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Sci di fondo

Sci di fondo – Conosciamo Martino Carollo, vincitore dell’OPA Cup Junior: “Ho lasciato casa per il fondo, ma non è un sacrificio perchè è qualcosa che amo e in cui credo”

Ha lasciato la sua Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, per recarsi in Val di Fiemme e vivere la stagione sportiva come se fosse un professionista. Martino Carollo ha voluto sfruttare al meglio l’opportunità a lui offerta dalle Fiamme Oro, che lo hanno tesserato da aggregato, recandosi dall’altro lato dell’arco alpino per allenarsi con un gruppo composto da atleti esperti come Dietmar Nöckler e Simone Daprà, oltre a Mattia Armellini, Giovanni Ticcò e la stessa Federica Sanfilippo, sotto la guida di Marco Selle.
Una decisione che ha pagato, dal momento che il classe 2003 piemontese, uno dei tanti talenti usciti dallo Sci Club Entracque Alpi Marittime, imponendosi in quattro sprint internazionali che gli hanno consentito di vincere la classifica generale di OPA Cup Junior, ma conquistando anche due titoli italiani juniores.

Il giovane piemontese è stato contattato da Fondo Italia per parlare di questa ultima stagione, ma anche della sua passione per lo sci di fondo che l’ha portato a fare una scelta opposta rispetto a suo fratello Michele, che ha optato invece per il biathlon.

Ciao Martino. Partiamo dalla fine e dall’ultimo weekend della stagione, quello di Dobbiaco, nel quale hai vinto la staffetta dei Campionati Italiani e la team sprint. Un bel modo per chiudere la stagione italiana, nella quale avevi già vinto l’oro nella sprint e l’argento nella 10 km.
«Avevo fatto tutto il possibile per arrivare ancora molto in forma agli Italiani e concludere in bellezza la stagione. Mi aspettavo molto anche dalla mass start da 30 km poi saltata. Mi è un po’ dispiaciuto, perché sapevo di poter ancora fare bene. Sono comunque riuscito a portare a casa delle belle gare, vincendo uno storico oro in staffetta con i miei compagni e la team sprint. Sono stato soddisfatto di come ho gestito le mie frazioni, imponendomi nel finale dopo due belle battaglie con un atleta molto competitivo come Aksel (Artusi, ndr)».

Poche settimane prima, proprio a Dobbiaco, avevi conquistato il primo posto nella classifica generale dell’OPA Cup Junior. Te lo saresti aspettato alla vigilia della stagione?
«Se devo essere sincero, alla prima tappa a Santa Caterina ero arrivato quasi senza aspettative, soltanto con l’intenzione di fare bene nella sprint a skating e difendermi nella 10 km in classico. Invece ho superato le mie stesse aspettative, dal momento che ho poi vinto la sprint e sono giunto secondo nella 10 km. Da lì ho indossato questo pettorale virtuale del leader e dalla tappa successiva ho pensato di tenerlo il più a lungo possibile. La vittoria finale non era un obiettivo, ma quando a gennaio ho visto che ero ancora leader e stavo anche incrementando il mio vantaggio, ho iniziato a crederci concretamente, anche perché il calendario prevedeva alcune sprint, nelle quali avrei potuto ottenere bei punti. Forse pormelo come obiettivo ha fatto si che fossi sempre competitivo, riuscendo a mantenere un livello costante, trovarmi sempre tra i migliori».

Al contrario, l’impressione è che proprio in occasione dei Mondiali Juniores in Canada tu abbia avuto un calo di condizione. Sei dispiaciuto?

«Purtroppo proprio a cavallo tra gennaio e febbraio è stato il periodo della stagione in cui mi sentivo peggio. Ahimè mi sono ammalato a metà gennaio, in concomitanza con gli Italiani a Lago di Tesero, nei quali sono riuscito comunque a ottenere degli ottimi risultati. Sono guarito in un paio di settimane, ma ho faticato a ritrovare subito la forma che avevo fino a un mese prima. I Campionati Italiani di Lago di Tesero e i Mondiali erano gli obiettivi più importanti della stagione, ma sono arrivati nel momento in cui ero meno in forma. In Canada, la sprint è stata la gara più deludente della mia stagione, mentre ho fatto qualcosa di meglio nelle altre due. Ho patito poi anche le due settimane successive, ho faticato tantissimo a smaltire viaggio e fuso orario.
Fossi stato un atleta professionista, molto probabilmente avrei saltato qualche gara, ma in quel momento non potevo permetterlo, tra Italiani di Tesero, OPA Cup Junior in cui ero in testa e Mondiali, non ho avuto la possibilità di saltare delle gare, ma dovevo sempre andare avanti. Fortunatamente per il finale di stagione ho recuperato la condizione e ottenuto ancora ottimi risultati. Mi dispiace proprio tanto non aver potuto fare anche la 30 km».

