A Falun si è chiusa la Coppa del Mondo 2017/18 di fondo che al maschile ha regalato diverse soddisfazioni all’Italia, non soltanto grazie al solito Pellegrino, capace di vincere due gare individuali e una team sprint con Nöckler, oltre ad arrivare al decimo posto nella classifica generale di Coppa del Mondo(primo italiano dopo otto anni, ndr) e vincere un argento olimpico, ma anche con De Fabiani salito due volte sul podio e apparso in netta crescita, e le diverse buone prestazioni nel corso dell’anno degli altri azzurri della Squadra A. Della stagione italiana abbiamo parlato con l’allenatore responsabile del fondo italiano, Sepp Chenetti, apparso piuttosto soddisfatto per come sono andate le cose in campo maschile. Oltre a dare un giudizio sulla stagione attuale, l’allenatore ha anche parlato delle difficoltà in campo femminile, del futuro del fondo italiano e spiegato alcune scelte fatte nel corso della stagione rispondendo ai critici.
Buon pomeriggio Chenetti. Si è appena conclusa la Coppa del Mondo di fondo, qual è il suo bilancio?
«Direi molto positivo al maschile dove siamo arrivati anche sesti nella classifica per nazioni, una cosa che credo non accadesse da diverso tempo. Sono soddisfatto della stagione perché abbiamo ottenuto otto podi in Coppa del Mondo e una medaglia olimpica. Soprattutto l’ultimo weekend di gare è stato per noi molto incoraggiante in ottica futura. Pellegrino è arrivato secondo nella sprint, De Fabiani è giunto terzo nella 15 in classico dove abbiamo piazzato tre atleti nelle prime undici posizioni, mentre l’ultimo giorno Salvadori ha fatto registrare il decimo tempo nell’inseguimento e per poco non è andato a vincere. Posso dirmi soddisfatto per il rendimento dei cinque ragazzi che alleno, come lo sono per tutto il mio quadriennio nel quale abbiamo raccolto ventisei podi e quindici vittorie, arrivate con quattro atleti diversi: Pellegrino, De Fabiani, Clara e Nöckler in coppia sempre con Chicco. A questo aggiungiamoci anche un oro, un argento e un bronzo ai Mondiali, un argento olimpico e una Coppa del Mondo di specialità. Chi dice che le cose sono andate male e ha parlato di anno zero evidentemente non legge le classifiche o non lo fa nel modo giusto. Abbiamo ottenuto questi risultati con cinque atleti giovani che sono cresciuti moltissimo nel corso di questi anni».
A volte sono cresciuti anche da un anno all’altro come ha fatto Rastelli.
«Ricordiamoci le difficoltà avute lo scorso anno e guardatelo adesso. Alle Olimpiadi ha ottenuto il quarto posto nelle qualificazioni, che ormai passa sempre in classico e con regolarità in skating. Ha ottenuto piazzamenti importanti, si è trasformato. Come si è visto anche nella staffetta, ha fatto quel salto di qualità auspicabile, arrivato grazie a pazienza e continuità di lavoro. Lo stesso discorso vale per Salvadori, che tre anni fa arrivava dalla squadra B con risultati non superiori ad altri atleti che non sono ancora riusciti a emergere. Oggi è un elemento fondamentale della squadra».
Forse la notizia più bella, però, è il ritorno di De Fabiani.
«Abbiamo ritrovato Francesco ma nei suoi confronti non ho mai avuto alcun dubbio, conosco le sue grandi qualità, è forte. Purtroppo in Italia si tende sempre ad amplificare i problemi, se un atleta promettente incappa in una stagione deludente si tende ad enfatizzare la cosa e colpevolizzare tutti. Guardiamo per esempio alla Norvegia: Krogh ha fatto una stagione disastrosa, Roethe si è fatto notare in una gara ed è stato inesistente per il resto della stagione, così come la Weng che ha vinto la Coppa del Mondo ma è completamente sparita nell’ultima parte. I momenti di crisi ci possono stare, pensate anche a Northug, che ha vissuto un anno nero e non credo certo possano esserci dubbi sulle sue capacità. Le stagioni negative ci sono per tutti perché l’allenamento non è matematica, chi pensa di conoscere alla perfezione il corpo di un’atleta si sbaglia. Si possono mettere assieme dei dati e lavorare partendo da essi ma non si può avere mai la certezza del risultato, l’errore è sempre dietro l’angolo. Con De Fabiani è accaduto questo e oggi l’abbiamo ritrovato. Anche la negatività della stagione passata è stata positiva perché ha imparato qualcosa di nuovo. De Fabiani tornerà anche a vincere, arriverà quel momento, perché è un atleta che ha un finale strepitoso, è discretamente veloce e in volata, specie dopo una gara lunga, si trasforma».
