on sono passati millenni da quando gli azzurri del fondo si contendevano il podio olimpico alla pari con norvegesi e russi. Torino 2006 è solo dietro l’angolo. Là si è toccato il vertice della parabola; da allora, però, invece che conservare e, se possibile, potenziare quanto costruito, la frana si è dimostrata inarrestabile.
Se sul piano economico il presidente Morzenti ha pagato i debiti lasciati dai suoi predecessori, su quello tecnico si sono invece succedute scelte sbagliate delle quali si paga tuttora la conseguenza. Tanto è vero che a Sochi, dove finalmente è tornato l’azzurro di ordinanza al posto del nero spettrale, finora non è arrivata nemmeno una medaglia di legno ed è sfumata anche la speranza legata a Federico Pellegrino nello sprint. Siamo al punto che dobbiamo considerare già un traguardo importante l’accesso alle finali, quando ci riusciamo, visto che le nevi russe sembrano avere una certa idiosincrasia per gli atleti italiani.
Potrebbe essere una giustificazione, ma sarebbe una presa per i fondelli, per il semplice fatto che lo sci nordico è stato particolarmente negletto dalla Fisi, e ora i nodi vengono al pettine. E che nodi, e quanti…. Tanti da richiedere quello che il mondo del fondo vorrebbe e la dirigenza federale nega: la convocazione degli stati generali. Come fece Gattai per due volte alla fine degli anni ’70i, avviando la ricostruzione del fondo italiano.
Ma quello era un presidente illuminato, con la schiena ritta e le palle al posto giusto, affiancato da gente che viveva per la federazione, non per le proprie pur giustificabili ambizioni. Gente del fare e non del parlare, che lavorava in profondità: tanto è vero che i tesserati toccarono quota 220.000: quasi il triplo degli attuali.
In questo momento, invece, quando due o più presidenti dei Comitati regionali Fisi si incontrano, capita di assistere ad un fitto parlottio, con facce sconsolate e ma nemmeno poi tanto sottovoce. Così si riesce a carpire qualche parola, frasi intere, pezzi di conversazione. Il tema è sempre lo stesso: entro il 12 marzo bisogna presentare le candidature per la presidenza nazionale, e molti sperano che Roda capisca che è il momento di fare un passo indietro.
Di propria volontà, senza aspettare di essere defenestrato. Che potrebbe anche verificarsi se continuerà a cullare – e manifestare ¬-l’infondata certezza di vincere in carrozza. La storia, che è maestra di vita, ricorda che c’è già stato qualcuno che ci credeva anche mentre lo stavano portando alla ghigliottina, e un altro che vaneggiava sull’ultima ridotta quando poi è finito appeso per i piedi in piazzale Loreto.
Non ci vuole una sensibilità particolare per capire che i presidenti regionali gli rimproverano una gestione verticistica, cioè di aver preso decisioni senza consultare nessuno. Se poi si considera che l’attuale presidente non ha grandi competenze, è automatico che le decisioni siano perlomeno avventurose, quando non disastrose. E’ facile indicare cosa gli rimproverano i presidenti regionali: parecchio di ciò che Fondoitalianews scrive da tempo.
A cominciare dalla scelta di ridurre il costo del tesseramento escludendo la polizza per responsabilità civile; che quest’anno è stata rimessa, ma ormai il danno è stato fatto e recuperare non è così semplice. Difatti capita che in Lombardia non si riesca ad organizzare gare, mentre si affermano sempre di più quelle organizzate dagli enti di promozione sportiva. Che hanno una funzione fondamentale e insostituibile, ma non sono attrezzati per formare i campioni di domani. E i campioni sono i testimonial migliori per qualsiasi sport.
A proposito di campioni, resta la figuraccia della programmazione sbagliata che avrebbe chiuso le porte di Sochi ad alcuni atleti di sci alpino. Una situazione incredibile, recuperata grazie ad un colpo di fortuna con la c maiuscola. Ma non si può programmare una stagione olimpica contando sulle virtù del fondoschiena. Non è serio.
