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Sci di fondo

Fiamme Gialle, Roberto Campaci (responsabile fondo): “Il nostro settore giovanile è nato per aiutare il fondo italiano”

Francesca Franchi e Cristina Pittin, medaglie d’argento con la staffetta azzurra ai Mondiali Giovanili, sono soltanto due delle atlete aggregate al Gruppo Sportivo Fiamme Gialle, che negli ultimi ha costituito un settore giovanile che sta aiutando moltissimo alcuni dei migliori giovani del fondo italiano. Sono dieci gli atleti che ne hanno fatto parte nell’ultima stagione, quando, oltre alle due medagliate mondiali, erano presenti in squadra anche Simone Daprà, Luca Del Fabbro, Davide Graz, Simone Mocellini, Stefano Dellagiacoma, Davide Facchini, Cristian Moser e Nicole Monsorno. Abbiamo affrontato questo argomento con il responsabile del settore fondo delle Fiamme Gialle, Roberto Campaci, il quale, dopo una prima avventura sempre nella squadra della Finanza, è stato anche responsabile per la FISI della squadra Torino 2006, occupandosi successivamente della Squadra B e del settore giovanile della nazionale, prima di ricevere l’incarico di responsabile della sezione fondo delle Fiamme Gialle. Con lui abbiamo anche parlato della stagione disputata dagli atleti arruolati nella Finanza, che ha avuto grandi risultati da Caterina Ganz e Giandomenico Salvadori su tutti, e delle motivazioni dietro alla scelta delle Fiamme Gialle di non partecipare alla staffetta degli ultimi Campionati Italiani a Santa Caterina Valfurva.

Buongiorno Campaci. Nella stagione appena conclusa le Fiamme Gialle hanno ottenuto ottimi risultati, grazie soprattutto a Caterina Ganz e Giandomenico Salvadori.
«È stata molto positiva, anche perché negli ultimi anni abbiamo perso atleti importanti, che hanno lasciato, come Zorzi e Clara, quindi avevamo bisogno di ottenere risultati soprattutto con atleti molto giovani come Caterina Ganz, che è ancora Under 23, e Giandomenico Salvadori, che è giovanissimo. Anche perché nel fondo, la massima prestazione in campo internazionale si ottiene mediamente tra i 28 e i 30 anni. Se questi atleti, già a una giovanissima età ottengono dei risultati del genere, significa che con la maturità potrebbero raggiungere dei traguardi molto importanti. Per quanto riguarda gli altri atleti, Greta Laurent e Lucia Scardoni non hanno vissuto la loro miglior stagione, soprattutto se confrontata alle loro qualità, anche se quest’ultima ha comunque vinto un titolo italiano. Siamo certi che entrambe faranno meglio il prossimo anno. Una bella notizia è rappresentata dal ritorno alle gare di Francesca Baudin, che nelle ultime stagioni ha avuto numerosi problemi fisici. Sembra che stia recuperando bene, anche se non può ancora allenarsi come vuole, perché deve stare attenta a quello che fa, per evitare che si ripresentino i problemi passati. Bisogna fare i complimenti al fisioterapista della nazionale, Erik Benedetto, che l’ha gestita benissimo e anche al nostro fisioterapista, Enrico Facchini. Voglio approfittare di questo spazio per ringraziare lo staff tecnico che collabora con me: Fulvio Scola per il settore femminile, Andrea Zattoni per quello maschile e Daniele Delugan, tecnico di comprovata esperienza, per la gestione dei materiali».
    
Ai campionati italiani non avete schierato una squadra in occasione della staffetta maschile: come mai?
«Purtroppo, da alcuni anni, tutti i corpi sono stati costretti ad arruolare meno atleti, quindi il numero di professionisti è più basso rispetto al passato. Non a caso anche i Carabinieri, che hanno vinto, l’hanno fatto schierando un biatleta e un atleta ex Forestale. Da anni propongo di cambiare modello per la staffetta, perché non abbiamo più i numeri per partecipare con quattro atleti. Sia chiaro, volendo, avremmo potuto partecipare prendendo degli atleti del settore giovanile, togliendoli però ai comitati che avevano la staffetta junior. Non ce la siamo sentita di farlo, perché chiamare Daprà o Del Fabbro, per esempio, significava indebolire le squadre di Trentino e Friuli, svilendo quello che è il lavoro dei comitati».

