Dorothea Wierer, stella del biathlon italiano, non ha certo bisogno di presentazioni. Ci sono, però, alcuni aspetti della sua vita – privata e sportiva – che l’azzurra ha voluto svelare ai lettori del "Corriere della Sera", in una lunga intervista che ha mosso i suoi passi a partire dal soprannome che le è stato attribuito: Calamity Jane.
"So che è stata la prima donna-pistolero nel selvaggio West. Però conosco poco di lei. Giocava d’azzardo e beveva whisky? Allora non fa per me. Comunque il Far West è affascinante", ha sottolineato l’atleta.
Sposata con Stefano Corradini, finanziere come lei, Wierer ne ha esaltato non soltanto la bellezza, ma anche le qualità umane: "Un uomo così non lo trovo mai più. Non è per niente geloso. Certo, quando giro incontro tipi belli e simpatici e ricevere complimenti è gradevole. Ma tra me e Stefano la fiducia è reciproca ed è decisiva. Lui, poi, ha un gran carattere. È bravo, sveglio, autonomo e super-disponibile: quando sono via fa tutto lui, la gestione della casa è nelle sue mani".
Una coppia, quella formata da Dorothea Wierer e dal marito, attenta anche al prossimo, tanto da avere devoluto in beneficenza – a un’associazione impegnata nel sociale in Nepal – la cifra ricavata dalla vendita in rete dell’abito delle nozze indossato dalla campionessa.
Per quanto riguarda invece lo sport, la 33enne nativa di Brunico ha spiegato che non avrebbe fatto solo la tiratrice, come Niccolò Campriani, perché il fascino del biathlon risiede proprio nell’accostamento di due discipline (sci nordico e tiro). Ma sparano meglio le donne o gli uomini? "Oggi c’è equilibrio, ma sparare non è poco femminile: conta solo la concentrazione", ha risposto Wierer.
"So che è stata la prima donna-pistolero nel selvaggio West. Però conosco poco di lei. Giocava d’azzardo e beveva whisky? Allora non fa per me. Comunque il Far West è affascinante", ha sottolineato l’atleta.
Sposata con Stefano Corradini, finanziere come lei, Wierer ne ha esaltato non soltanto la bellezza, ma anche le qualità umane: "Un uomo così non lo trovo mai più. Non è per niente geloso. Certo, quando giro incontro tipi belli e simpatici e ricevere complimenti è gradevole. Ma tra me e Stefano la fiducia è reciproca ed è decisiva. Lui, poi, ha un gran carattere. È bravo, sveglio, autonomo e super-disponibile: quando sono via fa tutto lui, la gestione della casa è nelle sue mani".
Una coppia, quella formata da Dorothea Wierer e dal marito, attenta anche al prossimo, tanto da avere devoluto in beneficenza – a un’associazione impegnata nel sociale in Nepal – la cifra ricavata dalla vendita in rete dell’abito delle nozze indossato dalla campionessa.
Per quanto riguarda invece lo sport, la 33enne nativa di Brunico ha spiegato che non avrebbe fatto solo la tiratrice, come Niccolò Campriani, perché il fascino del biathlon risiede proprio nell’accostamento di due discipline (sci nordico e tiro). Ma sparano meglio le donne o gli uomini? "Oggi c’è equilibrio, ma sparare non è poco femminile: conta solo la concentrazione", ha risposto Wierer.
"Nella mia vita – ha proseguito – ci sono stati quattro momenti. A 15 anni ero spensierata e non credevo di diventare campionessa. A 20 ero un po’ pazza: uno spirito libero, mi piaceva ballare fino al mattino. A 25 stavo diventando professionista e ho capito di dovermi impegnare. A 30, nello sport, ho raggiunto il top. Oggi vivo la fase della donna sposata. Porta con sé la parte più bella: quello che ho fatto, ho fatto, tutto ciò che arriverà sarà in più, senza rimpianti per traguardi falliti".
Il suo palmarès è mozzafiato e, a voler esser pignoli, manca soltanto l’oro olimpico: "Non è semplice vincerlo – ha asserito Dorothea –. Ci vuole fortuna. A Milano Cortina 2026 mi piacerebbe esserci, ma vorrei avere una famiglia che cresce, una vita tranquilla, non fare sempre le valigie. Però quando vedo che ancora vinco, mi dico: sfrutta il momento. In me convivono due anime: tre anni non sono tanti, deciderò dopo ogni stagione".
