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Astrid Plosch, la tarvisiana pendolare per inseguire un sogno chiamato biathlon: “Non è facile, ma questo sport mi dà forti emozionI”

Una passione così grande da spingere i genitori ad accompagnarla ogni giorno per oltre un’ora e mezza di auto, da Tarvisio fino alla lontana Forni Avoltri, per allenarsi. Dietro alla bellissima stagione di Astrid Plosch, due medaglie ai Mondiali Juniores di Shchuchinsk, una individuale e l’altra in staffetta, vi è tutto l’impegno di chi, pur essendo nata in una località dove il biathlon non ha tradizione, è così determinata da superare ogni ostacolo logistico, fino a raggiungere ottimi risultati internazionale e quell’arruolamento che è il sogno di ogni atleta.

Domenica pomeriggio, durante uno dei pochi giorni quasi liberi dallo studio, dal momento che la giovane 2004 del CS Esercito si sta preparando ad affrontare l’esame di maturità e deve anche recuperare le inevitabili assenze che una stagione internazionale nel biathlon porta con sé, Fondo Italia ha contattato Astrid Plosch per un’intervista nella quale ci ha raccontato tanto del suo percorso.

Ciao Astrid. Intanto raccontaci un po’ di questo periodo post stagione. Cosa stai facendo?
«Appena conclusa la stagione mi sono un po’ riposata, ma ho continuato anche a fare sport, facendo un po’ di sci alpinismo e discesa, che durante la stagione non possiamo fare per non correre il rischio di infortunarci. Ovviamente, la mia preoccupazione principale ora è lo studio, mi sono messa sotto perché ho anche l’esame di maturità. La carabina per il momento l’ho messa un attimo da parte, penso di riprendere a metà maggio, anche perché per vedere il poligono devo fare un’ora e quaranta di viaggio».

Come giudichi la tua stagione?
«Penso sia stato il mio anno migliore. L’arruolamento nel Centro Sportivo Esercito mi ha messo tranquillità, così ho iniziato ad affrontare le gare più libera mentalmente e tanto determinata. Sono ovviamente molto soddisfatta delle medaglie vinte, perché dopo tutti i sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia è bello essere ripagati così».

Ti saresti aspettata di ottenere dei risultati del genere in campo internazionale? Cosa è cambiato rispetto al passato, oltre alla tranquillità derivata dall’arruolamento?
«Come dissi anche allora, la medaglia individuale era abbastanza inaspettata, perché in quel periodo sugli sci non ero esattamente in forma. Grazie al tiro, sono riuscita ad arrivare sul podio. Per la medaglia della staffetta, invece, sapevamo di avere del potenziale perché quello si capiva già dalle classifiche delle altre gare.
Sicuramente nell’ultimo anno ho lavorato di più anche su me stessa, ho imparato a conoscermi meglio, fermarmi quando dovevo. Inoltre, anche con gli
allenatori, ho iniziato a comunicare di più, cosa che negli anni scorsi non facevo, perché magari certe cose pensavo fossero di poco conto e non le riferivo, quando in realtà erano importanti. Ho capito quanto sia fondamentale dare feedback agli allenatori, la comunicazione tra allenatore ed atleta».

Torniamo indietro nel tempo. Raccontaci come hai iniziato e come è nata la tua passione per il biathlon, dal momento che a Tarvisio non c’è una grande tradizione per questa disciplina.
«In realtà non dobbiamo andare tanto indietro, perché ho iniziato con il biathlon appena quattro anni fa. Allora praticavo sci di fondo e un giorno ero a Forni Avoltri per allenarmi. Era presente Mirco Romanin, che era lì ad allenare i miei coetanei del biathlon e visto che ero da sola mi chiese se volessi provare a sparare con la carabina ad aria compressa. Ovviamente accettai, così insieme a mia mamma ci recammo al poligono dove Ivan e Giovanni Romanin, allenatori dell’aria compressa, mi spiegarono alcuni fondamentali e mi fecero sparare. Per me è stato un colpo di fulmine con il biathlon. Non so nemmeno come, ma presi praticamente tutti i bersagli, tanto che gli allenatori stessi rimasero a bocca aperta quando dissi loro che era la mia prima volta. Allora mi chiesero se volessi provare a fare qualche tiro anche nelle settimane successive ed è nata la mia passione per il biathlon».

