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Intervista a Sambugaro, nuovo coordinatore di salto e combinata nordica: “Il primo obiettivo è aumentare i numeri”

Tra Kuopio e Wisla, partirà ufficialmente la stagione del salto con gli sci e gli atleti italiani saranno impegnati in campo internazionale per la prima volta dopo lo stop anticipato della passata stagione. Quelle del weekend saranno anche le prime gare ufficiali per il nuovo coordinatore di salto e combinata nordica, il cinquantaseienne Sandro Sambugaro.
    
Veneto, di Asiago, cresciuto nello Sci Club Gallio, Sambugaro è stato atleta della nazionale azzurra partecipando a due Olimpiadi, Sarajevo 1984 e Calgary 1988, vincendo anche un bronzo alle Universiadi del 1985 ed arrivando nono ai Mondiali del 1987. Ritiratosi ad appena venticinque anni, Sambugaro ha prima allenato lo sci club locale, poi per diverse stagioni si è dedicato alla nazionale giovanile di salto. Dopo la nascita della seconda figlia ha lasciato la sua carriera da allenatore, diventando finanziere. Nello stesso periodo ha fatto il corso per diventare delegato tecnico, è stato direttore di gara alle Olimpiadi di Torino, ai Mondiali di Liberec e quelli in Val di Fiemme del 2013. Lui e Sandro Pertile sono stati per anni i due italiani che hanno fatto parte del gruppo di delegati al seguito della Coppa del Mondo. La sua passione per la disciplina è grande, come notiamo quando ci mettiamo in contatto con lui per intervistarlo e conoscere così il sostituto di Federico Rigoni, direttore tecnico del settore salto e combinata nelle tre stagioni precedenti.

Buon pomeriggio Sambugaro. Innanzitutto può spiegarci in cosa consiste il ruolo di coordinatore tecnico? Cambia qualcosa rispetto a direttore tecnico?
«No, è diversa solo la parola, il lavoro ed il suo fine sono identici. Devi impegnarti, seguire le squadre, star loro vicino, parlare con gli allenatori ed organizzare. Bisogna seguire tutto con attenzione, per esempio la scorsa settimana mi sono recato al CeRism di Rovereto, approfittando della presenza degli atleti della combinata nordica, anche per capire meglio come implementare la cosa. Un coordinatore, come il direttore tecnico, deve anche comprendere cosa è utile per la disciplina, proporre cose nuove e portare miglioramenti alle squadre».

Ci può parlare della chiamata del presidente Flavio Roda? Cosa ha pensato quando le hanno proposto di collaborare con la FISI?
«Premetto che già in passato la FISI mi aveva contattato per altri ruoli, ma non avevo mai accettato in quanto stavo svolgendo ancora il servizio operativo alla Finanza. Lo scorso febbraio sono andato in pensione ed a causa del covid la FIS mi ha cercato per seguire diverse competizioni nel finale di stagione. Sono praticamente stato occupato fino a fine marzo, poi il 1 aprile mi ha chiamato il consigliere Dal Pozzo per propormi questo ruolo. Ammetto che inizialmente pensavo fosse uno scherzo. Prima di accettare ho aspettato un po’, perché volevo capire cosa avrei potuto portare alla FISI, volevo essere certo di essere adatto a questo ruolo. Nel frattempo ho anche avuto l’opportunità di incontrare Roda ed a maggio ho accettato. Ho deciso di mettermi in gioco, dopo aver capito di poterlo fare al cento per cento. So di avere un ruolo di responsabilità e ci ho pensato tanto perché volevo essere sicuro di poter lavorare bene».

Quali sono le sue idee per il movimento azzurro? Quali gli obiettivi?
«Per il momento non ho voluto stravolgere quanto fatto da chi mi ha preceduto, perché non avrebbe avuto senso cambiare quanto fatto nei tre anni precedenti, non ne sarebbe valsa la pena nell’anno olimpico. Sto cercando di portare ottimismo ed energia agli atleti e al sistema, mostrandomi tanto vicino a loro. Per quanto riguarda gli obiettivi, in termini di risultati, credo che possiamo fare abbastanza bene nella combinata nordica maschile, soprattutto nella gara a squadre. Nel salto maschile ci sarà molto da lavorare. Ritengo che abbiamo degli atleti con buone capacità, ma al momento non possiamo certo parlare di medaglie o grandi piazzamenti. Dobbiamo solo metterci il massimo impegno, lavorare, diventare una buona squadra. Voglio che gli atleti capiscano cosa possono fare e lo facciano».