In questi anni le Fiamme Gialle stanno investendo molto sul settore giovanile. Come mai?
«Per una scelta strategica, abbiamo deciso di investire sui giovani, perché per diversi motivi proprio questo, secondo noi, era uno punti deboli del fondo italiano. Nella passata stagione abbiamo quindi scelto dieci atleti di diverse età sia di genere maschile sia di genere femminile, tutti componenti della squadra nazionale o del gruppo di interesse nazionale, ma abbiamo preso anche alcuni atleti che erano appena fuori dal ranking nazionale, tipo Nicole Monsorno, che era la prima esclusa. Questi atleti si allenano quasi tutti con la squadra nazionale o con il loro comitato di riferimento, mentre noi supportiamo la loro attività, organizziamo alcuni raduni, oppure per i classe ’97, come la Franchi, che hanno finito il percorso scolastico, abbiamo preferito si allenassero con noi, sempre in sinergia con comitato e sci club. Questo perché una cosa importantissima per questi giovani è che si crei un rapporto di collaborazione tra noi e gli allenatori dei loro comitati e sci club, oppure della nazionale, per avere un percorso condiviso. Inoltre supportiamo questi ragazzi anche economicamente, perché lo sci di fondo costa, e con i materiali, mettendogli a disposizione gli sci preparati dai nostri tecnici. Organizziamo anche dei test di valutazione, grazie a una collaborazione che abbiamo con il CeRISM (Centro di Ricerca Sport Montagna e Salute) di Rovereto, collegato all’Università di Verona, per la valutazione funzionale dei propri atleti. Ci sono alcuni che hanno criticato quanto abbiamo fatto, dicendo che i ragazzi potrebbero fare questo lavoro anche con i comitati, ma ci sono dei passaggi che non gli sarebbero possibili. Un esempio? Abbiamo una caserma al Passo dello Stelvio, che per noi è un importante punto di riferimento e lo sarà anche nella prossima stagione. Lì facciamo raduni estivi e ci appoggiamo alla caserma, mentre un comitato, per esempio, non potrebbe permetterselo, perché i costi risulterebbero troppo elevati».

Perché crescete degli atleti che possono, però, arruolarsi con altri corpi?
«L’arruolamento è un concorso pubblico a titoli, non possiamo decidere chi prendere. Vale per noi e per gli altri, contano i risultati e il numero di arruolamenti che ogni corpo ha a disposizione durante l’anno. Non ci creiamo questo problema, perché il nostro obiettivo è di mettere i ragazzi in condizione di esprimere le loro qualità ed entrare nel meccanismo dello sport. Alla fine, anche se entrano, per esempio, nell’Esercito, siamo contenti, perché significa che abbiamo creato un soggetto interessante per lo sport italiano».
    
Questo lavoro ha già portato i primi risultati positivi?
«Si, moltissimi, perché atleti aggregati con le Fiamme Gialle, sono poi stati arruolati da noi o da altri corpi, come Paolo Ventura, Gaia Vuerich, Mattia Pellegrini o Damiano Lenzi, che è stato nostro aggregato nel corso della sua carriera da fondista. Inoltre, un esempio importante per capire la bontà di questo progetto, è proprio Francesca Franchi, che abbiamo selezionato dopo averla vista in occasione di un test a Predazzo con gli atleti di interesse nazionale. L’abbiamo presa sotto braccio, condiviso il percorso con il suo allenatore e alla fine ci ha ripagati entrando prima nella squadra nazionale e poi vincendo l’argento al Mondiale Juniores. Ora è diventata senior, ma non l’abbandoneremo, perché, per alcuni atleti, riteniamo sia giusto continuare a dare un sostegno anche nel passaggio da junior a senior».

Avete accordi anche con alcuni Comitati?
«Si, abbiamo stretto una collaborazione con il Comitato Trentino e la Provincia Autonoma di Trento. Sosteniamo i loro atleti, anche quelli che sono appena fuori dal gruppo di interesse nazionale».

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