In compagnia di Fulvio Valbusa ha regalato mille emozioni e probabilmente, per “colpa” soprattutto del suo compagno di viaggio, sarà stato anche responsabile di diverse visite dal cardiologo, che avranno sostenuto diversi telespettatori di Eurosport al termine della stagione. Silvano Gadin, come d’abitudine, insieme a Valbusa, ha raccontato con trasporto, simpatia e soprattutto competenza la stagione dello sci di fondo. Emozioni e parole che saranno difficili da cancellare, in particolare quelle che hanno accompagnato la vittoria di Federico Pellegrino nella sprint di Lahti, quando la coppia Gadin-Valbusa è stata rinforzata anche dalla competenza e simpatia di un altro grande del fondo italiano, Marco Albarello. Abbiamo contattato, quindi, il telecronista di Eurosport per fare con lui un resoconto sulla stagione appena terminata.
Ciao Silvano e grazie per la disponibilità. Se devi scegliere un protagonista della stagione nel fondo maschile, dici Ustiugov o Sundby?
«Vado su Ustiugov. Questo ragazzo aveva il deserto attorno a sé e tanta pressione, ha fatto una stagione grandiosa. Al Tour de Ski è stato protagonista assoluto, vincendo anche nelle gare in cui fino allo scorso anno non riusciva a essere protagonista, come quelle in classico. Una cosa che mi ha impressionato, poi, è stata la sua capacità di farsi ben volere dal resto della squadra, che l’ha spesso aiutato. Solitamente gli atleti russi si demoliscono tra loro, per gelosie, antipatie e cose varie, invece in questo caso hanno collaborato con lui. Ustiugov ha dimostrato di essere forte anche nella capacità di costruire una squadra attorno a sé, perché i compagni di squadra si fidano di questo ragazzo. Oggi i russi lavorano gli uni per gli altri, ci sono tanti giovani di talento, come Chervotkin e Bolshunov, grazie a un bacino impressionante. Soltanto la Norvegia ha una nazionale migliore, capace di tirare fuori atleti di classe ogni anno, ultimo Klaebo, che è fenomenale. Vedo in difficoltà la Svezia, mentre la Finlandia, probabilmente, ha un solo big in Niskanen, che è fortissimo in classico, ma anche noi nelle stesse gare abbiamo De Fabiani, che potrà giocarsela per le medaglie».
Un altro protagonista della stagione è stato Harvey, capace di vincere in sprint come nella 50km.
«È un atleta atipico e il suo successo non mi ha sorpreso. Purtroppo di questo ragazzo se ne parla sempre troppo poco, ma fisicamente è bestiale, è fortissimo in skating e anche in classico nelle gare sull’uomo. Secondo me, come Ustiugov, è un personaggio fondamentale per il fondo. È importante che dal Nord America arrivino atleti così forti e anche capaci di piacere al pubblico, perché possono far crescere questo movimento anche oltre Oceano. È davvero un bel personaggio, gli vogliono tutti bene, gli altri atleti sono sempre attorno a lui dopo l’arrivo e anche Valbusa stravede per questo ragazzo».
Passiamo all’Italia: Pellegrino ha raggiunto il suo obiettivo di vincere il Mondiale.
«Una vittoria straordinaria, soprattutto perché è frutto di un lavoro certosino partito mesi prima. Secondo me Pellegrino non ha vinto il Mondiale di Lahti solo nel giorno della gara, ma nelle settimane precedenti, quando ha preso la difficile decisione di non gareggiare, staccare la spina e impostare un lavoro diverso. Probabilmente, se non l’avesse fatto, avrebbe perso quella gara. Poteva insistere e andare in Corea Del Sud per vincere la Coppa del Mondo di specialità, la federazione l’avrebbe anche mandato se l’avesse chiesto, invece ha sacrificato anche quella per presentarsi al meglio a Lahti. Pellegrino ha dimostrato di essere un grande. Questo ragazzo è una macchina da guerra, non lascia niente al caso, ha puntato sul Mondiale e, rinunciando a certe gare, ha dimostrato di avere una grande capacità di conoscersi».
E il resto della squadra?
«Nöckler, responsabilizzato da Pellegrino, ha fatto una team sprint pazzesca. Diddi deve capire di essere forte, perché non possono essere casuali le prestazioni che tira fuori nelle team sprint e nelle staffette, mentre nelle individuali è protagonista di sporadiche fiammate. Lui ha il talento per stare sempre nelle prime quindici posizioni in classico, come ha dimostrato il suo bel finale di stagione. Salvadori mi piace moltissimo, è uno che ci crede tanto. Se lo fai e segui Chenetti, puoi ottenere degli ottimi risultati. Con un pizzico di fortuna poteva arrivare anche alla medaglia nella gara skiathlon. Magari non mantiene la continuità per tutto l’anno, ma quando un atleta ci crede sempre, come fa lui, alla fine nei dieci riesce a entrare. È migliorato tantissimo in classico, quando fino a due anni fa andava solo in skating. Di De Fabiani so che ne parliamo dopo, quindi vado su quello che secondo me è il tasto dolente: le gare sprint. Tolto quel fenomeno di Pellegrino, c’è il vuoto. Quest’anno soltanto Urbani è riuscito a qualificarsi qualche volta. Non vedo un cambio generazionale, mentre la Francia, anche se quest’anno ha avuto difficoltà, ha quattro o cinque atleti forti che raccoglieranno risultati. Anche per noi in commento è dura, perché se Chicco esce presto, non abbiamo più un altro atleta italiano. Il dibattito è sempre lo stesso: costruire o meno una squadra sprint? Al momento siamo messi male, mentre nelle gare distance abbiamo quattro atleti. Ecco, forse solo Rastelli, che ha vissuto una stagione difficile, può combinare qualcosa, ma in classico. Anche questo ragazzo deve convincersi di più delle proprie capacità».