Il biathlon, del resto, è "una maratona psicologica. Se parti e hai mal di gambe, o sbagli al primo poligono, sai che è dura salire sul podio. Ma non devi mollare: è una lezione per la vita. Dopo un errore non impreco: non ce n’è il tempo!".
In merito al tema del doping, invece, Dorothea Wierer non ricorre a giri di parole: "L’illecito c’è stato, soprattutto nei Paesi dell’Est. Oggi vedo una disciplina controllata e pulita, anche perché conta molto il tiro e se su questo fronte sei scarso, sei scarso".
Alla domanda circa il chiacchierato dualismo fra lei e Lisa Vittozzi, "Doro" ha replicato: "Non è stato un bel periodo per me. Ma non potevo farci nulla se io vincevo e lei no. Abbiamo stipulato una tregua? Sì, non ha senso pensare a certe cose. Però ci sono rimasta male".
Successivamente, Wierer ha ammesso che in molti ritengono che lei non si reputi italiana in quanto altoatesina ("Questo mi fa male") e di essere attenta anche al suo lato estetico: "La bellezza può aiutare al cospetto degli sponsor, però serve anche un carattere aperto: se sei bella ma non apri bocca…".
E dire che avrebbe potuto posare nuda per "Playboy": "Ormai è una storia vecchia, forse di dieci anni fa. Era una richiesta partita dalla Russia: lì il biathlon è popolare. Rifiutati, non mi sento così sicura di me. Peraltro oggi le ragazze che finiscono su quella rivista non sono più del tutto nude. Io avrei dovuto esserlo, quindi ho rifiutato".
Successivamente, Wierer ha ammesso che in molti ritengono che lei non si reputi italiana in quanto altoatesina ("Questo mi fa male") e di essere attenta anche al suo lato estetico: "La bellezza può aiutare al cospetto degli sponsor, però serve anche un carattere aperto: se sei bella ma non apri bocca…".
E dire che avrebbe potuto posare nuda per "Playboy": "Ormai è una storia vecchia, forse di dieci anni fa. Era una richiesta partita dalla Russia: lì il biathlon è popolare. Rifiutati, non mi sento così sicura di me. Peraltro oggi le ragazze che finiscono su quella rivista non sono più del tutto nude. Io avrei dovuto esserlo, quindi ho rifiutato".
Dopo avere confidato al "Corriere della Sera" che mamma Irmgard ha avuto un ruolo centrale nella sua vita ("Si è dedicata a cinque figli e non è stato facile. Mio padre Alfred è sempre stato al lavoro, è grazie a lei se siamo svegli e sportivi. Insomma, mi ha fatto uno ‘stage’ per quando sarò io madre"), la biatleta azzurra ha esternato il suo punto di vista sulle ragazze di oggi, che lei ritiene troppo estreme e con una smodata voglia di apparire: "Anch’io devo usare i social, ma serve misura. Poi però ti imbatti negli haters: ci convivo staccando la spina. Ignoro chi cerca di farti sembrare cattivo".
Nel futuro di Dorothea Wierer può esserci lo spettacolo? "Mi piacerebbe, ma avrei timore di fare figuracce e di essere massacrata per l’accento. Poi è un mondo particolare, nel quale il trash è di moda. Ecco, a me non va: amo la normalità".
Neanche un reality show? "Non vedo nulla che mi attragga, a parte forse Pechino Express, perché è particolare e movimentato". E il Festival di Sanremo? "No, sono stonatissima. Come co-presentatrice dovrei fare dei corsi per imparare… Ognuno è fatto per qualcosa, io sono fatta per il biathlon!".
Neanche un reality show? "Non vedo nulla che mi attragga, a parte forse Pechino Express, perché è particolare e movimentato". E il Festival di Sanremo? "No, sono stonatissima. Come co-presentatrice dovrei fare dei corsi per imparare… Ognuno è fatto per qualcosa, io sono fatta per il biathlon!".