La storia di Francesca Baudin è quella di un’atleta che lotta contro la sfortuna e non vuole arrendersi, pronta a fare mille sacrifici per conquistare ciò che merita e tornare a raccogliere quei risultati che sa di avere nelle sue corde. La valdostana, seppur giovanissima, dal momento che ha appena 23 anni, è stata già costretta a ricostruire la sua carriera, a ripartire da zero, dopo un brutto infortunio che le ha tarpato le ali sul più bello. L’atleta delle Fiamme Gialle si stava, infatti, lanciando verso una carriera ricca di soddisfazioni, aveva appena vinto il titolo nella sprint dei Mondiali Giovanili di Almaty ed era stata ottima protagonista ai Mondiali Assoluti di Falun, chiudendo al quindicesimo posto sempre nella sprint, dimostrando ad appena 21 anni di avere delle qualità enormi. Poi l’infortunio alla caviglia, l’operazione, la riabilitazione e quel maledetto dolore che non le permetteva di fare ciò che più ama: sciare. Una seconda operazione, un nuovo recupero, l’impossibilità di allenarsi insieme alle compagne e finalmente il ritorno alle gare. In questi due anni Francesca Baudin si è dimostrata un’atleta dal grande carattere, capace di lottare, senza accettare che la sfortuna potesse continuare a tarparle le ali. L’abbiamo intervistata, trovando di fronte una ragazza che, ad appena 23 anni, ha tanto da insegnare a tutti.
Ciao Francesca. È appena terminata quella che per te è stata la prima stagione dopo le due operazioni. Sei soddisfatta per come sono andate le cose?
«Era importante rientrare e non sentire più dolore: per questo motivo sono molto contenta. Fino a metà stagione lo ero anche dei risultati che avevo raccolto, poi ho avuto un calo di forma fisica che mi è costato la partecipazione ai Mondiali di Lahti. La seconda metà della stagione, quindi, non mi ha soddisfatta».
Hai rispettato gli obiettivi che ti eri posta alla vigilia della stagione?
«In realtà non sapevo bene cosa aspettarmi, se avrei sentito o meno dolore nelle gare a pattinaggio. Se sono qui a chiedermi, però, se sono soddisfatta o meno dei risultati ottenuti, è una cosa positiva, significa che non ho avuto problemi fisici. Purtroppo ho fatto tanta fatica e spero sia l’ultima stagione del genere, perché dopo due anni in cui ho raccolto poco o nulla, voglio tornare ai miei livelli».
A gennaio sei anche tornata alla vittoria in Coppa Europa nella 10km in classico di Planica, dove hai ottenuto anche un terzo posto nella sprint in skating.
«Mi sentivo bene, in quei giorni riuscivo a sciare con facilità e la situazione era sotto controllo. Ero felice, perché mi sembrava di essere tornata ai miei livelli, credevo di aver messo finalmente da parte tutti i problemi e di essere lanciata verso una bella seconda parte di stagione. Poi, purtroppo, ho avuto un calo fisico. Peccato, perché di testa ero tranquillissima, ero molto contenta per quello che avevo fatto, ma d’improvviso il fisico non ha più risposto».
Puoi descriverci quanto sono stati difficili, per te, questi ultimi due anni?
«Tantissimo, molto più del previsto, perché in un primo momento, dopo l’operazione, non avrei mai immaginato che avrei sofferto tanto per recuperare. È stato molto complicato tenere sempre duro, soprattutto con la testa, quando mi sono trovata a operarmi due volte e stare un anno lontana dalle gare. Non tutti lo sanno, ma, quando sono tornata, sono stata costretta a fare degli allenamenti diversi rispetto alle mie compagne, perché la mia caviglia non mi permetteva di correre o di fare tanto skiroll. Così sono andata molto in bicicletta, perché stressava meno la caviglia. Non ho quindi potuto allenarmi con le mie compagne di squadra e anche questo è stato pesante. Per fortuna sono tornata a gareggiare e ottenere anche buoni risultati, poi, quando pensavo di essermi messa tutto alle spalle, ho avuto questo crollo di forma. Negli ultimi due mesi, anche se non riuscivo più ad andare, ho tenuto duro, cercando di tirare fuori le ultime energie e ottenere il massimo che mi fosse possibile. Lo sanno tutti, quello visto negli ultimi mesi non è il mio livello, la vera Francesca è un’altra».
Quell’infortunio è arrivato proprio nel momento in cui eri lanciatissima.
«Avevo appena vinto un titolo al Mondiale Under 23 in Kazakistan, il bel 15° posto al Mondiale assoluto a Falun, oltre a un 25° a Drammen, dove è difficile per tutti in quanto partecipano tantissime norvegesi. Al termine di quella stagione ero certa che avrei avuto il posto fisso in squadra A, quindi in Coppa del Mondo, avevo finalmente la serenità per approcciare al meglio la stagione, maggiori certezze. La continuità di risultati mi aveva messo tanta fiducia, poi, invece, è arrivata quella prima operazione ad agosto, che non è andata come doveva, quindi la seconda a febbraio. Per me è stata una mazzata psicologica, in quanto mi sentivo in rampa di lancio e invece sono stata costretta a ricominciare da capo, come se non avessi mai sciato prima».
