È stato un Mondiale di biathlon trionfale per la nazionale italiana, che ha chiuso con 2 ori, 2 argenti e 1 bronzo al terzo posto nel medagliere, alle spalle di nazioni come Norvegia e Germania, che hanno un numero di praticanti ben diverso rispetto all’Italia. Risultati che hanno inorgoglito Fabrizio Curtaz, direttore tecnico del biathlon azzurro, inquadrato domenica mentre a bordopista urlava a prima Wierer e successivamente a Windisch, quando erano a poche centinaia di metri dal trionfo mondiale.
L’abbiamo contattato per farci raccontare come ha vissuto questo bellissimo Mondiale e descrivere l’ambiente in squadra alla vigilia di una tappa di Coppa del Mondo che potrebbe essere storica per l’Italia, con Wierer e Vittozzi che vi arrivano a pari merito in testa alla classifica.
Buon pomeriggio Curtaz. È stata una domenica storica per il biathlon italiano: come l’ha vissuta?
«È stata una giornata veramente particolare perché già Dorothea in mattinata, nonostante non avesse una condizione ottimale per affrontare la gara, era riuscita a fare una bellissima prestazione, andando oltre ogni aspettativa, viste le difficoltà che aveva avuto il giorno prima. Senza dimenticare la gara di Lisa, altrettanto emozionante, se si considera che al primo poligono quei tre errori l’avevano scaraventata in fondo al gruppo. Ha avuto il merito di risalire, dando nuovamente prova di una tenacia impossibile da misurare, perché al suo posto sarebbe stato difficile per chiunque risalire fino all’ottava piazza in una situazione così difficile. È stata una grande gara per entrambe le atlete. Eravamo già felici così, poi è arrivata la mass start maschile e quando Domi (Windisch, ndr) è uscito al primo posto dopo l’ultimo poligono, c’è stata quasi un po’ di confusione perché nessuno di noi si sarebbe mai aspettato che i primissimi avrebbero commesso tanti errori. È stato bellissimo tutto ciò che è avvenuto quel giorno. Senza quelle due medaglie il nostro Mondiale sarebbe stato molto positivo, così è diventato superlativo, siamo andati sopra ogni aspettativa. È stato veramente bello e divertente».
L’abbiamo visto urlare agli atleti sulla cima prima dell’ultima discesa: cosa ha detto a Wierer e Windisch?
«A Dorothea ho urlato di dare il massimo fino all’arrivo, perché fino alla fine hai sempre paura che possa succedere qualcosa, sarebbe bastato infilarsi per sbaglio il bastone tra gli sci, come già accaduto nella sprint, per cadere e perdere diversi secondi. A Domi, anche se aveva un bel vantaggio, ho urlato le stesse cose, doveva tirare fino alla fine perché non bisogna mai dare nulla per scontato. Quando sei lì non puoi mai ritenerti sicuro di nulla ma aspettare fino all’ultimo centimetro».
Una vittoria che ha premiato tutto il movimento azzurro.
«Si perché è il giusto premio per questi atleti che in questi anni ci hanno dato tante soddisfazioni, ma anche a tutto lo staff tecnico e anche quelle persone che oggi non lavorano più con noi o sono nei settori giovanili. È stato un bel periodo per tutto il biathlon italiano perché siamo piccolini ma abbiamo dimostrato di saperci fare, riuscendo a lottare con le più grandi potenze del biathlon mondiale. Sono particolarmente felice, poi, perché ritengo che questi atleti, rispetto al potenziale che hanno e a quanto seminato, avessero raccolto fin qui troppo poco. Quindi hanno finalmente ottenuto ciò che avrebbero meritato già prima».
In estate si erano fatte delle scelte coraggiose, come separare la Squadra A formando un gruppo élite per Windisch, Wierer, Hofer e Vittozzi.
