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Biathlon, Andrea Zattoni: “Wierer, Vittozzi, Hofer e Windisch hanno la complicità di quattro fratelli”

Una carriera nello sci di fondo, nella quale ha ottenuto anche alcuni punti in Coppa del Mondo, arrivando 27° nella sprint di Kuusamo del 2007, poi una volta ritiratosi ha proseguito nell’ambiente, restando all’interno delle Fiamme Gialle come tecnico dei materiali e allenatore sempre nel fondo.
Ora, però, Andrea Zattoni ha cambiato specialità entrando nel mondo del biathlon per la porta principale. L’allenatore trentino, infatti, è stato affiancato ad Andreas Zingerle alla guida della squadra élite della nazionale italiana, trovandosi così ad allenare quattro campioni di livello internazionale come Dorothea Wierer, Lisa Vittozzi, Lukas Hofer e Dominik Windisch. Un ruolo che porta con sé grandi responsabilità. Di tutto questo abbiamo parlato con l’allenatore della Val di Fiemme nell’intervista che ci ha rilasciato.
Buon pomeriggio Zattoni. Si aspettava di ricevere la chiamata di Curtaz per entrare a far parte dello staff tecnico della squadra élite della nazionale? Come ha reagito quando le è stato comunicato?
«A comunicarmi la notizia è stato il mio Comandante, che era stato precedentemente contattato da Fabrizio Curtaz. La mia prima reazione è stata di stupore in quanto sono rimasto quasi sorpreso che mi venisse affidata subito la grandissima responsabilità di lavorare con quattro atleti di altissimo livello come Windisch, Hofer, Wierer e Vittozzi. Probabilmente ho fatto una bella impressione a Fabrizio Curtaz in occasione del corso per allenatori di biathlon al quale ho partecipato nella passate primavera».
Cosa cambia nell’allenare un fondista e un biatleta?
«Bisogna prima di tutto tenere in considerazione che sono dei biatleti e non fondisti. Tante cose si assomigliano ma ci sono però delle differenze nei due sport delle quali va tenuto conto perché nel biathlon bisogna allenare tutti gli aspetti di questo sport, la parte atletica e il tiro. Nella prima parte della preparazione si lavora separatamente sulle due cose, poi con l’avvicinarsi della stagione gli allenamenti sulla parte atletica e il tiro si fondono. Non bisogna mai dimenticare, però, quando gli atleti fanno un allenamento intenso, che poi dovranno comunque sparare. Ovviamente settimana dopo settimana bisogna aumentare sempre di più l’intensità per arrivare al punto in cui si va forte sugli sci e si spara nel migliore dei modi. In questi mesi va allenata in qualche modo anche la lucidità degli atleti al tiro e abituarli quindi a un allenamento ad alta intensità prima di andare al poligono. Un atleta ha un approccio migliore al tiro se viene supportato anche da una condizione atletica ottimale. Se stai bene fisicamente riesci a gestire meglio il momento chiave di questo sport che è il tiro».
Come è stato accolto da questo che per lei è un nuovo ambiente?
«Formalmente sono allenatore di biathlon dal 5 maggio e in questi mesi ho approfondito molto determinate nozioni direttamente sul campo grazie agli atleti stessi e a due persone di grande caratura come Andreas (Zingerle, ndr) e Fabrizio (Curtaz, ndr). Sono stato accolto benissimo in questo ambiente. Gli atleti hanno visto un tecnico nuovo che non veniva dal loro mondo. A loro ho voluto subito far capire che, essendo appena arrivato, non ho intenzione di rivoluzionare quanto hanno fatto in questi anni con i vecchi tecnici, che ha portato ai fantastici risultati da loro ottenuti. Ovviamente, però, non mancheranno i miei input personali, condivisi come sempre con Andreas, con l’obiettivo almeno di confermare gli ottimi risultati ottenuti in passato, se poi li miglioreranno, ancora meglio».
Dal punto di vista personale come ha approcciato a questa nuova avventura?
«Per me è una grande occasione perché mi permette di uscire dagli schemi che ho avuto negli ultimi anni. Sto vivendo una grande avventura, che ovviamente porta con sé delle responsabilità importanti. Una cosa della quale siamo ben consapevoli sia io sia Andreas. Alleniamo degli atleti di altissimo livello: Dorothea è arrivata quinta in Coppa del Mondo e da anni è tra le big mondiali, Lisa Vittozzi è giunta sesta e ha vissuto una bellissima stagione, Lukas ha ottenuto risultati che nessun italiano faceva da anni e Dominik ha vinto anche una medaglia individuale alle Olimpiadi. Insomma non alleno certo lo sci club del paesino, quindi ogni cosa da fare va pesata e supportata da una serie di ragionamenti affinché tutto vada per il meglio».
Come ha trovato Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi in questi primi mesi di preparazione?
