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La scomparsa di Camillo Onesti, il DA che fece grande il fondo femminile

MILANO – Lutto nel mondo degli sport invernali: Camillo Onesti, milanese doc, classe 1926, nato e vissuto a Porta Ticinese, ci ha lasciati. Il funerale avrà luogo  venerdì 21 novembre alle 11, presso la Parrocchia San Gottardo di Corso San Gottardo.

La sua storia variegata la potete trovare sul sito, nella sezione in cui i grandi personaggi sono elencati in ordine alfabetico. Qui ricordiamo che nel fondo è stato una vera e propria pietra miliare. Di quello femminile quando ne divenne direttore agonistico. Quando, quasi a sorpresa, questo piccolo imprenditore nell’edilizia, fanatico dello sport in generale e dello sci e della montagna in particolare, classico tipo del “milanese con il cuore in mano”, nel 1986 venne chiamato dall’allora presidente della Fisi, avv. Gattai, perché ritenuto, dopo 11 anni di responsabile di settore delle Alpi Centrali, il personaggio più adatto a creare dal niente un movimento e a dargli visibilità e credibilità. 
Le sue idee, su quello che si doveva e si poteva fare, erano chiare e mise subito paletti ben precisi. Prima dionesti montagna tutto il recupero in nazionale di Manuela Di Centa, estromessa dopo le Olimpiadi di Serajevo; poi la possibilità di programmare la propria attività contando sulla completa assistenza tecnica e medica, separata da quella dei maschi. Infine il risultato più importante, la “pari dignità” con il settore maschile. E questo fu l’effettivo salto di qualità, in quanto venne a cadere la discriminazione attuata fino a quel momento anche sul piano dei benefici economici. Per la prima volta le donne ottennero pure la stessa remunerazione e si videro aprire le porte dei gruppi sportivi militari, (il primo è stato quello della Forestale), conquistando quel traguardo che altre discipline sportive avevano raggiunto già da tempo. Anche le fondista, insomma, poterono finalmente fare sport a tempo pieno con uno stipendio e con un lavoro sicuro a fine carriera. Almeno per le più brave si apriva una prospettiva che le metteva in condizione di non abbandonare più l’attività in giovane età per cercarsi un lavoro.
Indubbiamente è stato anche fortunato poiché ha visto sbocciare Stefania Belmondo, ma da parte sua ha avuto la capacità di farla convivere con Manuela senza che si strappassero i capelli, mantenendo la loro rivalità al livello delle frecciate verbali che, però, erano servite quantomeno ad attirare l’interesse dei media sulle donne fino ad allora pressoché ignorate. Inoltre è riuscito a far crescere con pazienza Gabriella Paruzzi e riportare in squadra Bice Vanzetta dopo che aveva abbandonato l’agonismo per sposarsi. Così alle onesti stramilanomedaglie individuali delle due primedonne si sono quindi potute aggiungere quelle di staffetta, a dimostrazione della forza e della compattezza della squadra che era riuscito a formare e che, per la prima volta nella storia del fondo femminile, aveva potuto godere di una propria autonomia.
Periodo d’oro, questo, per il fondo femminile, che tuttavia “pativa” la rivalità fra le primedonne non solo per l’atmosfera che si creava in squadra, ma anche nella gestione della stessa poiché Onesti, pur con tutta la sua diplomazia, non poteva fare a meno di assegnare l’incarico di allenatore al tecnico indicato dall’una o dall’altra sulla base dei risultati che Manuela o Stefania ottenevano. Pesavano al punto che, da un certo momento in poi, la FISI concesse a Manuela un suo staff personale, al di fuori della nazionale. Lo stesso sarebbe avvenuto con Stefania quando la rivale abbandonò l’attività.
Da sottolineare, poi, che a Milano è riuscito a realizzare un’impresa che tutti consideravano una pazzia, portandovi la Coppa del Mondo di fondo. Due gare sprint: la prima al Vigorelli appena inaugurato, la seconda in un capannone della Fiera.
Lasciato il fondo, la passione per la montagna lo ha portato anche a diventare vice presidente della Commissione Sci Alpinismo fino al 2008, disciplina di cui fu, anche in questo circostanza, un pioniere. E non è certo un caso che questa specialità ancora oggi sia quella che “tira” di più nel mondo degli sport invernali.
L’agonismo l’ha sempre avuto nel sangue: fin da bambino. Podismo (la prima corsa a 5 anni, maratoneta già anzianotto), e ciclismo (da 16 a 26 anni, quandoonesti maglia scoprì la montagna con gli amici del CAI, ma in bici si è mosso per Milano fino all’ultimo) le sue altre passioni. Le Grigne, il Gruppo del Brenta, la Valmasino d’estate, e corsa e sci di fondo in inverno. Da podista che si allenava alla Montagnetta, e quindi da presidente del Fior di Roccia, ha dato continuità alla Stramilano “inventata” da Renato Cepparo e diventata appuntamento internazionale. Le sue maratone all’estero: Pechino, 3 volte New York e, in aggiunta, giusto per farsi un’altra esperienza, la Corrida di San Paolo. Più corta, ma altrettanto affascinante. A ragione può essere considerato l’essenza del moto perpetuo. Ci mancherà. Ma c’è da giurarci che, da qualche altra parte, il suo spirito non si è certo chetato. Non ci sono confini per uno che ambiva a migliorarsi nel km verticale: il cielo è alla sua portata.

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