare».

In nazionale troverai gli allenatori con cui hai già lavorato in occasione dei Mondiali giovanili.

«Si ho già avuto modo di lavorare con loro, ma principalmente sono stati allenamenti di preparazione e avvicinamento alle gare iridate. Mi sono trovato bene, si lavora con serietà e si nota la loro grande passione. Ora potrò conoscerli meglio e sono contento perché li ritengo dei grandi tecnici».

Tornando indietro nel tempo, ci racconti come hai iniziato?

«Ho iniziato a fare fondo quando avevo sei anni, ho messo gli sci ai piedi da piccolissimo. In realtà c’è stata una piccola disputa a casa mia su quale sport dovessi fare (ride, ndr). Mia mamma è infatti allenatrice di sci di fondo, mentre mio papà lo è di discesa. Entrambi hanno quindi cercato di portarmi verso le rispettive discipline. Un giorno mi trovavo a fare discesa, l’altro fondo. Mi hanno lasciato libero di scegliere, ma tra loro c’è quasi stata una sfida sullo sport da farmi fare (ride, ndr). Alla fine ha vinto mamma perché ho scelto lo sci di fondo.
Ho iniziato a disputare qualche garetta, poi mi sono sempre più avvicinato all’ambiente agonistico e ho scoperto che mi piaceva avere la tensione da gara, quella voglia di competere con gli altri che si prova quando si gareggia. Nel nostro piccolo sci club a Forni di Sopra, c’era poi anche una realtà di biathlon ad aria compressa, così ho provato, mi è piaciuto ed andando avanti col tempo ho deciso di avvicinarmi sempre di più al biathlon. Quando frequentavo la seconda superiore ho iniziato con la calibro 22 ed adesso sono arrivato qui dopo tanto lavoro e sacrifici che stanno ripagando».

Cosa ti piace del biathlon?

«Non so come spiegarlo: mi fa stare bene. Mi piace sia allenarmi che cercare di superare me stesso ogni volta che disputo una gara. La sensazione che si prova quando arriva un bel risultato è indescrivibile. Ciò non è per forza legato a una posizione particolare in classifica ma anche il raggiungimento di un obiettivo personale su cui hai lavorato in allenamento, perché ti rendi conto che il lavoro fatto ha pagato. Poi a me piace proprio allenarmi, mi fa stare bene con me stesso».

In questi anni diversi atleti sono arrivati da Forni di Sopra. Puoi descriverci questa realtà?

«Qui si è creato un bel gruppo. Da piccoli siamo stati seguiti da mia mamma, ci ha tirato su lei, poi siamo passati al Comitato. Abbiamo la fortuna di aver avuto esempi recenti di atleti come Martin (Coradazzi, ndr) nello sci di fondo, oppure Daniele (Cappellari, ndr) e suo fratello Fabio nel biathlon, con quest’ultimo diventato allenatore. Tutti atleti che hanno portato a casa risultati e motivato tutti noi. Purtroppo non abbiamo un poligono vicino, quindi tre volte a settimana ci tocca fare un bel viaggio per raggiungere Forni Avoltri. Fortunatamente, in inverno abbiamo una bella pista da fondo, da 10 km, mentre in estate sciamo sulle nostre strade che seppur corte non sono trafficate. Al di là della difficoltà logistica legata al poligono, a me piace tanto il mio paese e non lo cambierei mai».

In nazionale trovi anche Cesare Lozza, che ci ha raccontato quanto siete amici. Quanto è importante essere in nazionale insieme a lui?

«Mi ha fatto piacere leggere cosa ha detto di me, anche io penso le stesse cose. È un amico con cui ho condiviso molti allenamenti, abbiamo passato tanti momenti insieme ed ora ci ritroviamo anche in nazionale juniores. La sua presenza è uno stimolo costante perché ho molto da imparare da lui e viceversa. Inoltre ci divertiamo ed è un’ottima compagnia, quindi sarà bello essere entrambi in squadra. Ma non conosco solo Cesare, ho già avuto modo di instaurare un bel rapporto anche con gli altri componenti del gruppo e sono convinto che lavoreremo bene insieme».  

Chi è il tuo punto di riferimento nel biathlon?

«Oggi è anche troppo facile rispondere Johannes Bø. Diciamo che nel biathlon maschile abbiamo tre capisaldi che sono il punto di riferimento di tutti noi e ai quali ognuno deve solo battere le mani: Johannes Bø, Martin Fourcade e Bjørndalen.
Personalmente stimo molto anche Lisa Vittozzi, in particolare ora per quello che ha fatto nell’ultimo anno. Lei è la dimostrazione che le difficoltà si possono superare, ce l’ha fatta e ha disputato una stagione incredibile. Alla fine però stimo proprio ognuno dei nostri campioni, Doro (Wierer, ndr) che è una campionessa straordinaria, e i giovani della squadra maschile come Giacomel, Bionaz e Zeni, da cui ho tanto da imparare».

Qual è il tuo rapporto con la scuola? È difficile conciliarla con lo sport?

«Credo dipenda tanto dalla scuola, da come sai organizzarti e anche dalla disponibilità dei professori. Fortunatamente credo di aver scelto la scuola giusta e non ho avuto mai particolari difficoltà.
Riesco a conciliare tranquillamente scuola e sport anche se ovviamente ci vuole pure tanto impegno, perché magari arrivi a casa che sei stanco dopo l’allenamento e anziché stenderti sul divano devi metterti a studiare qualcosa. Però si può fare».

La nazionale juniores è un bel passo della tua carriera. Vuoi ringraziare qualcuno?

«Prima di tutto gli allenatori del comitato che mi hanno seguito fino a poco tempo fa, che sono Enrico Tach per il tiro e Giuseppe Piller Cottrer per il fondo. Devo dire loro grazie perché mi hanno aiutato a crescere tanto ed è stato un piacere lavorare con loro. Poi ringrazio molto mia mamma, perché se sono arrivato a questo primo piccolo obiettivo lo devo tanto a lei, perché mi è sempre stata vicino, mi ha seguito moltissimo e mi porta spesso a fare allenamento a Forni Avoltri. Lei e mio padre mi danno supporto anche economico per fare questo sport. Poi ringrazio i miei compagni di allenamento che mi hanno supportato e fatto compagnia. Comunque continueremo ancora ad allenarci a volte insieme. Per ultimi anche i professori, perché mi hanno aiutato nei momenti in cui facevo tante assenze per le gare di inverno e mi sono sempre stati vicino».

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