Qualche difficoltà di condizione l’ha invece avuta Nöckler.
«Ecco, il caso di Diddi rientra pienamente nel discorso che facevo in precedenza, quando non si può spiegare completamente un calo di rendimento, perché lui ha fatto tutto il lavoro che doveva fare. A volte aiuta tantissimo anche l’aspetto mentale, perché quando le cose girano tendi a crederci di più, indovini due o tre gare e il morale va alle stelle, le cose ti escono con più naturalezza. Sabato scorso è stato anche sfortunato, così come Salvadori, perché sono rimasti coinvolti in una caduta e si sono rialzati nelle ultime posizioni su una pista in cui era difficile superare».
Passiamo a Federico Pellegrino che ha riportato addirittura l’Italia nella top ten della classifica generale di Coppa del Mondo a otto anni di distanza dall’ultima volta.
«Per Pellegrino è stata una delle tante ottime stagioni, non sono sorpreso dei risultati da lui raggiunti perché può fare qualsiasi cosa. Ha la capacità di non mancare mai l’appuntamento importante, ha questa dote incredibile di focalizzare tutte le energie sulla gara che rappresenta il suo obiettivo. Questo gli consente di non mancare mai il colpo, come ha fatto a PyeongChang, conquistando un secondo posto nella sprint in classico tutt’altro che scontato, visto che in questo format aveva ottenuto solo due podi in Coppa del Mondo. La sua è stata un’impresa tenuto conto anche della concorrenza. Sta crescendo anche nelle distance, dove deve ancora stabilizzarsi soprattutto in skating. In classico riesce a fare meglio, come ha dimostrato anche a Falun dove avrebbe pure potuto anche arrivare più avanti ma quando è scattato De Fabiani ha avuto rispetto e non ha accelerato subito per non danneggiarlo guidando la rincorsa degli altri».
Avete pensato alla possibilità di schierarlo in classico anche in staffetta?
«Abbiamo una squadra composta da atleti che vanno tutti bene in classico. Qualcuno deve pur fare la metà di gara in skating, così scegliamo facendo le nostre valutazioni ogni volta, una cosa non semplice. A PyeongChang abbiamo puntato su Pellegrino in ultima frazione, augurandoci che la gara fosse tattica. Una cosa è certa, abbiamo dato tutto per provare a salire sul podio perché se ci fossimo accontentati di un piazzamento, Salvadori sarebbe potuto andare avanti con il suo ritmo già dall’inizio, staccarsi dai primi tre, non andare in difficoltà e prendersi il quarto posto».
Dispiaciuto per la mancata medaglia nella team sprint olimpica? Cosa risponde a chi afferma che avreste dovuto fare scelte diverse?
«Ero dispiaciuto ma non deluso perché mi sono reso conto che quella fatta era la scelta giusta, non ho avuto alcun rimpianto. Anche perché quel giorno, contrariamente a quanto possano pensare gli altri, Nöckler è andato forte come nelle altre occasioni, ha fatto forse la sua miglior gara. La nostra coppia ha fatto il massimo che aveva nelle corde quel giorno, forse anche Chicco non era al meglio e di più non si poteva sperare. Resta il dubbio se con De Fabiani avremmo avuto qualche chance in più ma schierarlo avrebbe comportato rischi troppo alti, come mi sono reso conto anche successivamente perché i ritmi sono stati altissimi fin dall’inizio e lui a volte soffre le partenze veloci. È stata una team sprint atipica, non ne avevamo mai affrontare di questo genere. Gli altri hanno inserito dei distance in prima frazione, erano presenti i migliori cinque al mondo. Nöckler era quello più adatto perché riesce a tenere un alto ritmo per diversi giri in quanto non è un soggetto che accumula molto acido lattico, cosa che ovviamente in molti non sanno. Ho letto tante bugie su questa gara, si è anche detto che c’era stato qualche malumore in squadra, una cosa che posso smentire categoricamente perché abbiamo preso questa scelta in una riunione alla quale erano tutti presenti e nessuno si è detto contrario. Un’altra cosa che nessuno ha detto, per esempio, è che rispetto a tutte le altre team sprint disputate negli ultimi quattro anni, per la prima volta Chicco e Diddi sono stati sorteggiati nella seconda semifinale, avendo anche poco tempo per recuperare energie. Per questo motivo in semifinale avevamo deciso di non forzare e puntare a qualificarci come lucky loser, tanto che abbiamo sempre comunicato i tempi ai nostri due atleti. Dopo la qualificazione c’era grande fiducia ma in gara gli avversari hanno tenuto dei ritmi folli».
