Il FIS Development Programme è uno dei fiori all’occhiello della Federazione Internazionale dello Sci e dello Snowboard, che con esso ha l’obiettivo di supportare le federazioni delle nazioni che ne hanno più bisogno, proponendo loro una possibilità di crescita tecnica attraverso incontri e allenamenti organizzati dalla FIS.
Nello sci di fondo, questo progetto viene portato avanti da una squadra formata esclusivamente da italiani. Già diversi anni fa il progetto legato allo sci di fondo venne affidato a Sandro Pertile che aveva così formato un team tutto tricolore, che comprendeva al suo interno Magda Genuin e Carlo Zoller, ai quali nel corso degli anni si sono aggiunti Alessio Giancola, Matteo Betta e Alberto Rigoni.
Proprio quest’ultimo, che coordina e allena i giovani dello sci di fondo dell’US Asiago, ha preso poi le redini del progetto su indicazione di Sandro Pertile, quando quest’ultimo ha lasciato per diventare race director del salto con gli sci, un ruolo di assoluto prestigio.
Al suo fianco, oltre a Genuin, Giancola e Betta, Alberto Rigoni ha voluto anche il campione dello skiroll, Emanuele Becchis.
È quest’ultimo a parlarci del FIS Development Programme: «È un progetto nato per aiutare e cercare di far sviluppare lo sci di fondo nelle nazioni emergenti, che non hanno grande tradizione. Ad esso possono partecipare le nazioni più piccole, in quanto si tratta di un progetto di sviluppo. Nei camp che si svolgono in estate e in inverno, vi sono due atleti per ogni nazione, un uomo e una donna per assicurare la parità di genere, a cui la FIS tiene molto, e un tecnico per ogni nazione che accompagna. L’idea è di supportarli soprattutto dal punto di vista tecnico, dargli indicazioni in questo aspetto, dal momento che è più facile trovare supporto sulla preparazione atletica che su quella tecnica.
Inoltre, come accaduto lo scorso settembre a Planica, vi è anche un corso riservato esclusivamente ai tecnici».
La partecipazione in estate è stata alta e a dicembre si replicherà in Val di Fiemme, come da abitudine, dall’11 al 19. «Tra estate e inverno hanno frequentato i camp circa trenta nazioni. Come continente, l’unico a non essere stato rappresentato è l’Oceania, ma per il resto sono arrivati atleti da nazioni come Sudafrica, Mongolia, Argentina, Cile, e tante altre. A settembre abbiamo anche avuto una giovanissima classe 2009 dal Portogallo. Anche se sulla carta i camp sono riservati agli Under 20, in età da Campionato del Mondo Junior (quest’anno dal 2007 al 2003), la giovane portoghese è stata accettata per cercare di promuovere lo sci di fondo anche tra i lusitani».
Questo progetto ha già portato alcuni atleti di buon livello, anzi anche ottimo nel caso della lettone Patricja Eiduka. «Anche lei in passato ha partecipato a questi camp e si capiva subito che aveva qualcosa in più, un’altra marcia proprio dal punto di vista mentale. Le vedevamo prendere sempre appunti durante l’analisi video, aveva quel qualcosa che ti porta avanti. Ecco, lei è proprio l’esempio che questo progetto funziona.
Ma oltre a lei, ci sono altri esempi di atleti che hanno fatto bene, arrivando in Coppa del Mondo e alle Olimpiadi. Per esempio i libanesi Samer ed Elie Tawk. Mi diceva Alberto (Rigoni, ndr), che il primo era arrivato nel 2016 che nemmeno sapeva fare sci di fondo perché proveniva dall’alpino. Nel 2018 si era già qualificato per le Olimpiadi. Il cugino, classe 2002, ha seguito poi la sua scia. A Pechino è andata anche una giovane argentina del 2004, Nahiara Diaz Gonzalez».
Al di là del viaggio, che è a carico delle Federazioni, atleti e tecnici non devono pagare nulla, perché alloggio e assistenza sono gratuite. «Solitamente facciamo due camp l’anno con gli atleti – ha spiegato Emanuele Becchis – uno all’inizio di settembre e l’altro dopo l’8 dicembre. Sono otto o dieci giorni a seconda del budget. Si è sempre fatto in Val di Fiemme ed ora, con le Olimpiadi alle porte, è anche naturale proseguire a farlo lì, dove si può costruire un sogno a cinque cerchi per questi atleti. La data è anche utile perché proprio in quelle settimane ci sono delle gare FIS e di OPA Cup in centro Europa e possono parteciparvi».
A settembre, invece, si è svolto un corso diverso a Planica, riservato solo ad allenatori: «Abbiamo fatto una cosa nuova, il primo camp esclusivamente dedicato ai tecnici, uno step successivo. Planica è stata scelta non a caso, dal momento che ospiterà il Mondiale di questa stagione. Il riscontro è stato molto positivo, quasi quaranta iscritti provenienti da quindici nazioni diverse, sempre con equa distribuzione tra uomini e donne».
Un’esperienza che sta dando tanto ad un atleta vincente ma anche allenatore ancora giovane come Emanuele Becchis: «Questo progetto mi sta lasciando tanto, permettendomi di crescere anche come allenatore, perché mi trovo di fronte ad atleti e atlete che hanno tanta voglia di imparare ed allenarsi, tocca quasi costringerli a fermarsi. Tutti vogliono capire sempre di più dal punto di vista tecnico. Iniziamo solitamente alle 9 di mattina per chiudere alle 11, ma mai si torna in albergo prima delle 12 perché continuano a chiedere e a voler provare. Inoltre si è creato un bel rapporto che va avanti anche quando si è lontani, perché attraverso i social scrivono spesso per porre domande o altro. È bello vedere che si crea un gruppo formato da persone che vivono in continenti diversi e si creano legami di amicizia. Quando poi ti incontrano in gare FIS vengono sempre a salutarti, ti fanno festa. È emotivamente coinvolgente».
Insomma Emanuele Becchis, oggi atleta e allenatore dello Sci Club Entracque Alpi Marittime, che dedica allo sport tanto del proprio tempo libero anche per aiutare i giovani a migliorare, sa cosa significa seguire una passione e forse è ciò che ancora di più gli fa amare questi giovani.