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Sci di Fondo – Markus Cramer: “Il mio è un progetto quadriennale, l’obiettivo è una medaglia in un evento a squadre nel 2026”

È sempre attento mentre segue i suoi atleti a bordopista, anche durante un pomeriggio a ritmi lenti sugli skiroll. Markus Cramer non lascia nulla al caso, osserva i suoi atleti, posizionandosi in diverse zone del tracciato e cerca di curarne i particolari. L’allenatore tedesco si mette sopra a un tornante per osservare da vicino le traiettorie fatte dai componenti della sua squadra e nel giro successivo è pronto a dare alcuni suggerimenti, come fa subito dopo con Caterina Ganz e Anna Comarella, curando con loro il dettaglio di come affrontare le curve in discesa, approfittando proprio di un allenamento a ritmi bassi per provare a migliorare sotto questo aspetto. Segno anche di quanto l’allenatore tedesco tenga particolarmente alla squadra femminile, come aveva già fatto nel corso della sua avventura in Russia.
Nel pomeriggio, poi, mentre gli atleti sono in camera a riposare, Cramer prende un tè e siede all’interno del piccolo bar del Dolomiti Apart & Rooms di Passo di Lavazè per studiare i programmi e lavorare con il computer.
Molto gentilmente, dopo un breve colloquio con il dt Stauder, che ha fatto visita alla squadra per osservare da vicino come sta procedendo la situazione, il nuovo allenatore azzurro ci fa sedere al suo tavolo per una lunga intervista che abbiamo diviso in due parti.

Cramer è partito dall’attualità, facendo il punto della situazione sulla preparazione. «Fin qui è stato un buonissimo inizio – ha affermato – è stato importante iniziare a maggio con il raduno di Dobbiaco, nel quale con noi erano presenti anche gli atleti del gruppo Milano-Cortina 2026, così abbiamo potuto dettare la nostra “linea rossa”, spiegare la nostra metodologia di preparazione e le nostre idee sull’allenamento. Con Renato (Pasini, ndr) e Fulvio (Scola, ndr) stiamo lavorando insieme, ognuno con il proprio gruppo ma seguendo una linea comune, che chiamo linea rossa. Nel corso del primo raduno abbiamo avuto tanti incontri per spiegare cosa vogliamo. Successivamente, noi della Squadra A siamo stati in Svezia e Norvegia, perché è importante avere tanti raduni in montagna qui in centro Europa, ma lo è altrettanto lavorare su un terreno più pianeggiante, soprattutto per allenamenti lunghi di corsa».

Lunghi raduni di tre settimane in Nord Europa, tanta corsa e tanto volume nella prima settimana, sono solo alcune delle novità che ha portato.
«Sto provando a cambiare qualcosa, certamente, e sono contento, al momento, perché vedo il gruppo ben motivato e siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati. Ovviamente, vedremo poi come andranno le cose in inverno, perché è allora che avremo bisogno di buoni risultati. Sono però consapevole che non è possibile fare un grandissimo salto in un solo anno, ma dovremo compiere un passo alla volta, perché l’obiettivo principale sono le Olimpiadi del 2026».

Il suo è quindi un progetto quadriennale mirato ai Giochi del 2026?
«Si, non è un progetto a breve termine ma quadriennale, puntiamo a finalizzare il lavoro per il 2026, anche se già ai Mondiali di Trondheim 2025 dovremo essere vicini al podio. Alle prossime Olimpiadi, vorrei ottenere una medaglia negli eventi a squadre, questo è l’obiettivo principale e, sono sicuro, anche possibile».  

