In questa stagione la Val Gardena ha regalato diverse soddisfazioni allo sport italiano. Tra queste le due medaglie d’oro conquistate da Irene Lardschneider ai Mondiali Giovanili di biathlon, nei quali ha vinto anche il bronzo nella staffetta. Ha da poco compiuto 19 anni e da novembre è entrata a far parte del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle, a sigillare un periodo straordinario. Per festeggiare l’8 marzo, non potevamo che intervistare una delle grandi promesse del biathlon femminile italiano.
Ciao Irene. Hai appena vissuto un Mondiale straordinario, te lo saresti mai aspettato alla vigilia?
«È stato decisamente straordinario. Era il mio primo Mondiale, perché lo scorso anno ho disputato le Olimpiadi Giovanili. È stata un’esperienza bellissima. Alla vigilia sicuramente non mi sarei aspettata di tornare con due ori e un bronzo, anche se sapevo di essermi allenata bene e speravo di arrivare in forma a questo evento. Certamente non sapevo nemmeno cosa aspettarmi, quale livello avrei trovato, perché non avevo disputato tante gare di livello internazionale, quindi non ero a conoscenza di quanto fossero forti le mie avversarie. Sono rimasta un po’ stupita del buon lavoro che abbiamo fatto».
Parlaci della sprint nella quale hai vinto il titolo di campionessa del mondo.
«Già dopo l’individuale, una volta visto che avevo ottenuto il miglior tempo sugli sci, ho iniziato a pensare che nella sprint avrei fatto bene. Così sono partita abbastanza convinta, volevo fare bene. Dopo il poligono a terra, i miei allenatori mi hanno detto che stavo disputando una bella gara e di restare concentrata. Al secondo poligono, quello in piedi, ho mancato l’ultimo colpo, ma sono riuscita a fare un bel giro conclusivo, che mi ha permesso di vincere. Appena arrivata al traguardo non immaginavo che avrei vinto, perché ero prima ma avevo un numero molto basso. Poi, via via che sono arrivate tutte le altre, ho iniziato a crederci e alla fine ho realizzato di aver vinto».
In quel momento che cosa hai pensato?
«Dentro di me ho pensato ai tanti sacrifici fatti, a tutti coloro che mi hanno aiutato nel corso degli anni e all’allenamento duro che ho fatto e mi ha finalmente ripagata con questo bellissimo successo. Quando hanno suonato l’inno italiano, ho provato tutte queste emozioni, mi sono gustata il momento e l’ho memorizzato».
Ripetersi non è mai facile: non hai sentito un po’ di pressione prima della prova a inseguimento, quando partivi con margine sulle tue avversarie?
«Devo dire che sono rimasta abbastanza tranquilla, perché in realtà non sentivo pressione. Avevo già al collo una medaglia d’oro, quindi mi sono detta di scendere in pista per fare quello che so, perché la pressione non era alta come nella prova sprint, nella quale volevo ottenere un grande risultato. Alla fine sono partita bene, poi quando sei in gara sempre da sola, corri il rischio di fare qualche pensiero di troppo, temi che qualcuno possa avvicinarsi. Sono pensieri che non vanno fatti, ma purtroppo vengono. Sono riuscita comunque a terminare la gara con quattro errori e vincere. Alla fine è stato piacevole, me la sono goduta, anche perché quante volte capita di partire in un inseguimento mondiale dal primo posto? Chissà quando e se riaccadrà».
Infine è giunto anche il bronzo nella staffetta.
«Quello, forse, è stato ancora più bello, perché vincere una medaglia di squadra ha un gusto speciale. Io ho avuto un po’ di difficoltà al poligono in piedi ed è stato bello che proprio Martina (Vigna ndr), che a differenza mia e di Samuela (Comola ndr) non aveva ancora vinto una medaglia mondiale, sia riuscita a fare una gara perfetta e mantenere la terza posizione. Quando è arrivata all’ultimo poligono, io e Samuela l’abbiamo guardata dall’area di partenza, abbiamo visto che la finlandese l’aveva superata, ma aveva commesso subito due errori al poligono. A quel punto ha iniziato a sparare Martina ed è stata velocissima, cinque colpi uno dietro l’altro, praticamente una raffica (ride ndr). Nel frattempo la finlandese si era anche presa il giro di penalità, così io e Samuela ci siamo abbracciate, festeggiando la medaglia».