Tra le donne sembra molto strano il destino di Heidi Weng, che ha vinto la Coppa del Mondo, ma tutti parlano di Marit Bjoergen.
«La Bjoergen è stata impressionante per quello che ha fatto. A me i suoi risultati non sorprendono tanto per l’età, quanto per il fatto che sia in Coppa del Mondo ormai da vent’anni e continui a gareggiare sempre con l’entusiasmo di una ragazzina. Anche lei ha un’intelligenza fuori dal comune, conosce il suo fisico, e questo le ha permesso di scegliere la strada giusta, rinunciare al Tour de Ski e presentarsi al top all’appuntamento mondiale. Mi dispiace per Heidi Weng, un’atleta che mi piace moltissimo. Ha fatto una grande stagione, ha vinto la Coppa del Mondo meritatamente, ma non ne parla quasi nessuno. Forse paga il fatto di essere poco personaggio, poco da copertina. Anche al Mondiale ha fatto una gara pazzesca in staffetta, ma nessuno l’ha sottolineato. Probabilmente tra cinque anni in pochi ricorderanno questa sua vittoria. Un’altra grande protagonista della stagione è stata Stina Nilsson, secondo me l’atleta che è cresciuta di più. Lei è una sprinter pura e invece è diventata grande protagonista anche nelle distance, come ha dimostrato al Tour de Ski. Purtroppo per lei, si è portata dietro le fatiche del tour anche al Mondiale, così non è riuscita a raccogliere quello che si sarebbe aspettata».
Come giudichi la stagione della squadra femminile?
«Ilaria Debertolis ha fatto benissimo, forse è andata in condizione un po’ presto, ma fino a fine dicembre è andata veramente forte. Lei ha dimostrato che potrebbe stare quasi sempre tra le prime dieci in skating. Deve crescere un po’ nelle sprint, dove ha i mezzi per fare di più, ma questo lo sa anche lei. Ecco, anche tra le donne abbiamo problemi in questa specialità, perché tante ragazze azzurre superano le qualificazioni, ma molto raramente vanno oltre i quarti. Però, devo dire la verità, in questa stagione la squadra femminile mi ha sorpreso in positivo. Ci sono stati molti segnali confortanti, in particolare l’esplosione di Caterina Ganz, un’atleta che mi piace da matti. Ecco, lei è la dimostrazione che se vuoi qualcosa e ci credi, puoi ottenere degli ottimi risultati. Magari non dobbiamo pretendere che entri subito tra le dieci, ma per me andrà lontano, è forte e ha voglia di fare, soprattutto mi sembra una ragazza che non si accontenta mai. Lei sarà confermata in squadra e se dovesse fare il salto di qualità, sarebbe veramente un bellissimo esempio per le altre giovani, che potrebbero ricevere maggiori motivazioni dai suoi risultati. Il suo può essere un messaggio positivo per tutto l’ambiente. Va citata anche Elisa Brocard, una fondista che era stata messa da parte ed è risalita. Non era facile ripartire dalla Coppa Italia e invece l’ha fatto, arrivando fino al Mondiale. Le nostre ragazze devono crederci di più, perché in campo femminile ci sono cinque donne fortissime, di un livello nettamente superiore, ma poi c’è grande equilibrio e ci si può piazzare tranquillamente tra le prime».
Due delle punte di diamante della nazionale, al maschile e al femminile, sono Francesco De Fabiani e Virginia De Martin Topranin, che hanno avuto delle difficoltà in questa stagione. Cosa ti aspetti da loro?
«Da Francesco De Fabiani mi aspetto medaglie, è uno nato per vincere. È un ragazzo intelligentissimo, splendido come la sua famiglia e sono certo che da questa stagione avrà imparato tanto, ora si conoscerà meglio, avrà certamente capito dove ha sbagliato. A Pyeongchang sarà da medaglia, anche se purtroppo la 15km sarà in skating e non in classico. Virginia De Martin deve resettare la stagione appena conclusa, capire che non è questa, perché quando nella tua carriera sei entrata diverse volte tra le prime dieci, non lo fai per caso. Non so cosa le sia accaduto quest’anno, ma deve ritrovare fiducia, perché è esperta e ha qualità. Per noi è importante ritrovarla, perché la sua presenza è decisiva nella staffetta. Sa che può ritrovarsi e lo farà, perché per lei sarà una stagione cruciale».