«Dorothea la conosciamo ormai tutti, nessuna atleta italiana ha ottenuto in passato i risultati fatti da lei in questi anni. Lisa è giovane e continuerà a crescere, anche se è già arrivata spesso tra le migliori e sempre a un passo dalle medaglie. Loro due si trovano molto bene insieme, l’una fa da traino per l’altra in allenamento. Non hanno mai paura di far fatica, anzi a volte dobbiamo fermarle perché se fosse per loro si allenerebbero anche più del dovuto; una cosa che mi ha impressionato. Entrambe sono serene. Quando siamo in giro lavoriamo moltissimo, mentre a casa sono molto autonome, devono seguire un programma ma possono autogestirsi benissimo. Entrambe sono delle grandi professioniste e hanno anche degli impegni extra sportivi da gestire».
Passiamo ora a Lukas Hofer e Dominik Windisch.
«Quanto fatto da Lukas Hofer nella passata stagione è stato qualcosa di molto importante. Il suo grande finale e la grande continuità mostrata per tutto l’anno, gli hanno dato ancora più motivazioni in vista di questa stagione. Ha sempre continuato ad allenarsi, perché è un grandissimo lavoratore nonostante abbia tante passioni extra sci. Ogni tanto Doro, scherzando, gli dice che vorrebbe avere le sue energie perché trova sempre qualcosa da fare, non si riposa mai (ride, ndr). Dominik nell’ultima stagione non è stato continuo ma è riuscito a fare del suo meglio proprio in occasione delle Olimpiadi, quando più contava. Questo è segno di un grande atleta, capace di rendere al massimo nel giorno più importante. Con lui stiamo svolgendo un tipo di allenamento particolare, lo faremo arrivare con calma alla forma migliore. Sta crescendo sempre più di condizione e al tiro ha sistemato con Andreas tante cose. Sono convinto che Hofer e Windisch otterranno quei risultati che tutti si aspettano da loro».
Insomma ormai ha dato il suo addio al fondo.
«Il fondo resterà sempre nel mio cuore perché è lo sport che ho praticato sin da bambino. Il biathlon, però, ci sta entrando. Sto vivendo una bella esperienza e le cose per il momento stanno andando bene, anche se spero di poter dire le stesse cose anche a fine stagione (ride, ndr). Comunque personalmente già nel passato inverno ho assistito con il mio gruppo sportivo i giovani del biathlon per quanto riguardava i materiali. Insomma il biathlon mi ha sempre attratto, l’ho anche provato qualche volta, così quando c’è stata l’occasione di fare un corso di formazione l’ho colta al volo. Certo non avrei mai immaginato che pochi mesi dopo mi sarei trovato anch’io ad allenare grandi campioni come quelli della squadra élite azzurra».
Quali sono le sue aspettative per la stagione invernale?
«Mi auguro che i ragazzi stiano bene e possano raccogliere i frutti di quanto stanno seminando, perché lavorano sempre tanto e duramente. Se le cose dovessero andare in maniera normale, questi quattro atleti confermeranno almeno quanto fatto lo scorso anno, poi se dovessero fare anche meglio saremo tutti molto contenti. Personalmente non mi pongo dei particolari obiettivi, devono porseli loro. Io spero soltanto che stiano bene e il lavoro fatto insieme funzioni».
Come si sta trovando con Andreas Zingerle?
«Con Andreas sta nascendo un ottimo rapporto di collaborazione e amicizia. Lo vedo un po’ come uno zio, visto che ha 26 anni più di me (ride, ndr). Mi ha accolto sotto la sua ala protettrice e ogni giorno mi insegna qualcosa di nuovo sul biathlon, soprattutto riguardo all’aspetto del tiro. Abbiamo iniziato ad andar d’accordo subito e ogni giorno che passa va sempre meglio. Condividiamo tutte le scelte riguardanti l’aspetto atletico ed è un vero piacere lavorare con lui sia dentro sia fuori dal campo».

C’è qualcosa in particolare che l’ha colpita in questi suoi primi mesi nel mondo del biathlon?
«Innanzitutto sono rimasto impressionato dai nostri quattro atleti. Stanno bene assieme, hanno la complicità di quattro fratelli che si stimolano sempre, si aiutano e scherzano in maniera reciproca. Questo li fa stare bene e crescere. È un aspetto fondamentale perché quando stai via da casa per tanto tempo, come accade a loro, puoi star male se non ti trovi bene nel gruppo. La loro complicità e la propensione al sacrificio è qualcosa di straordinario. Per quanto riguarda il biathlon in sé, invece, non c’è un aspetto particolare che mi ha colpito anche perché già conoscevo questo sport. Ho notato però che un biatleta, rispetto a un fondista, rimane molto più tempo impegnato durante il giorno, perché deve curare tantissimi aspetti riguardanti il tiro: per esempio deve pulire la carabina e allestire anche il poligono. Se uno non vive a contatto con loro, non può conoscere anche questi aspetti».
   

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