È iniziata complessivamente bene la stagione di Coppa del Mondo della nazionale italiana di fondo. È arrivata già una vittoria con Pellegrino nella sprint di Lillehammer, alla quale si sono sommati i buoni piazzamenti di De Fabiani e i segnali positivi della nazionale femminile. Terminata la lunga trasferta norvegese, alla vigilia della tappa di Davos, abbiamo intervistato Marco Selle, direttore tecnico dello sci di fondo, per fare il punto della situazione su questo inizio di stagione.
Buonasera Selle. In queste settimane è stato con la squadra azzurra in Scandinavia per le prime tappe di Coppa del Mondo; è soddisfatto della partenza degli azzurri?
«Quella scandinava è sempre stata una trasferta complicata per noi, perché loro schierano tantissimi atleti competitivi che si giocano il futuro in Coppa del Mondo e contemporaneamente anche i russi vanno a mille cercando piazzamenti importanti per scalzare i connazionali e mettersi in prima fila per un posto al Mondiale. Ci siamo presentati lì con i cinque atleti della Squadra A e poche ragazze che si sono alternate. Sono stato molto soddisfatto dell’apertura di Ruka, perché nella sprint siamo andati bene sia con Pellegrino sia con le ragazze, mentre nella distance abbiamo piazzato a punti quattro uomini su cinque. A Lillehammer è arrivata la vittoria di Federico (Pellegrino, ndr), che ha messo subito a posto un sacco di cose rendendo la trasferta soddisfacente. È stata preoccupante la prestazione complessiva in pattinaggio dove hanno fatto tutti troppa fatica. Non credo ci siano motivazioni particolare dietro le difficoltà che come movimento abbiamo nelle distance in skating rispetto a quelle in classico. Avendo un numero esiguo di atleti, siamo molto legati alla soggettività del singolo, quindi non credo che il movimento italiano si sia orientato sul classico. Devo dire che anche tra i giovani, vedo che molti preferiscono questo stile. Nell’inseguimento, comunque, abbiamo recuperato bene, in due sono andati a punti così abbiamo chiuso positivamente anche il Triple».
Quindi a Beitostølen è stato il turno delle staffette.
«Sapevamo già alla vigilia che sarebbe stata la più rognosa delle tre tappe iniziali sia perché eravamo su da un mese sia perché dopo Holmenkollen possiamo considerarlo il tempio del fondo norvegese. Alla fine ci siamo difesi nella 30km maschile con De Fabiani, ma anche Bertolina e Gardener hanno fatto la loro gara. In staffetta speravamo, più con i maschi che con le donne, di stare attaccati il più possibile, invece nelle prove in classico abbiamo faticato più del previsto mentre in skating abbiamo fatto registrare tempi buoni di frazione. Speravamo di giocarcela con Germania, Francia e Svizzera, ma non siamo mai stati nel vivo della gara. Al di là della staffetta, sono contento di come sia andato questo periodo perché ho visto dei segnali importanti all’interno della squadra, c’è compattezza, serietà, serenità e rispetto nei confronti di tutte le figure all’interno del team, dai tecnici agli skiman, che si impegnano sempre tanto. L’ambiente è sereno e consapevole che la squadra ha tutte le possibilità di fare bene, senza perdere mai di vista quelli che sono gli obiettivi alla sua portata».
Ora arrivano le gare alpine.
«Sono convinto che già a Davos faremo meglio rispetto a quanto di buono già fatto in Norvegia. Poi ci sarà il Tour de Ski, che ci darà la reale dimensione della nostra squadra, compresa quella femminile. Sono consapevole di quello che è il nostro reale valore ma sono più ottimista rispetto a quanto non lo fossi all’inizio della stagione».
Passi avanti si sono visti dalla squadra femminile. Al di là degli ottimi risultati della sprint, di cui abbiamo già parlato, a Beitostølen ha impressionato Elisa Brocard.