Tutte le squadre azzurre si stanno allenando seguendo quella “red line” da lei impostata. Com’è il suo rapporto con gli allenatori degli altri gruppi della nazionale?
«Quando si è concretizzata l’opportunità di allenare l’Italia, per me era importante avere prima di tutto un incontro con gli allenatori che avrebbero potuto lavorare con me. C’erano ovviamente Renato (Pasini, ndr) e Fulvio (Scola, ndr). Ho esposto loro la mia linea, la metodologia di lavoro e la direzione da seguire. Per me era importante che fossero pronti a seguirmi su questa “linea rossa”, volevo capire se erano d’accordo con le mie idee. Stava a loro scegliere se seguirmi o meno. Entrambi hanno affermato di essere pronti a farlo e siamo partiti bene, facendo già diversi buoni passi in occasione dei nostri vari colloqui e del primo raduno. Ovviamente abbiamo bisogno di lavorare ancora un po’ insieme per conoscerci meglio. Per me era però fondamentale che il Gruppo Milano-Cortina avesse due allenatori sulla stessa linea. Lo stesso vale per i giovani, dove c’è Luciano (Cardini, ndr), che conosco da tempo e fa un buon lavoro. Abbiamo sempre un buon dialogo. Con loro condividiamo i programmi dei raduni e del lavoro che gli atleti devono svolgere a casa. Se vedo che qualcosa, a mio parere, non segue al meglio la linea rossa, ci sentiamo e insieme valutiamo eventuali cambiamenti. Non sono qui solo per dirigere il mio gruppo, ma auspicabilmente per ottenere buoni risultati in futuro, quindi anche con gli atleti più giovani che oggi si allenano nelle altre squadre. Per quella che è l’esperienza da me maturata con diverse squadre e in varie nazioni, sono convinto che in Italia si possa fare meglio rispetto agli ultimi anni».

Si lavora con una linea comune anche per agevolare il futuro passaggio in Squadra A degli atleti che oggi fanno parte degli altri gruppi?
«Certo, non deve esserci una grande differenza nella metodologia di allenamento, affinché, pur cambiando gruppo, gli atleti possano continuare normalmente a seguire la linea del lavoro già fatta».

Come mai ha scelto di lavorare con un gruppo formato sia da uomini che da donne?
«In quanto ritengo sia il modo migliore di lavorare, soprattutto per le donne, ma anche per gli uomini. Ne sono sempre stato convinto e nel corso della mia esperienza ho visto anche che i risultati hanno confermato questa mia idea. Vi racconto un episodio accaduto nella mia esperienza in Russia. Nel 2015, Elena Välbe mi chiese cosa, secondo me, stesse accadendo alle atlete della nazionale russa. Lei voleva capire come far tornare la squadra femminile agli alti livelli del passato. Io le risposi che avevo visto il gruppo femminile allenarsi, le avevamo incontrate in un paio di raduni, erano quindici donne in un unico gruppo e senza grandi motivazioni. Le proposi quindi di mischiare i gruppi perché ero convinto che in quella maniera avrebbero ritrovato motivazioni, in quanto avrebbero avuto la possibilità di avere anche gli uomini come punto di riferimento. Lei si è subito convinta e mi ha detto: “Ok Markus, faccio entrare delle ragazze nel tuo gruppo”. Così ha fatto e l’anno successivo ai Mondiali di Lahti abbiamo vinto la medaglia d’argento nella team sprint con Matveeva e Belorukova, che dopo una sola stagione era già un grande passo. Ora tutti i gruppi della nazionale russa hanno delle donne al loro interno, da quest’anno anche quello di Oleg Perevozchikov che solitamente aveva solo uomini (ride, ndr)».