Cosa ti ha lasciato questo Mondiale?
«Di sicuro mi ha dato più confidenza, maggiori motivazioni per affrontare gli allenamenti in vista della prossima stagione. Sicuramente questi due ori non mi hanno fatto montare la testa, ma messo maggior fiducia per proseguire la mia carriera. Spero di andare avanti così e migliorare sempre di più».
Puoi raccontarci come hai iniziato a praticare biathlon?
«Qui in Val Gardena il biathlon non è lo sport numero uno, perché abbiamo poche sagome. Da piccola ho iniziato con il fondo, perché mia mamma è appassionata e mi portava spesso a sciare con lei. Inoltre, quando facevo le elementari, praticavo nuoto agonistico ed ero convinta che sarei diventata una nuotatrice. Poi, a 8 anni, quasi per gioco ho fatto il corso di tiro con Luigi Ponza e mi è piaciuto veramente tanto. A quel punto mi sono detta “dai ci provo” e ho iniziato a fare biathlon. Nei primi anni non ero fortissima, ma sono andata avanti perché eravamo un bel gruppo di amici. Poi sono arrivati anche i risultati».
Risultati sempre migliori, fino a questa stagione straordinaria.
«Diciamo che quest’anno, per il momento, ho avuto soltanto soddisfazioni. Ho cominciato a novembre con l’arruolamento nelle Fiamme Gialle, poi le prime gare che sono andate bene, quindi la convocazione ai Mondiali e le medaglie. Ora avrò gli “Italiani” e spero di comportarmi bene anche lì».
Puoi spiegarci come si mantiene la concentrazione al poligono?
«Si sente sempre tutto ciò che accade intorno, anche se sei concentrata a fare quello che sai, a ripetere quanto fai in allenamento. È proprio qui che si fa la differenza, perché penso che tutti sparino bene in allenamento, ma è difficile fare lo stesso lavoro anche in gara, avere la freddezza di non farti distrarre dal pubblico e gli avversari, riuscendo a restare in te stessa».
Hai un’atleta che prendi come punto di riferimento?
«Sicuramente Alexia Runggaldier, perché anche lei è di queste parti e in questa stagione ha dimostrato di essere una grande atleta. La conosco, è una persona che non ha mai avuto la strada semplice, ha sempre combattuto ed è andata sempre avanti, non ha mai mollato, dimostrando alla fine di essere tra le migliori al mondo. Quando ha ottenuto il podio ad Anterselva ero contentissima, poi è arrivato il bronzo ai Mondiali ed è stato fantastico».
Delle atlete così forti da una località con poche sagome per sparare.
«Evidentemente non sono solo le infrastrutture a incidere sulle nostre prestazioni (ride ndr)».
Certo che lo Sci Club Gardena se ne sta togliendo di soddisfazioni: i tuoi due ori, il bronzo di Alexia Runggaldier ai Mondiali, l’oro ai Mondiali Giovanili di Manuela Malsiner e l’argento di Alex Insam.
«Credo che la nostra Presidentessa (Lidia Bernardi ndr) dovrà fare una festa quest’anno, perché oltre a questi risultati ne sono arrivati tanti altri. Non dimentichiamo poi i podi di Samuel Costa in combinata nordica e le belle prestazioni di Nicole Delago nello sci alpino. Si, dovremo fare proprio una mega festa».
Qual è il tuo obiettivo per la prossima stagione?
«Continuare così, mantenendo sempre la voglia e le motivazioni che ho avuto fino a oggi. Voglio riuscire a migliorarmi, andare avanti così e fare anche gare di primo livello. Sarei felice di avere l’occasione di misurarmi anche in IBU Cup. Cercherò comunque di raccogliere il massimo».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Il sogno è quello di gareggiare un giorno in Coppa del Mondo, con le grandi atlete che vediamo in tv. L’obiettivo lontano è di arrivare fino a lì, anche se è difficile perché sono veramente forti».