Hai fatto un bel salto di qualità nell’ultima stagione. Cosa è cambiato rispetto al passato?
«Lo scorso giugno ho finito la scuola con l’esame di maturità. Sapevo che quest’anno sarei stato libero da questo importante impegno e ho cercato di sfruttare questa possibilità per rendere al meglio. Ho concentrato tutte le mie energie sull’allenamento e lo sci. Devo ringraziare tanto le Fiamme Oro per questa opportunità che mi hanno dato aggregandomi, poi sono stato bravo anche io in un secondo tempo a sfruttarla.
Non capita tutti i giorni di trovarsi lì a Moena, allenarsi con un gruppo competitivo formato da atleti professionisti che lo fanno per lavoro. Mi sono trasferito lì in Trentino e ho trovato posti attrezzati con piste da skiroll, ciclabili e tanto altro. Questo ha aiutato.
Abbiamo lavorato proprio bene, come si è visto anche in stagione, perché tutto il gruppo ha ottenuto degli ottimi risultati. Al di là di questi, per me è stato un anno importante proprio per come sono cresciuto come atleta nel suo complesso
, in questo ambiente professionale ho capito cosa significa essere atleta, quanto allenarsi e caricare il fisico, ma anche l’importanza del riposo. Ecco, credo che questo sia il miglior risultato che ho raggiunto, un ottimo punto di partenza per il futuro. I risultati della pista hanno solo confermato che stavo andando nella direzione giusta».
Insomma allenarsi con gente esperta come ad esempio Nöckler ha fatto la differenza.
«Non capita a tutti di allenarsi con Didi (Nöckler), atleta di esperienza e riferimento per tutti, ma anche Ticcò, Armellini, Daprà. Eravamo veramente un ottimo gruppo.
È stato davvero importante, vivendo in caserma, concentrami sugli allenamenti senza alcuna distrazione, togliere anche i viaggi che prima dovevo fare. Ho fatto la vita da professionista.
Quando ho visto che avevo questa possibilità, ho pensato solo a coglierla e sfruttarla al cento per cento».


È stato difficile allontanarsi da casa, lasciare la provincia di Cuneo per vivere a Moena e allenarsi in Trentino?

«No. Sapevo che stavo facendo questa scelta per un motivo importante e raggiungere un obiettivo, quindi ho fatto tutto in funzione di questo. Puoi rinunciare a mangiare certe cose, ad uscire la sera e ad altro, ma se fai tutto ciò per qualcosa che ti piace e in cui credi, non puoi nemmeno chiamarli sacrifici, perché non pesano neanche.
Da almeno due anni volevo avere un’occasione del genere, lavorare sullo sci di fondo nel modo migliore possibile, anche perché da noi in provincia di Cuneo la neve scarseggia sempre di più e gli ultimi anni sono stati difficili. Dalle mie parti, nonostante il grande impegno di tutte le persone legate al comitato e agli sci club, non abbiamo piste da skiroll e dobbiamo cercare sempre le strade meno trafficate per allenarci. Io volevo trovare un posto che fosse funzionale al massimo per gli allenamenti. Poi non ho lasciato Borgo San Dalmazzo, una settimana ogni tanto torno a casa. Per esempio, quando a febbraio c’era abbastanza neve, ne ho approfittato per stare da me ed allenarmi a Entracque, dove trovo
anche altri atleti competitivi con cui sono cresciuto».

