Dal suo primo Mondiale Giovanile è tornata a casa con ben tre medaglie di bronzo. Un risultato che dà grandi motivazioni a Samuela Comola, diciannove anni da compiere il prossimo 30 aprile, da Champorcher, una piccola valle dalla quale provengono anche Nicole Gontier e la fondista Francesca Baudin. La giovane valdostana dell’Esercito, reduce da un bronzo e un argento conquistati nei recenti Campionati Italiani di Anterselva, si è raccontata a Fondoitalia, descrivendo le emozioni vissute nel Mondiale slovacco, parlando di se stessa, della sua passione per il biathlon e dei suoi sogni.
Ciao Samuela. Partiamo dal Mondiale slovacco: ti saresti mai aspettata di tornare a casa con tre medaglie?
«Assolutamente no, pensavo di poter fare delle belle gare, ma mai avrei immaginato di salire tre volte sul podio. Ho avuto un inizio di stagione difficile, a causa di alcuni problemi alla schiena, che mi hanno costretta a restar ferma e saltare un paio di gare all’inizio della stagione. Ero andata in Slovacchia con l’obiettivo di fare delle belle prestazioni, ma non avrei mai creduto di poter raccogliere tanto».
Tra i due bronzi individuali, quale ti ha dato maggior soddisfazione?
«Forse quello ottenuto nell’inseguimento, perché il terzo posto nella gara sprint era del tutto inaspettato, mentre quello nell’inseguimento è arrivato al termine di una giornata nella quale mi ero messa addosso qualche pressione in più. Partendo terza, ovviamente, avevo molte aspettative, così ho iniziato la gara più emozionata, ma sono stata brava nel gestire la tensione al poligono e questo mi ha resa molto contenta».
È poi arrivato il bronzo in staffetta, nella quale sei stata la prima frazionista. Come hai vissuto le prove delle tue compagne?
«Quando ci si ritrova a essere costretti a guardare la gara, c’è sempre un po’ d’ansia e preoccupazione. Irene (Lardschneider ndr) era riuscita a mantenere la terza posizione nonostante un errore, ma Martina (Vigna ndr) aveva dietro di sé la finlandese che andava velocissima sugli sci. Lei però è stata decisiva, grandissima, perché non ha sentito l’emozione e in piedi ha sparato velocissima, portandoci la medaglia. Salire sul podio come squadra è qualcosa di speciale».
Per te è stato un banco di prova importante, perché ti sei misurata a livello internazionale.
«Lo scorso anno ho partecipato alle Olimpiadi giovanili e vinto un bronzo nella staffetta mista. Quest’anno però non avevo fatto gare internazionali, perché nell’unica occasione in cui sono andata in IBU Cup Junior, sono stata costretta a ritirarmi per il dolore alla schiena. Non sapevo, quindi, cosa aspettarmi, perché non avendo mai sfidato queste avversarie, non potevo conoscere né il loro né il mio livello. Devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa per come sono andate le cose (ride ndr)».
Torniamo indietro nel tempo: com’è nata la passione per il biathlon?
«Per caso. Ho iniziato facendo fondo, perché mio papà ne era appassionato e da piccola mi portava sempre a sciare. Con lo sci club locale iniziai a fare le prime gare, ma in un’occasione annullarono una prova di fondo perché non c’era abbastanza neve. Per non farci tornare a casa senza gareggiare, il presidente del nostro sci club ci propose di partecipare a una gara di biathlon che si sarebbe disputata ugualmente e abbiamo accettato. La sera precedente alla gara provammo a sparare un paio di colpi con la carabina ad aria compressa e mi piacque subito. Così non ho più smesso».
C’è stato un momento in cui hai pensato che la tua passione per il biathlon si sarebbe trasformata in un lavoro?
«Non lo so, perché non so nemmeno se in realtà l’ho mai pensato. Ho sempre visto il biathlon come una passione, mi è sempre piaciuto farlo. Certo poi sono iniziati ad arrivare i risultati e devo ammettere che, probabilmente, quando sono entrata nella squadra junior ho iniziato a farci un pensierino. Poi sono stata arruolata nell’Esercito, che ringrazio per questa occasione, perché per me è un grandissimo traguardo. Ho realizzato il sogno di poter fare ciò che più mi piace e avere un sostegno per farlo».
Hai un’atleta che ammiri particolarmente?
«Diciamo che ce ne sono tante, ma se devo sceglierne una, dico Laura Dahlmeier, perché è fortissima, sta vincendo tutto nonostante la giovane età».
Puoi descriverti come atleta?
«Il mio punto di forza è la precisione al tiro, anche in gare importante riesco a rimanere fredda e sparare bene. Devo, invece, migliorare un po’ sulla tecnica di sciata e fisicamente».
Quanto è complicato mantenere la concentrazione al poligono?
«È molto difficile, anche se sono brava a mantenerla. A volte capita di distrarsi, magari sono tentata di guardare se la vicina ha sbagliato o penso un po’ troppo al colpo. In quei momenti mi dico: “Samuela, chiuditi nella tua bolla, altrimenti sbagli”. Comunque sono cose che con il tempo si migliorano, bisogna solo fare esperienza».
Quanto sono importanti, per il tuo futuro, i risultati che hai ottenuto in questa stagione?
«Mi danno una maggiore fiducia per preparare al meglio la prossima stagione e cercare di fare ugualmente bene, anche se passerò di categoria diventando junior. Ci sarà molto da lavorare».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Quello di ogni atleta: arrivare almeno in Coppa del Mondo. Ovviamente oggi è ancora presto per dire se ci riuscirò, ma ci proverò».
Quanto è difficile conciliare lo studio con l’attività sportiva?
«Moltissimo, soprattutto all’inizio, ma ora ci sto riuscendo. Ho perso un anno perché avevo scelto la scuola sbagliata, ho cambiato e ora mi trovo meglio. È complicato andare al mattino a scuola, poi studiare e allenarsi, senza dimenticare le gare che si disputano ogni weekend, comprese quelle all’estero. Un grande aiuto, per fortuna, me lo danno i miei compagni di classe, che mi mandano gli appunti quando sono fuori. Senza di loro non saprei come fare».
A proposito di compagni di classe e amici: sei stata festeggiata al tuo ritorno dalla Slovacchia?
«Si, la sera stessa abbiamo fatto festa con i miei amici e alcune persone del paese dove vivo. Sono stati davvero carini, perché sono arrivata la sera tardi, ma mi hanno aspettata. Li ringrazio, perché mi sostengono sempre».