Entriamo nei particolari della sua squadra. Iniziamo dai cinque uomini.
«Ovviamente Federico Pellegrino è davvero fondamentale nel nostro gruppo, è il leader, aiuta tutti spiegando loro cosa è importante in un allenamento. Lui ha ottenuto grandi risultati nel corso della sua carriera perché, oltre al talento, è molto ben organizzato, ha sempre grandi motivazioni, fa tutto al 100% e bene. È bello avere un atleta del genere nel gruppo.
Defa (De Fabiani, ndr) si è allenato per la prima volta con me nella passata stagione e per lui era stato un grande cambiamento. Non sono contento dei risultati che abbiamo ottenuto l’anno passato, al di là del Tour de Ski, quando era in buona forma, ma è caduto, ha rotto lo sci e tante altre sfortune. Sono sicuro che possa fare molto meglio rispetto all’anno scorso. So che in Italia tutti lo aspettate. Io credo che ora abbia capito bene quali sono le mie richieste e si sia adattato ai miei metodi, mentre lo scorso era un po’ preoccupato di fare questo grande passo. Noto che non ha problemi ed è molto motivato, più sicuro del lavoro che sta facendo.
Davide Graz sappiamo che è un grande talento, come dimostrano i risultati da lui ottenuti nelle categorie giovanili. Possiamo augurarci che la preparazione continui così, non si ammali o non abbia altre problematiche che possono sempre accadere, perché credo possa fare presto un grande passo nella direzione giusta. In futuro sono sicuro che questo ragazzo possa diventare l’uomo leader dello sci di fondo italiano, che possa ottenere davvero buoni risultati. Facciamo però un passo alla volta, bisogna avere pazienza, poi, quando otterrà i primi buoni risultati, bisognerà essere bravi a tenerlo sempre con i piedi per terra e continuare a fare tutto un passo alla volta.
Per quanto riguarda Salvadori, è un grande lavoratore, fa tutto ciò che gli viene richiesto dando tutto. Sono sicuro che un atleta in grado di fare bene come ha fatto lui nella 50 km di Holmenkollen, possa farlo con continuità. Se lo fai una volta, puoi ripeterlo. Discorso simile anche per Ventura, un atleta importantissimo negli equilibri del gruppo, un altro grande lavoratore. Sono convinto possa iniziare a salire di livello, ma anch’egli un passo alla volta»
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E le due donne del gruppo?
«Caterina (Ganz, ndr), soprattutto in classico, ha tutto per fare bene. Sicuramente deve fare più allenamenti sulla forza, perché ha un buon motore, un corpo ideale per la tecnica classica ma ha bisogno di più forza. Ci stiamo lavorando, ma serve tempo. Stesso discorso anche per Anna, entrambe con maggiore allenamento sulla forza, possono ottenere buoni risultati. Ma un passo alla volta. Bisognerà fare vari step, entrare sempre nelle 30, poi nelle 20 e poi salire fino ad arrivare alla top ten. Ovviamente non è pensabile tutto in una stagione, ci vuole il tempo necessario. Sia le atlete che le persone attorno devono capire che serve il tempo. Sono però sicuro che si possa arrivare a ottenere questi risultati. Stesso discorso anche per le atlete azzurre degli altri gruppi».

Dopo aver perso Scardoni e Laurent siete rimasti con sole due donne nel gruppo. È un problema? Come mai non avete deciso di promuovere due atlete dal gruppo Milano-Cortina?
«Sicuramente alla vigilia avevamo in programma di partire con quattro atlete, ma sia Greta che Lucia aspettano un bambino, una cosa bellissima nella vita. Quando è stato chiaro che non avrebbero fatto più parte del nostro gruppo, abbiamo deciso di andare avanti con due atlete senza prenderne alcuna dal Gruppo Milano Cortina 2026. A Ruka andremo con queste due atlete, mentre le fondiste della squadra Milano-Cortina andranno in OPA Cup, dove se faranno risultati di livello, avranno le porte aperte per la Coppa del Mondo. Prima però dovranno dimostrare di essere all’altezza, ma è possibile anche fare il percorso inverso, se non si ottengono risultati in Coppa del Mondo, anche perché non è bello continuare ad andare in Coppa del Mondo quando sei in quarantesima o cinquantesima posizione».

La nazionale femminile non manda almeno un’atleta sul podio di Coppa del Mondo dal marzo 2011, quando Arianna Follis vinse l’inseguimento a Falun. Secondo lei, quanto tempo bisognerà aspettare prima che l’Italia ritrovi il podio anche al femminile?
«2011? È tanto tempo (sorride dall’incredulità voltandosi verso Stauder, ndr)! Nulla è mai troppo lontano, in quanto nello sport è sempre tutto possibile, ma ovviamente siamo consapevoli che ci vorrà del tempo. Certo, tutti vorremmo che questo risultato arrivasse entro due o tre anni, ma ripeto diamo il giusto tempo. Non è troppo lontano, noi lavoriamo per questo».

Alla fine della sua avventura alla guida dell’Italia, tra quattro anni, sarà soddisfatto se?
«Partendo dall’ultima cosa di cui abbiamo parlato, intanto se avremo le donne vicino al podio, ma soprattutto se riusciremo ad avere conquistato una medaglia in un evento a squadre con uomini o donne. Anche per Defa e Pelle sarebbe qualcosa di grande. Da anni la Francia sale sul podio in staffetta ai Mondiali o alle Olimpiadi, allora perché non può riuscirci l’Italia. È possibile, siamo qui per questo. Sicuramente è un obiettivo alto, ma dobbiamo lavorare per raggiungerlo. Se ci riuscissimo, terminata la mia avventura con l’Italia, potrei tornare a casa felice». 
Domani pubblicheremo la seconda parte dell’intervista, nella quale Cramer esprime il suo pensiero sullo sci di fondo italiano.

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