La classifica finale della Continental Cup estiva ha visto la rinascita dei saltatori azzurri, con il quarto posto finale di Bresadola, il sesto di Colloredo e l’ottavo di Insam. Segno che il lavoro iniziato con il nuovo allenatore responsabile, il polacco Lukasz Kruczek, sta portando degli ottimi risultati. Per saperne di più abbiamo intervistato il più esperto tra i saltatori italiani, Sebastian Colloredo, che nel corso dell’estate, oltre ad aver vinto una gara di FIS Cup a Villach, ha conquistato anche un bel secondo posto in Continental Cup a Frenstat pod Radhostem in Repubblica Ceca, oltre tanti altri ottimi piazzamenti, faticando un po’ di più nell’ultima uscita di Kligenthal. Un’ottima marcia di avvicinamento alla Coppa del Mondo, che avrà inizio il prossimo 25 novembre a Ruka in Finlandia, nella quale il saltatore di Gemona del Friuli vuole entrare più spesso a punti rispetto agli ultimi anni e magari tornare nei primi dieci, traguardo che non raggiunge dal 9° posto di Kligenthal del 9 febbraio 2013.
Ciao Sebastian, hai appena chiuso all’ottavo posto la Continental Cup: sei soddisfatto per i risultati raggiunti nel corso dell’estate?
«Si, sono soddisfatto, anche se sono un po’ calato nelle gare di fine settembre, nelle quali sono comunque riuscito ad andare a punti, che è una cosa positiva. Ad agosto era arrivato anche il primo podio, ho fatto dei salti più liberi e sicuri, ma a fine settembre ho avuto questo calo, forse dovuto ai tanti viaggi fatti in pochi giorni».
La nazionale ha cambiato allenatore, affidandosi al polacco Kruczek: come ti stai trovando con il nuovo tecnico?
«Bene, perché innanzitutto ha creato un gruppo folto e unito, che è una cosa fondamentale, perché facciamo tante trasferte e se si crea un gruppo solido queste pesano meno. Per quanto riguarda il suo metodo, si fa tanto, il lavoro è molto duro dal punto di vista fisico, costante e attento ai recuperi. Nessuno di noi però si sta tirando indietro, perché siamo consapevoli di dover dare il massimo ogni giorno».
Hai notato grandi differenze rispetto agli anni passati?
«Si, in particolare il fatto che all’inizio della preparazione ci ha fatto svolgere dei test singolarmente su un rivelatore di potenza, per conoscere meglio il nostro corpo e preparare per ognuno di noi una tabella di allenamento personalizzata. Insomma ognuno ha la propria preparazione. Questo, secondo me, è un metodo migliore, perché fisicamente siamo tutti diversi e l’allenamento adatto a me, probabilmente non lo sarà per un altro e viceversa».
Dal punto di vista tecnico invece?
«Mi ha fatto semplificare l’atteggiamento che avevo sul trampolino. Io ero sempre molto puntiglioso riguardo il gesto tecnico, attento a ogni particolare, invece lui ha preso il meglio del mio gesto e l’ha fortificato, mettendo da parte tutte le altre cose. Si sta comportando così con tutti, è un suo modo di lavorare, che rispettiamo ed è funzionale, perché in questa maniera non si sprecano mille pensieri su cose poco importanti e il gesto tecnico ne trae beneficio».
Qual è il tuo obiettivo in vista della prossima stagione?
«Come sempre quello di stare davanti nel numero più alto possibile di gare. Poi ho un obiettivo fisso dal 2006, che è quello di ottenere un ottimo risultato in un grande appuntamento e quest’anno ci sono i Mondiali di Lahti. Però non voglio sprecare energie nel pensare agli obiettivi, preferisco dare più importanza a quello che devo fare per raggiungerli e lavorare al massimo delle mie possibilità».
Com’è nata la tua passione per il salto, sport che in Italia non ha ancora molti appassionati?
«Quando avevo sei anni c’era l’impianto di Tarvisio, che veniva gestito dallo Sci CAI Monte Lussari. Riccardo Pinzani, che ne è ancora il presidente, aveva l’obiettivo di avvicinare al salto il numero più alto possibile di giovani. Convinse a provare mio fratello, ma lui ha presto lasciato, così mi ha chiesto se avevo voglia di cominciare e l’ho fatto, mi è piaciuto e ho continuato».
Qual è la cosa che più ti piace del salto?
«Ogni volta che sono in cima al trampolino, provo un attimo a guardarlo con gli occhi dello spettatore e devo dire che fa impressione. Trovo affascinante tutto di questo sport: il fatto di lasciarsi andare, il gesto, volare, l’atterraggio. Ecco, magari la cosa meno spettacolare è lo spazzaneve giù in fondo, una volta atterrato».
Puoi descriverci le emozioni che hai provato nel novembre del 2012, in occasione del tuo unico podio fin qui in Coppa del Mondo?
«Quel traguardo è stato eccezionale. Era una gara mista con due uomini e due donne, è stato bellissimo condividere il mio primo podio con i compagni di squadra, fantastico. Purtroppo hanno tolto le gare miste, che mi auguro vengano presto riammesse. Comunque ci sono ancora tante possibilità di mettersi in mostra e salire sul podio, voglio ripetermi».
È emozionante gareggiare davanti a migliaia di persone come accade in Scandinavia?
«Si è fantastico e spero che presto possa esserci tanta gente anche in Italia. Questo sport ha grandi potenzialità e secondo me può crescere anche nel nostro paese. Ne avremmo bisogno».
Hai ottenuto degli ottimi risultati nei primi anni della tua carriera, mentre nelle ultime stagioni hai fatto molta fatica; cos’è successo?
«Penso che nelle ultime stagioni si era perso di vista l’obiettivo e il modo di lavorare. Ritengo che personalmente sono riuscito a dare sempre il massimo, ma non ho concentrato le mie energie nella giusta direzione. Certamente dagli sbagli si può imparare moltissimo e con estrema umiltà considero queste ultime due stagioni come una grande scuola. Sono convinto di essere migliorato e il mio percorso non è finito, anzi mi trovo solo all’inizio della rimonta».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Una medaglia alle Olimpiadi o ai Mondiali, non conta il colore, ma soltanto portarla a casa e poggiarla sul tavolo dove mamma mi ha fatto i biscotti».
Colloredo è deciso: “Non penso agli obiettivi, ma a quello che devo fare per raggiungerli”
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