Aver disputato una stagione intera, nonostante il calo fisico nel finale, ti dà però maggiore fiducia in vista futura?
«Sicuramente, perché mi sono resa conto quest’anno che mi portavo dietro tanta insicurezza, figlia di un lungo periodo nel quale ogni volta che mi presentavo al cancelletto di partenza per una prova in pattinaggio, mi chiedevo se avrei avuto dolore o meno. Per me è stato difficile, in questa stagione, cancellare completamente quei momenti, arrivare al cancelletto e dire: “Io non ho paura”. Un po’ di insicurezza, purtroppo, è rimasta. Ora il mio obiettivo è di lavorare bene nel corso di tutta l’estate, perché come persona io sono tutto tranne che insicura, quindi vivo male questa situazione che non fa parte di me».
La prossima estate, quindi, lavorerai insieme alle compagne?
«Tornerò a fare un allenamento normale, ma dovrò comunque fare attenzione a questo mio problema, anche se potrò fare qualche corsetta. Ho una muscolatura che si contrae facilmente ed è tonica, se trascuro alcuni particolari rischio di peggiorare nuovamente le cose».
Il prossimo anno sarà anche quello olimpico: ci stai pensando?
«Sicuramente, anche perché quattro anni fa non andai a Sochi per pochissimo. Non so ancora nulla della prossima stagione, in quale gruppo sarò o con chi mi allenerò, ma voglio mettere subito le cose in chiaro: tornare ai miei livelli, andare alle Olimpiadi e prendermi una rivincita».
Vuoi ringraziare qualcuno per essere tornata alle gare?
«Devo ringraziare Erik Benedetto, fisioterapista della squadra A. Lui ha fatto un grandissimo lavoro, abita vicino a casa mia e conosce la mia fisioterapista, con la quale nel marzo 2016 hanno organizzato la mia riabilitazione, mi è stato vicino anche nel corso dell’inverno, si è sempre fatto sentire, si è preso a cuore la mia situazione. Se in questa stagione ho fatto delle gare in pattinato senza sentire dolore è soprattutto merito suo. Con lui ringrazio anche il fisioterapista della squadra B, Claudio Saba».
Dove hai trovato la forza per affrontare il lungo periodo della riabilitazione?
«Non so dove ho trovato le energie, l’ho fatto e basta. Ricordo prima della seconda operazione a febbraio, facevo un’ora di macchina al giorno per andarci, senza sapere se ci sarei riuscita o meno, perché a volte il dolore era forte, ma potevo accorgermene soltanto una volta che iniziavo a sciare. Mi sono resa contro che volevo davvero tornare alle gare, quando una persona a me cara, mi chiese se mi rendessi conto di ciò che stavo facendo: farmi due ore di macchina al giorno, per raggiungere la località più vicina a casa mia per allenarmi, senza sapere se effettivamente il fisico mi avrebbe permesso di sciare o meno. Mi disse che non avevo compreso quanto forza d’animo avessi. Quello è stato il momento in cui ho capito che volevo reagire seriamente, perché razionalmente mi sembrava di fare una cosa normale».
Cosa hai provato quando quest’anno, in Val Mustair, ti sei ritrovata nuovamente al via di una gara della Coppa del Mondo?
«Mi sono sentita di nuovo a casa. In passato, quando andavo in Coppa del Mondo dalla Coppa Europa, ero sempre agitata. Quest’anno, invece, ho avuto un senso di piacere e di nostalgia, mi era mancato quell’ambiente. Mi sono sentita a casa».
Tornando indietro nel tempo: nella tua zona in molti praticano il biathlon, come mai hai scelto il fondo?
«Inizialmente facevo anch’io biathlon, ho pure vinto sia i Campionati Italiani Ragazzi sia quelli Allievi, mi piaceva. La mia scelta è poi caduta sul fondo per tradizione di famiglia, i miei zii erano fondisti e, come me, entrambi finanzieri. A casa mia si è sempre respirata aria da fondista».
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
«Giocavo a calcio e mi piacerebbe tanto poter ricominciare un giorno. Ora però non posso farlo, in quanto non è consigliato per la mia caviglia. Oltre a questo, ho la passione della natura e degli animali. Passo molto tempo con la mia famiglia tra le mucche, perché i miei genitori hanno un azienda agricola che porta il nome di mia mamma, Elisabetta Bello».
Per quanto riguarda la prossima stagione: qual è il tuo obiettivo?
«Mi piacerebbe tornare a essere l’atleta di due anni fa, senza avere paure o incubi prima della gara. Voglio ritrovare la serenità e tornare a sciare con tranquillità, perché sono certa che se ritroverò quest’ultima, di conseguenza arriveranno anche i risultati. So cosa posso fare, l’ho già dimostrato in passato».