Nella prossima stagione, la combinata nordica femminile troverà ancora più spazio in Coppa del Mondo. Cosa pensa di questo settore? L’impressione è che l’Italia sia a buon punto.
«Lo scorso anno le nostre atlete hanno ottenuto dei buoni piazzamenti in ambito internazionale, facendo bene sia in Coppa del Mondo che al Mondiale. Inoltre mi è piaciuta la loro costanza di rendimento. L’Italia si è mossa bene partendo prima rispetto ad altre nazionali, che sono destinate però a crescere e saranno quindi molto competitive in futuro. Dobbiamo quindi tenere i piedi ben saldi a terra, lavorare tanto e bene, cercando di sfruttare al meglio questo vantaggio che siamo stati bravi a crearci».

Il prossimo weekend le sorelle Lara e Jessica Malsiner saranno al via del Grand Prix a Wisla. Qual è lo stato di salute del settore femminile?
«Abbiamo queste due ragazze che sono abbastanza competitive, in grado di ottenere dei buoni piazzamenti, a mio parere anche una top ten olimpica. Il problema è che oggi non abbiamo però una squadra, perché purtroppo da quattro atlete siamo rimasti solo con loro due. I ritiri di Elena Runggaldier e Manuela Malsiner ci hanno certamente messo in difficoltà. Ci sarà quindi da lavorare sul settore giovanile per rilanciarsi come squadra. Purtroppo abbiamo dei numeri differenti rispetto ad altre nazioni. Nello stesso discorso ci metto anche la combinata nordica».

Come si può risollevare il movimento del salto con gli sci in Italia?
«Bisogna innanzitutto ricordarsi che il salto con gli sci non ha mai avuto grandi numeri nel nostro paese, però dobbiamo porci l’obiettivo di raddoppiare quelli attuali. Bisogna lavorare bene assieme ad alcuni centri e certi sci club o località che vogliono rilanciare questa disciplina, come per esempio Dobbiaco, dove hanno già alcuni bambini. Io e Carlo dal Pozzo ci recheremo lì per incontrare l’Amministrazione locale, in quanto vogliono portare avanti un certo discorso di rilancio. Inoltre, ci terrei particolarmente a rilanciare l’Altopiano di Asiago, in passato fucina di atleti. Questi sono i nostri primi due passi da fare: proseguire il discorso iniziato a Dobbiaco e rilanciare Asiago, che ovviamente è un mio pallino. Mi auguro che l’amministrazione locale ci ascolti, altrimenti dovremo cercare altri posti, magari Cortina».

Dal prossimo anno Predazzo dovrà effettuare alcuni lavori di ristrutturazione e non sarà a disposizione per tre anni. Come cercherete di superare questo progetto?
«Sicuramente sarà una perdita pesante, una difficoltà in più. Fortunatamente gli atleti sono tutti nel Nord Est, quindi non sarà un problema spostarsi a Tarvisio, che ci offre anche l’opportunità di recarci a Planica o Villach».

Quanto è importante una figura come Felder all’interno dello staff tecnico?
«È una fortuna. Quest’anno abbiamo già svolto alcuni raduni insieme e sono rimasto positivamente colpito da lui, perché è una persona molto schietta, non racconta frottole ma sempre la verità. Non si fa problemi a dire agli atleti ed alle atlete anche cose che possono sembrare pesanti, ma sa metterli nella condizione di capire che sono loro a saltare e non hanno alcuna scusa. Se le cose non vanno bene, le colpe non sono di ciò che è al loro esterno. La sua presenza è importante anche per i nostri allenatori, parla spesso con Colloredo, Morassi e Di Lenardo. Vedo uno staff piuttosto unito. Vogliamo far capire agli atleti che noi stiamo facendo tutto per loro e devono quindi fare sempre il cento per cento soprattutto per se stessi, senza perdersi in cose che non servono a nulla. Anche nella combinata nordica ho trovato veramente un bel gruppo, sia al maschile che al femminile. Tutti lavorano bene, sono coesi e convinti».

Come mai le donne del salto gareggeranno nel Grand Prix di Wisla, mentre gli uomini salteranno in FIS e Continental Cup a Kuopio?
«È stata una scelta fatta da chi tiene atlete e atleti davanti agli occhi ogni giorno, Felder e Morassi. Io ho avallato la loro decisione».

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