Arriva a Tirrenia con un paio di giorni di ritardo, come previsto, portando in pulmino Davide Graz, Giandomenico Salvadori e Simone Mocellini, tre atleti che come lui fanno parte delle Fiamme Gialle. Fulvio Scola ed i tre azzurri hanno ricevuto in mattinata la seconda dose del vaccino, per poi raggiungere immediatamente il Centro di Preparazione del CONI ed unirsi al resto degli atleti che compongono le squadre A e Milano-Cortina 2026.
Appena sceso dal pulmino, cerca subito la sistemazione, ci dà appuntamento per l’intervista, ma prima vuole parlare con la nuova fisioterapista della squadra maschile, Ottavia Maffei, giovane ma con esperienza ad altissimo livello, appena entrata nel mondo FISI dopo aver avuto il ruolo di fisioterapista nella Juventus che sta dominando il calcio femminile. Da questo piccolo particolare si coglie la meticolosità di Scola, deciso a non sottovalutare alcun particolare.
In fin dei conti anche per lui è una grande responsabilità quella che gli è stata affidata dal nuovo direttore agonistico Freddy Stauder, che l’ha messo alla guida della Squadra A di sci di fondo, proprio nell’anno olimpico. L’allenatore veneto guida un gruppo di cinque atleti, composto da Davide Graz, Michael Hellweger, Simone Daprà, Paolo Ventura e Giandomenico Salvadori. I primi quattro li ha già allenati lo scorso anno, quindi ha il vantaggio di conoscerli e poter dar loro continuità cercando di raccogliere i frutti di quanto impostato nella passata stagione, anche se l’obiettivo non è solo rivolto all’immediato, mentre per Salvadori vale un discorso diverso, trovandosi proprio nell’età di massima maturazione agonistica.
Con il tecnico azzurro parliamo quindi della nuova Squadra A, delle sue aspettative e di come è stato organizzata la preparazione in vista di una stagione molto importante. Scola appare molto convinto delle sue idee, felice del gruppo che sta nascendo e della collaborazione con Stefano Saracco, allenatore del gruppo Milano-Cortina 2026.
Buon pomeriggio Scola. Dal punto di vista personale, cosa significa per lei guidare la Squadra A nell’anno olimpico?
«Certamente sento una grande responsabilità. Da un lato c’è tanta voglia di fare bene, ma anche un po’ di emozione e tensione perché si tratta di una stagione olimpica, quindi diversa dalle altre, nella quale abbiamo anche i riflettori puntati addosso. Dall’altro sono molto felice ed orgoglioso di aver ricevuto la fiducia del nuovo direttore agonistico».
Come mai avete deciso di allenarvi sempre insieme al gruppo Milano-Cortina 2026?
«Quest’anno abbiamo provato a cambiare qualcosa, come richiesto anche dal presidente, per vedere se si riesce un po’ a sbloccare la situazione di stallo in cui è finito lo sci di fondo italiano negli ultimi anni. Abbiamo pensato di lavorare non tanto per squadra, ma per genere, formando un gruppo unico femminile, idea che era in piedi da anni, e di fare più o meno lo stesso anche per la maschile. Ovviamente, con i maschi non potevamo fare un unico gruppo, visti i numeri, ma allenarci assieme con due gruppi distinti, la Squadra A seguita da me e l’altra da Saracco».
Questo è stato fatto anche per aiutare i giovani del gruppo Milano-Cortina 2026, che in caso di convocazione in Coppa del Mondo ritroverebbero uno staff tecnico che già conoscono bene?
«Uno dei motivi è questo, l’altro è creare un po’ di concorrenza interna e allo stesso tempo dare anche una linea comune, al di là poi di alcune idee specifiche di ogni singolo allenatore. Sono molto contento di poter collaborare con Saracco, che conosco già da quando ero atleta, visto che era il mio allenatore. Lui ha più esperienza di me, anche in campo internazionale ha allenato atleti molto forti. Per me rappresenta un valido punto di riferimento con cui discutere di allenamento, programmazione e tutto ciò che riguarda il nostro lavoro».
Si trova ad allenare un gruppo piuttosto variegato, con atleti che vanno dal 1992 al 2000. Immagino anche gli obiettivi siano diversi.
«Si, anche se quattro su cinque erano già nel mio gruppo Milano-Cortina lo scorso anno. Il loro obiettivo rimane comunque più o meno lo stesso, la crescita a medio termine. Poi è chiaro, che quando sei in Squadra A in una stagione olimpica, l’obiettivo è anche nell’immediato, i Giochi di Pechino. Dobbiamo fare bene assolutamente. Per quanto riguarda Giando (Salvadori, ndr) ha già 29 anni, quindi, il suo obiettivo sarà confermare quanto fatto in passato, cercando di trovare la top venti con maggior continuità».
