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Salto

La passione di Veronica Gianmoena: “Saltare mi fa sentire libera”

Ha voglia di mettersi alle spalle tutte le sfortune e le difficoltà avute, per tornare a concentrarsi unicamente sul salto, cominciare a ottenere risultati di rilievo anche in Coppa del Mondo ed essere arruolata in un corpo sportivo per poter proseguire a saltare ancora per tanti anni. Veronica Gianmoena ha ben chiari i suoi obiettivi e anche grande passione per raggiungerli. Una caduta l’ha parecchio limitata negli anni, soprattutto dal punto di vista mentale, ma non si è mai arresa e grazie al lavoro svolto con Zwitter e Moroder, sembra aver messo da parte le sue paure, per poter dimostrare a tutti, prima di tutto a se stessa, di avere i mezzi per esprimersi ad alto livello nel salto. La fiemmese si è raccontata a 360 gradi in questa intervista, mostrando tutta la sua simpatia e quel pizzico di follia tipico dei saltatori, insieme a quel senso di responsabilità che l’ha spinta a iscriversi all’università per proseguire gli studi e crearsi un futuro alternativo al salto.

Ciao Veronica. Come sta andando la preparazione?
«Quest’anno è cominciata bene. Sono soddisfatta perché già nei primi raduni ho avuto dei riscontri positivi. Sono partita con una marcia in più, ho nuove motivazioni, maggiore convinzione e mi sento anche bene sia fisicamente sia mentalmente. Speriamo di andare avanti così».
    
Nella passata stagione facevi parte della Squadra B, oggi sei invece nella squadra aggregati. Cosa significa?
«Mi alleno sempre con le compagne della Squadra A e sono seguita da tecnici come Moroder e Zwitter. Insomma c’è differenza solo sulla carta, ma nella preparazione non cambia nulla. Sono contenta, perché per me è importante allenarmi con Elena (Runggaldier ndr) e Manuela (Malsiner ndr), una cosa molto stimolante, in quanto ho un confronto diretto con due atlete che sono di alto livello. In questo modo posso comprendere meglio se ho fatto passi avanti e quanto mi manca per raggiungere un certo livello. Inoltre c’è un bel clima, siamo molto affiatate e siamo diventate anche amiche. Loro sono sempre disponibili nel darmi consigli su come migliorare tecnicamente e mentalmente. Il bellissimo lato umano che abbiamo in squadra è un punto di forza in più che abbiamo e un valore aggiunto da tenere stretto».

Come ti trovi con Janko Zwitter?
«Allenarsi con Janko è stata una svolta per tutta la squadra, ci ha fatto fare il salto di qualità, perché è una persona in gamba sia dal punto di vista tecnico sia umano. Con lui si può parlare, una cosa che non mi era mai accaduta in precedenza con un allenatore. Per noi non è solo un tecnico, ma quasi un papà o un fratello maggiore, soprattutto per me, che non mi sono trovata in una bella situazione. Mi ha aiutato a sbloccarmi e per me rappresenta una marcia in più».

Che tipo di lavoro ti ha fatto fare?

«Per quanto riguarda la tecnica, mi ha fatto lavorare molto sulla posizione, a partire dal momento in cui stacco le mani dalla sbarra fino a quando devo spingere nello stacco. Devo essere sempre lineare ed aggressiva, stare più avanti come posizione. Oltre a questo, mi ha fatto lavorare tanto sull’aspetto mentale, cercando di mettermi maggior fiducia nei miei mezzi e capacità».

Cosa ti aveva bloccata?
«Nel 2009 ho subito una brutta caduta e da quel momento ho avuto tante difficoltà a riprendere, ritrovare fiducia, lasciarmi alle spalle l’accaduto e ritrovare il divertimento nel salto. Questo mi ha causato diversi problemi mentali, ho sempre avuto il freno a mano tirato, non lasciando andare molto la spinta. Nelle ultime tre stagioni, poi, ho avuto diversi problemi fisici alla cartilagine del ginocchio, faticando così a riprendermi. Nell’ultimo anno, però, ero partita bene, ma nel momento clou della stagione mi sono ammalata, saltando tre settimane di allenamento, perdendo così la forma. Ho deciso, però, di gareggiare ugualmente in Coppa del Mondo».

