A livello giovanile ha vinto tante medaglia, a partire dal bronzo nella staffetta mista agli YOG del 2016, i due ori individuali e il bronzo in staffetta ai Mondiali Youth di Brezno nel 2017, fino all’argento in staffetta mista agli Europei Juniores del 2018, mentre da senior ha colto alcuni buonissimi piazzamenti in IBU Cup nel 2019 e qualche top ten nell’ultima stagione. Irene Lardschneider rappresenta una delle atlete con maggiore potenziale tra quelle nate nella seconda metà degli anni ’90. Per questo motivo, lavorando anche in ottica Milano-Cortina 2026, oltre che Pechino 2022, la direzione agonistica del biathlon italiano ha deciso di darle una grande opportunità inserendola nella Squadra A, insieme alla compagna di mille avventure, Michela Carrara, e due stelle del biathlon mondiale come Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi.
Per la “fiamma gialla” gardenese una grande occasione, come lei stesso ha ammesso in questa intervista che ha gentilmente concesso a Fondo Italia.
Ciao Irene. Innanzitutto complimenti per l’ingresso nella squadra A azzurra. Come hai reagito quando ti è stato comunicato che avresti fatto parte di questo team?
«Grazie per i complimenti (ride, ndr). Per quanto riguarda la domanda, sono stata molto contenta di aver ottenuto la fiducia da parte dei tecnici. Sono convinta che io e Michela (Carrara, ndr) avremo degli stimoli importanti da seguire nel corso della preparazione estiva. Mi fa piacere lavorare con Andrea Zattoni, essendo lui il mio responsabile già nelle Fiamme Gialle, così come sono molto contenta anche di poter lavorare con Andreas Zingerle, Nicola Pozzi e Klaus Höllrigl.».
Ti aspettavi la chiamata in Squadra A?
«Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi, perché l’ultima stagione è finita all’improvviso, quindi non avevo nemmeno avuto occasione di analizzarla insieme ai miei allenatori della Squadra B. Solitamente si ha un resoconto della stagione, uno scambio di opinioni e ci si fa anche un’idea su come andare avanti nella stagione successiva. Il finale anticipato ci ha privato di questa opportunità».
Alla fine quali conclusioni hai tratto sull’ultima stagione?
«Mi è mancata continuità, spesso non sono riuscita a combinare insieme le due parti del biathlon. In certe occasioni, quindi, ho fatto delle belle gare, in altre, invece, mi è capitato di sparare bene ma non essere in condizione sugli sci oppure l’opposto, fare una bella prestazione nel fondo ma sbagliare troppo al poligono. Alla fine le mie migliori gare stagionali sono state la frazione nella staffetta degli Europei di Minsk e l’inseguimento di Brezno – Osrblie, dove ho combinato bene sci e poligono».
Tu e Michela Carrara vi allenerete insieme a Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi. Che effetto fa?
«Sicuramente non possiamo lamentarci, ci alleneremo con le migliori al mondo. Da loro possiamo soltanto imparare. Al tiro sono entrambe fortissime, un esempio da seguire, ma vanno veramente forte anche sugli sci. Inoltre, stando tanto con loro, sarà importante apprendere molto dal loro approccio mentale alle gare e agli allenamenti».
Hai affrontato tutta la trafila della nazionale insieme a Michela Carrara, prima nelle squadre giovanili, poi in Squadra B e ora in Squadra A.
«Vero, io e Michela stiamo in squadra insieme ormai da tanti anni e tra noi c’è un bel rapporto, andiamo molto d’accordo. Sono contenta di poter proseguire con lei e affrontare insieme anche questa fase del nostro percorso».
I tecnici ti hanno dato fiducia inserendoti in Squadra A; questo fa sentire maggiori responsabilità?
«Credo che la parola più giusta in questo caso sia opportunità, in quanto sento che mi sia stata data un’occasione dalla quale cercherò di trarre il meglio».
Ti abbiamo incontrata ad Anterselva nel giorno della single mixed relay; guardandoti attorno quel pomeriggio, hai pensato a come sarebbe partecipare alle Olimpiadi del 2026?
«Sono sincera, in quel momento ho pensato soltanto a godermi quella fantastica atmosfera. Era bellissimo. A pensarci adesso, però, mi rendo conto di quanto sarebbe bello poter vivere un’Olimpiade ad Anterselva. Sarebbe una bellissima occasione».
Cosa vuoi migliorare nella prossima stagione?
«Al di là degli aspetti fondamentali del biathlon, voglio migliorare in particolare l’allenamento, focalizzandomi più sulla qualità che sulla quantità. A volte tendo a fare troppo, mentre probabilmente sarebbe meglio farlo bene».
Una curiosità. Si sta discutendo tanto dell’inserimento della super sprint nel calendario Coppa del Mondo. Tu hai già avuto modo di affrontare questo format in diverse occasioni; cosa ne pensi? Credi sia giusto proporlo in Coppa del Mondo?
«Già ho gareggiato nella super sprint in quattro o cinque occasioni, riuscendo a qualificarmi per la prima volta solo negli ultimi Europei di Minsk. È una gara che non è fatta su misura per me, non mi fa impazzire. Sono sincera, penso che introducendo questo format si corra il pericolo che alcuni atleti possano specializzarsi su di esso, come è accaduto nel fondo con le sprint. Non credo che nel biathlon ci sia bisogno di inserire nuovi formati. Per quanto riguarda la gara in sé, durante la qualificazione c’è un po’ di confusione, perché si parte ogni 15”, l’anello è da 1km e in pista ci sono tante atlete. Situazione diversa in finale, che è una tipica mass start, ma più breve».
Qual è secondo te il modo migliore di affrontare questa gara?
«Chiedetelo a Cappellari, lui è l’esperto del gruppo (ride, ndr). È una gara strana, io purtroppo mi sono messa sempre troppa fretta. Il fatto che la qualificazione sia una mini sprint di 9-10 minuti, ti porta a sparare veloce, quando in realtà dovresti soprattutto pensare a coprire i bersagli. Anche perché se vai lì per sparare veloce, finisce che sei lenta e nemmeno li prendi. È fondamentale essere precisi, perché se già utilizzi la ricarica, perdi del tempo e con 30” di ritardo sei già fuori dai trenta. Non saprei, per me è proprio un format nel quale conta tanto anche la fortuna, un giorno puoi vincere e quello successivo nemmeno qualificarti».