Crede che Salvadori possa essere aiutato da questo nuovo ruolo di punto di riferimento del gruppo?
«Sicuramente, come ho detto a lui in occasione del primo raduno, sono contento di averlo nel gruppo perché è un ragazzo molto serio e meticoloso, con più esperienza rispetto agli altri. Spero sia un punto di riferimento per i più giovani, soprattutto per far capire loro la gestione dell’allenamento, un particolare che è sempre difficile da insegnare. Su questo aspetto tante volte si impara più guardando gli altri atleti che ascoltando l’allenatore. Spero che anche a lui faccia bene lavorare con i giovani, anche per avere magari uno stimolo diverso rispetto agli ultimi anni in cui si allenava con atleti della sua età o anche più vecchi». .
Come sempre ci sono tante aspettative su Davide Graz e questo potrebbe forse averlo penalizzato nella passata stagione. Ha dato qualche consiglio al suo atleta per gestire anche questo aspetto?
«Non è un segreto che lo scorso anno ci fossero tante aspettative nei suoi confronti, motivate anche dalle sue performance nel corso della stagione estiva. In inverno, le cose non sempre sono andate come avremmo voluto. Ne ho parlato tanto con lui, consigliandogli soprattutto di provare a rimanere tranquillo e percorrere la sua strada, senza farsi condizionare dalle aspettative esterne e di tarare le sue sul percorso che sta seguendo, senza guardare cosa fanno i suoi coetanei delle altre nazioni. Nel nostro sport si eccelle a 27-28 anni, la strada è molto lunga ed il percorso per arrivarci è diverso per tutti. Se quest’anno dai suoi coetanei qualche volta le ha prese, ciò non vuol dire che sia più scarso, ma semplicemente che il suo percorso è diverso. L’ho quindi invitato a restare tranquillo, lavorare sui suoi punti di forza, migliorare quelli deboli e fare la sua strada, senza fretta di ottenere subito il risultato».
Michael Hellweger ha dichiarato ai nostri microfoni di voler alzare l’asticella ed entrare con continuità anche in semifinale. Cosa deve fare per riuscirci?
«Lo scorso anno, Michael ha fatto un bel salto di qualità, soprattutto nelle sprint più dure, come in Val Müstair che credo sia una delle più toste del circuito. Dobbiamo lavorare ancora sulla resistenza, che sappiamo essere il suo punto debole, senza però esagerare rischiando di perdere poi un po’ di brillantezza per la qualificazione. Ci siamo dati questo obiettivo e cerchiamo di seguirlo step by step. Lui è contento della scorsa stagione, molto motivato, quindi ci stiamo allenando bene»
Chiudiamo con gli altri due elementi del gruppo, i trentini Paolo Ventura e Simone Daprà. Secondo lei di cosa hanno bisogno per fare quel salto di qualità che ci si aspetta da loro?
«Sono ancora in quella fascia d’età, attorno ai venticinque anni, in cui si hanno degli anni davanti per crescere. Credo che per loro sia importante aver fiducia nelle proprie qualità, restare tranquilli, fiduciosi nel lavoro che stiamo facendo. Devono fare uno step più mentale che fisico, perché fisicamente sono degli ottimi atleti, ma devono prendere consapevolezza di poter competere a buoni livelli. Secondo me, l’anno scorso, Paolo (Ventura, ndr) uno step in questa direzione l’ha già fatto, in quanto al Tour de Ski ha dimostrato con regolarità di potersela giocare, mostrando un’ottima continuità. Questo al di là dell’assenza dei norvegesi. Simone (Daprà, ndr) ha fatto più fatica. Secondo me deve lavorare molto dal punto di vista mentale e riuscire ad avere maggiore fiducia nelle proprie qualità».
L’impressione è che lei creda molto in questo gruppo.
«Sicuramente, sono il nostro futuro ed anche il nostro presente. Ma oltre i miei atleti ed il gruppo Milano-Cortina 2026, non dobbiamo dimenticarci gli atleti della squadra osservati, che l’anno scorso hanno dimostrato un ottimo livello e credo sia un bene creare un confronto tra tutti. Insieme al direttore agonistico Stauder, abbiamo deciso di lasciare le porte aperte a tutti, anche agli atleti fuori dalle nazionali e in particolare gli Osservati, cercando di creare quella concorrenza che possa aiutarci ad alzare un po’ l’asticella».