Quindi sei soddisfatta o meno dell’ultima stagione?
«Decisamente no, non sono soddisfatta. Ero partita bene, anche perché il bel clima in squadra mi aveva dato una mano, visto che ci aiutiamo, supportiamo e sopportiamo a volte (ride ndr). In questa maniera eravamo riuscite tutte a raggiungere buon livello per dire la nostra. A quanto pare la sfortuna mi ha voluto abbracciare ancora e trascinarmi giù con sé».

Qual è il tuo obiettivo per la prossima stagione?
«Innanzitutto divertirmi e recuperare la fiducia che avevo una volta. Voglio ricominciare da qui, senza puntare a Olimpiadi o grandi prestazioni in Coppa del Mondo. Quello che viene lo raccolgo, cercando di andare nel modo migliore possibile».

Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a fare salto?
«Posso dire di aver praticato quasi ogni sport, molti dei quali non c’entrano nulla tra loro. Basti pensare che ho cominciato con la danza, poi ho fatto nuoto, hockey, sci di fondo e tanto altro. Il mio allenatore di fondo, poi, mi propose di provare a saltare e l’ho fatto. Per me non era uno sport del tutto sconosciuto, perché ho una famiglia che è sempre stata impegnata negli sport invernali, tanto che mia mamma è dg della Nordic Ski Val di Fiemme e mi ha portato sempre a vedere gare di Coppa del Mondo e Mondiali. In qualche modo il salto ha rappresentato anche una sfida con mia mamma (ride ndr), perché quando ho cominciato avevo dieci anni e per un saltatore è già tardi. Mia mamma era convinta che mi sarei stufata, ma io ho sempre avuto la testa molto dura, non ho mai mollato e questo sport mi è sempre piaciuto molto, perché diverso dagli altri. Poi, volete mettere quanto è bello andare a scuola e vantarsi di saltare dal trampolino».  

Cosa ti ha fatto innamorare del salto?
«Il senso di libertà che provo quando sono in volo. Ma anche la tanta responsabilità che hai in quel momento, perché sei in aria soltanto con i tuoi sci e devi saper gestire la situazione nel migliore dei modi».

Ora tua mamma cosa dice?
«Lei, scherzando, ha sempre detto che avrebbe preferito sia io sia mio fratello (Luca Gianmoena ndr) facessimo beach volley, così poteva tornare a casa da lavoro pensando a cose diverse dagli sport invernali. Invece noi abbiamo scelto salto e combinata. È soddisfatta di noi, anche perché lei è appassionata di questi sport. Poi, anche se non lo dice, credo che sotto sotto le faccia piacere vedere il nostro nome nella grafica televisiva quando trasmettono le gare».

Chi è il tuo saltatore o saltatrice preferito?
«Ho sempre ammirato Thomas Morgenstern e ho anche avuto la fortuna di conoscerlo di persona, scoprendo un uomo semplice, umile e con la testa sulle spalle».

Per te quanto sarebbe importante entrare in un centro sportivo?
«È la cosa a cui aspiro, perché il nostro sport non è come lo sci alpino o il fondo, ma si pratica undici mesi l’anno, si svolgono più allenamenti al giorno e, siccome non ci sono strutture di un certo tipo qui in Italia, siamo sempre in giro. Così è difficile trovare un lavoro che ti mantenga da poter conciliare con l’attività sportiva. La FISI ci aiuta, ma i materiali, per esempio, dobbiamo comprarceli. Sarebbe fondamentale, quindi, trasformare questa passione in un lavoro. Poi sono consapevole che non tutti diventano campioni e possono entrare in un centro sportivo, ma ci spero e ci proverò, almeno fino a quando mia madre e mio padre continueranno a permettermelo».
Nel frattempo ti stai preparando anche un percorso alternativo?
«Si, sto proseguendo gli studi, mi sono iscritta all’Università di Trento, dove studio Scienze Tecniche della Psicologia Cognitiva. Dovreste vedere le facce strane dei miei compagni di corso, quando dico che sono una saltatrice: inizialmente pensano tutti che faccia salto in alto, quando scoprono che invece lo faccio con gli sci, la loro espressione diventa degna di una commedia (ride ndr)».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Dal punto di vista sportivo cercare di diventare una delle migliori saltatrici o combinatiste, se si proseguirà con questa strada anche in Italia. Nella mia vita privata, invece, vorrei riuscire a laurearmi, diventare neurologa o neuro scienziata e mettere su una bella famiglia che si vuole bene, come la mia».

Combinata nordica?
«Sto provando anche questa disciplina, nella quale sono aggregata anche in squadra. È un’altra strada che si potrebbe seguire, dal momento che questo sport è in crescita e me la cavo bene anche come fondista».

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