Qualcuno ha criticato alcune vostre scelte, come quelle prese in occasione della 15km in skating dei Giochi e le mancate partecipazioni dei big al Tour de Ski e alla 50km di Oslo.
«Oggi non abbiamo dei grandi pattinatori come in passato, forse ci sono solo De Fabiani, Salvadori e Bertolina, quest’ultimo riscoperto proprio quest’anno. Ho un gruppo di appena cinque atleti, validi soprattutto in classico, quindi devo anche preservarli, ottenere il massimo con quel poco che abbiamo, una cosa che ci costringe a volte a fare anche delle scelte impopolari come in occasione del Tour de Ski. Non possiamo essere sempre presenti come fanno i norvegesi, non abbiamo il loro bacino. Per esempio anche Cologna ha fatto le sue scelte, ha puntato sul Tour de Ski ma non è andato a Dresda dove noi volevamo esserci perché sapevamo di avere buone opportunità per vincere, come poi abbiamo fatto. Anche ai Giochi abbiamo fatto questa scelta con la consapevolezza che non avremmo avuto l’opportunità di conquistare una medaglia, per giocarci invece le nostre carte in gare a noi più consone. A Oslo, invece, abbiamo fatto una scelta vincente perché non gareggiando in Norvegia, ci siamo presentati a Falun in ottima forma ottenendo due podi e riuscendo anche a piazzare tre atleti nelle prime undici posizioni. Nessuno in questo paese mette mai in evidenza quando le scelte sono azzeccate, una cosa che con il passare degli anni dà sempre più fastidio. Le critiche gratuite e ingiustificate ti smontano, consumano e svuotano, facendoti perdere entusiasmo».
Ha parlato di cinque atleti: dietro di loro cosa vedi?
«Nel corso della stagione, come eravamo d’accordo già alla vigilia, abbiamo provato altri atleti ma con scarso successo. Qualche soddisfazione l’abbiamo avuta da Mirco Bertolina che si è dimostrato sempre molto combattivo ottenendo alcuni buoni risultati. Mi sarei aspettato di più dai giovani, nei quali per ora vedo poco anche se non mi dispero perché a quella età possono esserci delle metamorfosi clamorose da una stagione all’altra. Non facciamo quindi processi a quello che c’è al di sotto della prima squadra, perché sarebbe un discorso molto prematuro. Degli elementi validi ci sono, come Simone Daprà, che mi piace particolarmente perché in lui vedo delle buone qualità e nel finale di stagione ha fatto delle belle gare. Dobbiamo avere quindi pazienza e non mettere fretta a questi ragazzi aspettando che maturino».
La squadra femminile, invece, non ha dato le risposte sperate dopo le scelte che avevate fatto in estate.
«Non so cosa dire. L’estate scorsa abbiamo fatto questa scelta di far ripartire le ragazze dai corpi sportivi ma la situazione non è cambiata, anzi per alcune atlete è anche peggiorata. Non so da cosa dipenda, se è una questione di mentalità o altro. Dovremo ragionarci meglio nelle prossime settimane insieme agli altri tecnici e fare delle valutazioni perché è evidente che il livello non sia soddisfacente e non possiamo certo pensare di andare avanti con questo sistema. Sarà importante capire qual è la strada giusta per far rinascere questo settore. Voglio però dare un consiglio a tutto l’ambiente: lasciate in pace le più giovani, come ad esempio Anna Comarella, non creiamo troppe aspettative attorno a queste ragazze e permettiamogli di crescere con calma senza la responsabilità di salvare il fondo femminile italiano. È giusto che Anna, Caterina (Ganz, ndr) e le altre facciano esperienza, prendano anche le loro batoste, perché quelle aiutano a migliorare».
Si chiude un quadriennio olimpico: qual è la soddisfazione più grande che ha avuto in queste stagioni?
«Posso dire con orgoglio che dopo tanti anni da allenatore, ad eccezione di un paio di atleti, tutti coloro che ho allenato hanno ottenuto i migliori risultati in carriera con me, a partire dalla Squadra B, le Fiamme Oro, la Squadra A di fondo o combinata nordica. Non credo di aver fatto andare mai piano nessuno».
A breve ci sarà il rinnovo delle cariche: la vedremo ancora alla guida della nazionale fino alle Olimpiadi di Pechino?
«Domanda di riserva (Ride, ndr)».