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Calendari agonistici sempre più fitti: è da considerarsi un fatto positivo oppure no?

Siamo nel periodo più’ freddo dell’anno e le giornate sono deprimentemente corte, e’ il momento più adatto per prendersi tempo e riflettere “sui massimi sistemi” davanti ad un buon bicchiere di vino. Purtroppo per voi ho la malcelata presunzione di mettermi anche davanti ad una tastiera e rendervi partecipi delle mie elucubrazioni.
Pressoché tutte le discipline sportive agonistiche, compresi quindi i nostri amati sport della neve, hanno intrapreso un percorso che porta all’intensificazione dei calendari, l’aumento del numero delle competizioni e della durata della stagione agonistica. Alla gioia voyeristica degli appassionati da divano si contrappongono giudizi e opinioni per lo più negativi da parte dei lavoratori del settore e molto spesso un silenzio assordante degli atleti, ma allora quali sono le ragioni alla base di questo trend? E inoltre, è da considerarsi un fatto positivo oppure no?
Avendo tempo e vino a disposizione mi pare ragionevole proseguire il ragionamento con la dovuta calma ed analizzare le motivazioni più o meno esplicite ed i pro e i contro di questa evoluzione dello sport nel terzo millennio.
Sicuramente occorre partire dal fatto che lo sport agonistico non ha più nulla a che spartire con l’originaria attività ricreativa di decoubertiniana memoria, ma è diventato una dei principali e produttivi rami dello show business infatti gli eventi live che coinvolgono le masse di chi ha potere d’acquisto sono gli eventi più appetibili e contesi da televisioni, rete, radio e midia di ogni foggia e colore. Producono interesse, distraggono dalla realtà quotidiana, danno emozioni e ci rendono predisposti ad ascoltare e recepire i messaggi allegati anche se non direttamente collegati, in poche parole gli avvisi commerciali hanno il loro terreno piu’ fertile. Quest’interesse da parte del mondo della finanza si traduce in un enorme volume di denaro che l’evento sportivo attira e produce, risulta quindi evidente quale sia la ratio della proliferazione incontrollabile degli eventi sportivi visto e considerato che una percentuale di questi denari servono anche a retribuire e, se così si può dire, stimolare gli attori protagonisti di questi eventi che vedono così finalmente ricompensati i loro sforzi quotidiani per eccellere in questa piuttosto che in quella attività’ sportiva specifica. Alla luce di questo ragionamento pare evidente e giustificato l’entusiasmo di organizzatori e appassionati per questo incremento delle attività’.
Se allontaniamo un po’ lo sguardo dalla cinica analisi della realtà intravvediamo però una serie di problemi all’orizzonte. L’aumento degli eventi agonistici comporta per forza di cose una riduzione del tempo che si può dedicare all’allenamento e al recupero, al contrario impone un aumento dei viaggi e degli sforzi massimali che la competizione comporta. Sicuramente questo comporta un’esponenziale crescita degli stimoli da stress psicofisico al quale l’atleta deve far fronte senza consentirgli un’adeguato volume di tempo da dedicare alla crescita fisica, tecnica e tattica e men che meno al recupero e alla rigenerazione. Qui si apre un mondo nel quale, nella migliore delle ipotesi, quelli che genericamente chiamiamo infortuni la fanno da padrone e nella meno auspicabile stiamo aprendo una porta all’abuso di farmaci leciti o ad una serie di pratiche di vero e proprio aiuto non legale, ma in tutti i casi la salute dell’atleta e’ messa fortemente a rischio o per essere un pochino meno drammatici perlomeno subordinata alla produttività economica. Questo secondo ragionamento giustifica chiaramente le facce lunghe degli addetti ai lavori e rende evidenti quali siano le ragioni del silenzio degli atleti che si trovano tra la più classica delle incudini ed il martello. Non dobbiamo dimenticare infatti che un’atleta ha una finestra temporale di solamente una decina d’anni per vedere ripagati i propri sforzi sia a livello di soddisfazioni che, non meno importante, dai guadagni monetari di conseguenze e’ pressoché impossibile che possa sottrarsi volontariamente dal gioco. Occorre inoltre valutare che la scienza legata allo sport, grazie al crescente interesse, ha avuto un’evoluzione enorme e l’aumento del potere economico dovuto a tutto ciò’ precedentemente detto consente agli atleti di essere seguiti da un sempre maggior numero di professionisti specializzati di alto livello che concorrono a cercare di mettere un freno a tutte le problematiche legate all’eccesso di attività.
A seguito di queste brevi riflessioni risulta semplice concludere dicendo che come in ogni ambiente della società moderna, oserei dire purtroppo, è chiaramente la finanza a determinare le politiche!
A margine di questa amara riflessione che cosa possiamo aggiungere?
Sicuramente non è prevedibile un cambio di rotta a breve o medio termine perché l’economia richiede che si generino profitti e gli attori protagonisti non hanno mezzi sufficienti per sottrarsi a questo dictat. Gli atleti quindi devono prenderne coscienza e organizzare i loro calendari non solo in funzione delle esigenze di media e sponsor ma tenendo presenze le imprescindibili necessità dell’organismo umano per preservarlo dal rapido degrado e per tenersi lontani da nefaste tentazioni, i professionisti al loro servizio hanno l’obbligo morale di consigliarli e aiutarli tenendo ben presente che il principio irrinunciabile del diritto alla salute vale anche per questi ragazzi. Una importante parentesi va aperta per i piu’ giovani, per gli atleti del futuro, qui i genitori devono assumere un ruolo importantissimo di coscienza critica e tenere bene a mente che ci troviamo davanti a fisici e menti in formazione che bisogna tutelare, educare, saper attendere e se possibile, ma e’ solo questione di scelta, non spremere come fossero limoni prima che siano in grado di fronteggiare queste enormi pressioni.
Come già’ detto all’inizio tutto quanto scritto vuole solamente essere uno spunto su cui riflettere, argomentare e ipotizzare soluzioni ed interventi…ed ora smetto di annoiarvi e vi salutò sollevando un’altro calice di nettare ambrato.

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