Certo è stata una scelta importante visto che a Tarvisio non c’è alcun poligono?
«Si, diciamo che la distanza tra il poligono e casa era un punto a sfavore, ma la carabina ha subito rappresentato quel tocco in più che mi ha convinta a passare al biathlon. Insomma è stata decisiva l’emozione che mi dava il fatto che fino all’ultimo non sai mai cosa può succedere, chi può passarti davanti».

Come ha reagito tua mamma quando le hai comunicato la tua decisione di passare al biathlon, che dal punto di vista logistico avrebbe richiesto tanto impegno a tutta la famiglia?
«Eh, all’inizio la mamma non era molto contenta (ride, ndr), ma ogni volta che andavamo a Forni Avoltri e mi vedeva così felice, non le pesava affatto fare tutti quei chilometri. Lei mi ha sempre detto di seguire i miei sogni e mi ha aiutata tantissimo».

Quanto speri che in futuro a Tarvisio o Valbruna possa essere costruito un poligono per il biathlon?
«Sarebbe bello. Magari più avanti si cercherà di fare un progetto in merito. Anche perché ciò sicuramente farebbe crescere la disciplina nella nostra località aiuterebbe a trovare nuovi appassionati, visto che già ci sono ragazze che iniziano a praticare biathlon ad aria compressa, ma come me devono andare fino a Forni Avoltri. Sarebbe comodo avere un poligono più vicino».

Secondo te, qual è il segreto del Friuli Venezia Giulia che da diversi anni sta sfornando diversi atleti?
«Probabilmente sta nel metodo di programmazione e negli allenatori che abbiamo, che non sono sicuramente da sottovalutare. Inoltre qui si è creato un bel gruppo, quando si alza il livello aiuta perché negli allenamenti ci si trascina a vicenda».

Ci descrivi un po’ la tua quotidianità fatta di scuola e lunghi viaggio per allenarti? Come ti sei organizzata? È stato difficile?
«In effetti, ancora oggi non è facile. Da anni, la mattina vado a scuola, mio padre o mia madre passano a prendermi con il cambio in macchina e la pasta preparata, che mangio a volte anche in macchina. Arrivo a Forni Avoltri, faccio allenamento, mi cambio, studio un po’ in macchina sia all’andata che a ritorno, se non è già buio. Torno a casa alle sette/otto, ceno e poi mi metto nuovamente a studiare. Così praticamente quasi tutti i giorni negli ultimi quattro anni. Voglio però ringraziare i miei professori, che hanno compreso la mia situazione e cercano tutt’ora di aiutarmi a far conciliare gli impegni sportivi con quelli scolastici. Senza di loro non so come avrei fatto, anche perché non frequento il Liceo Sportivo della Bachmann, ma il linguistico».

A proposito: quante lingue parli?
«Quattro: spagnolo, inglese, tedesco ed ovviamente italiano».

Complimenti.
«Grazie (ride, ndr)».

Tornando al biathlon: chi è il tuo atleta preferito?
«Ovviamente Johannes Bø, perché ha un talento unico. Non so come faccia, si vede che è nettamente superiore agli altri».

Su cosa ritieni di dover migliorare?
«In particolare voglio lavorare sulla tecnica di sciata, perché è un aspetto che si può e si deve sempre perfezionare. Inoltre ho l’obiettivo di imparare a gestire meglio fiato ed energie durante la gara. Nel tiro, invece, vorrei bloccare un po’ meglio, a volte il colpo va dove vuole».

Migliorare, ovviamente, per arrivare un giorno anche in Coppa del Mondo.
«Da quando ho deciso di passare al biathlon, mi sono subito posta l’obiettivo di diventare un’atleta professionista e gareggiare in Coppa del Mondo. Ho iniziato questo percorso e vorrei riuscire ad arrivare un giorno a questo obiettivo. L’importante è andare avanti passo per passo, restando sempre con i piedi per terra».
Al termine di una stagione positiva, vuoi ringraziare qualcuno in particolare?
«Certamente. Innanzitutto ringrazio il Centro Sportivo Esercito che mi aiuta a crescere e migliorare dandomi il suo sostegno. Ovviamente dico grazie alla mia famiglia, che mi ha seguita passo per passo, agli amici e al Comitato FISI FVG del biathlon. Senza tutti loro non sarei arrivata a questo livello. Non dimentico nemmeno lo sci club del paese, Weissenfels, che mi ha cresciuta e sostenuta. Un grazie va anche alla nazionale, con cui in questi due anni abbiamo fatto un bel lavoro. Infine, ci tengo a ringraziare Mariano Malfitana, che è sempre stato accanto a me e lo fa ancora, guardandomi e sostenendomi da lassù».

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