Puoi raccontarci come hai iniziato?
«Ho cominciato quando ero molto piccolo, a due o tre anni i miei genitori mi avevano già messo gli sci ai piedi, poi mi hanno presto iscritto allo Sci Club Entracque Alpi Marittime, dove ho iniziato a fare amicizia con gli altri bambini, ad allenarmi e imparare la tecnica.  
Allora ho anche iniziato a gareggiare in mountain bike, oltre che nello sci di fondo. Per un po’ di anni ho praticato entrambi gli sport. Con il tempo, però, si è fatto sempre più difficile portare avanti contemporaneamente le due discipline, anche a causa degli impegni scolastici.
Ho optato quindi per lo sci di fondo, anche perché l’Entracque Alpi Marittime era una seconda famiglia, un gruppo abbastanza numeroso con cui mi trovavo bene, formato da amici.
A quel punto ho praticato sia sci di fondo che biathlon, ho gareggiato in entrambi i circuiti regionali e nazionali. Ho sempre trovato divertente il tiro, ma al contrario di altri coetanei ho preferito lo sci di fondo, perché ha meno incognite e la gestione di gara è diversa.
Voglio ringraziare tanto Amos Pepino e Tommy Custodero che mi hanno fatto crescere e supportato. Se mi trovo dove sono ora lo devo a loro. Mi sono trovato in uno dei migliori ambienti in cui crescere quando sei piccolo, seguito da tecnici di altissimo livello. Se non ti diverti rischi di stufarti quando sei piccolo, invece io ho avuto la fortuna di essere in un gruppo amici ed essere stato anche seguito bene. Tutto ciò ha fruttato».

Al contrario, tuo fratello Michele ha scelto invece il biathlon. Quest’anno addirittura avete vinto a centinaia di chilometri di distanza dei titoli italiani, tu nel fondo e lui nel biathlon.
«Il giorno in cui abbiamo vinto entrambi la medaglia è stato bellissimo. Devo confessare una cosa: io ho sempre sperato che anche lui passasse al fondo, ma se ama di più il biathlon, allora sono contento che lo faccia. Alla fine è un’ottima cosa che facciamo due sport simili, anche perché quando sono a casa possiamo pure allenarci insieme e da fratello maggiore posso anche dargli qualche consiglio. Come me, pure lui poi è aggregato alle Fiamme Oro e abbiamo anche potuto muoverci insieme per salire spesso qui a Moena, anche se lui, essendo più piccolo, non ha fatto questo cambiamento drastico e giustamente vive a casa».

In parte lo hai già fatto nel corso dell’intervista. Al termine di una stagione molto positiva, vuoi ringraziare qualcuno?
«Come ho già detto dico grazie alle Fiamme Oro per l’opportunità. In particolare ci tengo a ringraziare Marco Selle, perché è stato lui a individuarmi già lo scorso anno e iniziare a parlami di questa opportunità. È riuscito a portarmi in questo gruppo e quest’anno è diventato una figura che va oltre quella dell’allenatore, perché c’è sempre stato, dandomi numerosi consigli anche fuori dall’allenamento, facendomi crescere tanto come atleta e anche come persona.
Voglio poi ringraziare anche coloro che mi hanno portato fin qui, lo sci Club Entracque Alpi Marittime e, come ho detto, in particolare Amos Pepino e Tommaso Custodero. Con loro dico grazie anche al Comitato AOC, che ho salutato con le vittorie in staffetta e team sprint, in particolare Andrea Gola, che ha fatto davvero un grande lavoro. Infine grazie ai miei genitori, che ci sono sempre e si alternano sui vari campi gara per seguire me e mio fratello».

Ultima domanda: hai un punto di riferimento nello sci di fondo?
«Nello sci di fondo non ho un atleta preferito, mi piace prendere spunto dal meglio di ognuno, vedere i punti di forza di tutti. Non si può poi nascondere che Klæbo sia il principale punto di riferimento un po’ per tutti, quindi se dovessi scegliere uno, direi lui.
Il mio reale punto di riferimento non arriva però dallo sci di fondo, ma dal pattinaggio velocità, Nils Van der Poel. Un anno e mezzo fa, sono venuto a conoscenza del pdf in cui spiegava tutti i suoi allenamenti e da allora penso di averlo letto almeno quattro o cinque volte. Soprattutto quest’anno è stato lui il mio punto di riferimento. Pur essendo due sport diversi, a volte cercavo di imitare alcune cose, perché mi motivava pensare ciò che lui aveva fatto. Lui è il mio idolo, la persona a cui mi ispiro tanto, questo ultimo anno sia in estate che in inverno, il suo testo mi ha aiutato tanto».

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