E non è che sia andata meglio a quello nordico che sembra diventato un’agenzia di viaggi per turisti per caso. Ma il Coni che ci sta a fare? Le vacanze a Sochi, con una rappresentanza fortunatamente ridotta rispetto al passato. Buon senso o segnale manifesto che anche in via del Foro Italico è arrivata la tanto decantata “spending review” che però non sembra riguardare personaggi che sarebbe invece opportuno rottamare?
E a proposito di campioni di domani, perché scarseggiano le notizie sull’attività di Futurfisi? I Comitati regionali sono seriamente preoccupati per la stasi che rischia di diventare palude vista la penuria di idee e di finanziamenti. In questo quadro il “progetto scuola” che è stato gettato sul piatto all’ultimo momento lascia un sentore di marketing raffazzonato, tanto per muovere un po’ l’aria stagnante e far credere in un pullulare di creatività che non c’è. Perché un minimo di intelligenza diligente non avrebbe portato all’azzeramento della Commissione scientifica, a spedire nel dimenticatoio gli accordi di collaborazione con i Politecnici di Milano e di Torino, e di conseguenza quelli con le case produttrici di materiali.
Se Roda avesse ascoltato i presidenti delle società avrebbe commesso meno errori. Errori che però, sia chiaro, paghiamo tutti. Non vogliamo mettere in dubbio la buona fede del presidente pro tempore, siamo anzi convinti che si sia impegnato al massimo nonostante qualche scelta inelegante come quella di concedersi uno stipendio come prima mossa dopo l’insediamento. Il primo nella storia della Fisi.
Non discutiamo nemmeno il valore della persona: ha dimostrato di essere un buon tecnico di sci alpino, ma proprio questo l’ha limitato, poiché ha trascurato (e nel caso del fondo trascurare è un eufemismo) le altre discipline, e anche in quelle che predilige qualche passo falso l’ha fatto, come quello di consentire agli allenatori di essere anche giudici di gara, prendendo a schiaffi l’imparzialità.
A Roda, lo si è sempre detto, manca la competenza. Che non si acquista al supermercato, men che meno nei discount. Avrebbe forse potuto rimediare frequentando di più la base, i presidenti e i consiglieri delle società. Invece gli è venuto l’uzzolo farsi fotografare accanto ai vip, e per supplire alla sua mancanza di capacità gestionale ha inventato la figura del direttore generale a chiamata diretta (invece del segretario generale che di solito proviene dai ranghi del Coni). Purtroppo anche il direttore generale ha mostrato limiti inaspettati, così ci si ritrova con piste che attendono da tempo l’omologazione, mentre sul libro paga di via Piranesi sono comparsi nuovi nomi. Raccomandati? Non vogliamo saperlo.
Ora i presidenti regionali sono scontenti, ma non è il momento di piangersi addosso. E nemmeno di sperare che con le elezioni del 12 aprile giunga un nuovo uomo della Provvidenza (come doveva essere Roda) a risolvere tutti i problemi. Il nome più gettonato in questo momento è quello dell’ing. Marocco, presidente del Comitato Piemontese. Uno che viene dalla base, delle quale conosce le esigenze e i problemi, non un tecnico paracadutato in via Piranesi dall’inciucio dei voti delle Alpi Centrali, che della base se n’è sempre fottuto e di problemi ne ha creati più che risolti.
Forse sarebbe il caso di mettere mano seriamente allo Statuto, non per introdurre altre regole bizzarre, ma per fare in modo che la consultazione della base diventi necessaria e ineludibile prima di ogni decisione importante, e non lasciata alla sensibilità del presidente federale. Che ne ha quanto la leggerezza di un elefante in un negozio di cristalleria. Non si tratta di creare un caotico assemblearismo, bensì di individuare quegli strumenti utili a valorizzare il lavoro di quelle migliaia di volontari che ogni giorno “tirano la carretta”, e ascoltano desideri, speranze e delusioni degli sportivi. E’ un patrimonio di conoscenze che – come sa ogni dirigente preparato – nessun “uomo solo al comando” potrà mai avere. Perché sprecarlo?
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