«Ora è certamente più facile analizzare le cose che abbiamo cercato di impostare in estate. Ovviamente in quel momento eravamo nella situazione di dover fare delle scelte per avere la maggior qualità possibile nel nostro lavoro e abbiamo deciso di dividere i gruppi per dare qualcosa in più a quegli atleti che avevano dimostrato negli anni di aver raggiunto un livello già altissimo, consentendogli così di fare un ulteriore passettino avanti. Non bisogna, infatti, mai accontentarsi di quanto si è già fatto ma pretendere di migliorare sempre. L’altro gruppo ha lavorato però altrettanto bene, ovviamente partendo dal proprio livello per migliorare ancora e crescere. Magari qualcuno all’inizio non aveva compreso benissimo la nostra idea e aveva preso questa decisione come una bocciatura, ma ha presto capito che non era quello che volevamo, bensì l’obiettivo era permettere a tutti di crescere partendo dal proprio livello. La cosa ha funzionato bene non soltanto nei quattro dell’élite ma anche negli altri atleti, perché alcuni di loro hanno ottenuto i migliori risultati in carriera ed altri hanno comunque fatto dei passi avanti. Ogni stagione ha le sue esigenze, in questa bisognava fare così. Nella prossima vedremo quali saranno le nostre scelte, dovremo stare attenti a rimodularci tenendo conto di quanto successo quest’anno e cambiare il giusto per migliorare».
Torniamo al Mondiale: quanto è stata difficile per voi la giornata di sabato quando siete stati costretti a rinunciare a Dorothea Wierer nella staffetta?
«Tantissimo, perché non abbiamo potuto schierare il nostro miglior quartetto e lottare per una medaglia che, come si è poi visto, sarebbe stata anche alla nostra portata. Abbiamo aspettato fino all’ultimo momento utile per fare il cambio, provando a capire se Dorothea avesse la possibilità di recuperare, l’abbiamo anche fatta provare in mattinata e a quel punto abbiamo deciso che non fosse il caso di farla gareggiare. Ovviamente le chance per fare bene c’erano ugualmente, pur sapendo che non avevamo in pista il quartetto migliore, le ragazze erano concentratissime e avevano tutta l’intenzione di fare bene. Ovviamente al termine della gara l’amarezza è stata ancor superiore rispetto a quanto non fosse alla vigilia, perché abbiamo visto come eravamo messi dopo le prime due frazioni e pure Federica in quarta si era dimostrata pronta, disputando un’ottima gara dopo aver avuto delle difficoltà nei giorni precedenti. Poi ogni gara ha la sua storia, magari anche con Doro non saremmo saliti sul podio, ma certamente c’è tanto rammarico».
Come stava Alexia Runggaldier al termine della staffetta?
«Purtroppo lei non ha mai trovato una condizione atletica vicina a quello che è il suo vero livello, ha sempre fatto tanta fatica e non è facile affrontare un Mondiale se non sei al top. L’abbiamo inserita nel quartetto dell’individuale per capire se aveva ritrovato il suo livello, proprio in funzione della staffetta. Anche quella gara ha confermato le difficoltà stagionali così, pur sapendo che ha un tiro di qualità, l’abbiamo inserita come riserva. La mattina della gara è successo ciò che sapete e per un’atleta non è nemmeno facile passare a modalità gara, quando fino a poche ore prima immagina di non dover gareggiare. So che è facile dire di restar concentrati e tenersi pronti, ma non è semplice preparare una gara con la concentrazione di sempre, sapendo al 99,9% di non dover gareggiare. Al termine della staffetta, ovviamente, era delusa e dispiaciutissima perché non è riuscita a sfruttare al meglio quello che è il suo punto forte e di conseguenza a mantenere la squadra in gara. Lo sport purtroppo è anche questo, le delusioni fanno parte del gioco».
Siete già a Oslo dove potreste vivere un altro weekend storico con Wierer e Vittozzi in testa alla generale con lo stesso numero di punti.
«Arrivare qui in questa situazione è una gran bella cosa per la nostra nazionale. Per le due ragazze sarà una settimana impegnativa, vogliamo che tutto giri per il meglio. Ovviamente ci auguriamo che una delle due riesca a portare a casa la Coppa, altrimenti sarebbe una beffa. Entrambe hanno la possibilità di conquistare la classifica generale e il fatto di lottare tra loro è una gran fortuna. Ma non dobbiamo pensare sia una questione solo tra le due perché anche Roeiseland è ancora in gioco».
Come stanno vivendo l’attesa le due azzurre? Sono più tese del solito?
«Loro sono tranquille, anche perché, come ho detto in precedenza, è un vantaggio che si stiano sfidando in casa in quanto convivono da anni con la loro avversaria. Probabilmente se una delle due lottasse con un’atleta straniera, si sentirebbe un po’ più sola, invece così la possono vivere meglio e condividere questa esperienza pensando che se non vincerà una lo farà l’altra. Questo è un punto a loro favore. Entrambe comunque sono motivatissime e hanno una grande voglia di vincere».
Biathlon – L’orgoglio di Fabrizio Curtaz: “È stato un Mondiale superlativo”
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