«Elisa è stata brava in tutte le gare che ha fatto, perché già a Santa Caterina in Coppa Italia aveva vinto con un buon margine sulle altre, mentre si è ben confermata a Beitostølen. Con il senno di poi mi è anche dispiaciuto non averla portata a Lillehammer, perché le condizioni della neve erano ideali per lei. È un’atleta che ci dà sempre garanzie di risultati di buon livello. Adesso dobbiamo mettere in pista anche le due più giovani. Anna Comarella sarà a Davos come da programma, perché abbiamo deciso di aspettare un po’ prima di rilanciarla per consentirle di recuperare al meglio dopo qualche problemino avuto in preparazione. Caterina Ganz, invece, si è fermata per un problema al piede e dovremo aspettare ancora per vederla esordire. Tornando alle altre, Lucia Scardoni ha fatto fin qui bene in classico, ma sono convinto che possa superare le qualificazioni anche nelle sprint in skating. Greta (Laurent, ndr) ha trovato una bella stabilità che le permette di essere sempre lì vicino alla semifinale. Ha delle potenzialità e la vedo molto serena, più consapevole di quello che può fare. In stagione ci saranno tante sprint in skating e sono convinto che porterà a casa molti più punti rispetto al passato. Ilaria (Debertolis, ndr) ha fatto bene in staffetta, mentre nella 15km in skating ha fatto una gara stranissima, perché in certi parziali ha ottenuto dei tempi da primissime posizioni. Forse è andata un po’ troppo veloce per inseguire Parmakoski e ne ha risentito. In staffetta però si è rivista un’ottima Ilaria. Qui a Davos, lei ed Elisa possono fare punti nella distance, e secondo me anche Anna non sarà lontana».
Già a Davos torneranno in Coppa del Mondo diversi giovani.
«La nostra volontà è di far fare esperienza ai ragazzi, spronarli a crescere più rapidamente. Atleti come Gabrielli, Zelger, Hellweger e compagni devono dimostrarsi pronti per un ambito del genere. Pretendo che ci provino fino in fondo perché le qualità le hanno e in certe occasioni hanno mostrato di poter fare cose da Coppa del Mondo, senza però replicare queste prestazioni quando sono poi andati lì, forse la paura o la poca esperienza li ha frenati. A partire da Davos, mi auguro tirino fuori il meglio da se stessi. Mi dispiace soltanto per Zelger che dovrà saltare le gare di Davos».
Da grande appassionato di fondo qual è, le chiedo un pensiero sull’addio alle gare di Northug.
«Mi ha fregato tante volte durante la sua carriera (ride, ndr). Non potete capire quante volte, da tecnico, lo vedevo in gara e avvertivo in radio che non ne aveva più. Poi lui nel finale partiva e vinceva, così gli altri tecnici mi rinfacciavano di aver dato un’indicazione errata. Tante volte gli ho visto fare cose che non avrei mai immaginato. Almeno adesso non mi fregherà più (ride, ndr). Mi dispiace tanto per il suo addio, perché la sua presenza era un’attrazione enorme per il nostro sport, è un personaggio che attira i media quanto tutti gli altri messi assieme. Il fondo avrebbe bisogno di gente così. Al di là di quanto ha fatto dal 2010 in poi, credo che nell’ultimo anno junior e i primi due da senior gli abbia visto fare delle cose irripetibili. A volte a fine gara parlavo con Chenetti e gli chiedevo se anch’egli avesse visto la stessa cosa. Soltanto Klaebo è riuscito a fare qualcosa di simile, ma non ha lo stesso carisma, non è personaggio come lui. Nelle ultime stagioni, purtroppo, l’ho visto più attivo sui social che in pista e ho capito che forse non credesse più troppo nel fondo. Ho quindi immaginato che il ritiro ormai fosse il suo destino ma ho sperato fino all’ultimo che mi avesse fregato per l’ennesima volta. Questa volta purtroppo non è stato così. In gara sentivi sempre la sua presenza, che per gli avversari era fastidiosissima, come quella di Woods nel golf o Rossi nel motociclismo. Sono dei personaggi che fanno un bene enorme al loro sport e lasciano un grandissimo vuoto quando salutano».
Fondo – Il dt Marco Selle: “Ho visto dei segnali importanti all’interno del team”
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