Venerdì scorso, 23 novembre, a Copreno di Lentate (MI) erano in tanti a dare l’ultimo saluto ad Angelo Vergani. Un personaggio che ha lasciato una traccia nel mondo degli sport invernali contribuendone alla crescita. Se ne è andato a 80 anni, 62 dei quali dedicati allo sport. Entrò in Fisi a 16 anni come fattorino, ne divenne segretario generale per 21 anni, fino a quando dovette mettersi in pensione per raggiunti limiti di età, ma continuò a collaborare con la Federazione fino a due anni fa.
Alle esequie erano presenti il presidente Flavio Roda, l’ex presidente Giovanni Morzenti, il presidente delle Alpi Centrali Carmelo Ghilardi, i consiglieri federali Checchi e Schmalz. Spiccava l’assenza del Coni, oltre che di tutti i responsabili delle Coppe del Mondo da Cortina a Badia, da Gardena a Val di Fiemme a Bormio a Sestriere. Eppure Angelo Vergani a Roma lo conoscevano bene poiché ha seguito, con diversi ruoli, 14 edizioni delle Olimpiadi invernali ed è sempre stato a stretto contatto con gli uffici del Foro Olimpico. Ma né Petrucci, né l’ormai presenzialista Pagnozzi (per non parlare di Carraro) hanno sentito il bisogno di essere presenti, non l’hanno degnato nemmeno di una commemorazione ufficiale.
Fortunatamente lo ha fatto, invece, il figlio Max, responsabile dell’Ufficio comunicazione della Fisi, ricordando papà Angelino con parole che hanno suscitato la commozione generale e un meritato applauso.
Non vogliamo fare polemiche sulla scomparsa di un uomo che ha dedicato la vita allo sport, e l’ha fatto con passione e dedizione, ma una considerazione non possiamo tacerla: se rottamiamo anche la nostra memoria, ossia le nostre radici, su quali fondamenta potremo costruire il futuro? Certamente Angelo Vergani dalla valle eterna non si sarà stupito di tutto quel silenzio che solo la preghiera sa colmare nel guardare il suo lavoro che nella gremita chiesa vedeva i suoi “dipendenti” che invece gli rendevano rispettoso omaggio e che, in corteo, l’hanno accompagnato fino al vicino cimitero.
Una persona che per ben 62 anni svolge la sua missione nello sport merita ed avrebbe meritato una orazione funebre da passare alle scuole dello sport che devono essere scuole di vita. Lui, senza mai posare, è stato infatti una guida, un “maestro” esemplare di umanità unita alla severa diligenza del funzionario di Stato che ha posto al centro dei suoi interessi quelli degli atleti, dei tecnici, delle società, degli eventi sportivi. Ecco perché più d’uno doveva dire un pensiero verso questo “uomo di sport”.
Per fortuna, come dice il poeta, “il tramonto degli eroi non ha mai sera”: c’è dunque da augurarsi che per Angelo Vergani si faccia strada quella riflessione che sul sagrato della chiesa ha fatto Morzenti e cioè “che a Vergani bisognerebbe intitolare una borsa di studio per atleti che diventano tecnici, come lui è diventato un esempio di rara dignità umana e sportiva”. La commissione di assegnazione dovrebbe essere composta dai suoi più antichi collaboratori ed amici che del “ragioniere” saprebbero meglio interpretare ogni sfumatura di vita. Cosi il suo esempio non sarebbe vano.
Angelo Vergani nelle parole del figlio Max
Desidero ringraziare i tanti, tantissimi amici, conoscenti, colleghi che in questa giornata mi stanno testimoniando la loro stima e riconoscenza nel momento in cui il mio papà è volato via. E’ bello ed importante sentire che tanta gente che ha avuto a che fare con lui ne serbi un ricordo di persona gentile, preparata, attiva, appassionata. L’esatta percezione che ho sempre avuto io stesso di lui, sin da bambino.
Anche quando era severo con me. E lo era. Credo perché, prima di tutto, era rigoroso con se stesso. Ha sempre avuto ben chiari i valori della lealtà. Del senso del dovere, dell’onestà, dell’etica professionale.
E’ stato un uomo di sport nel senso più puro del termine. E’ stato sportivo nei confronti della vita. Nei confronti della sua famiglia, del suo lavoro e di tutte le persone che gli hanno chiesto una mano. Non si è mai tirato indietro. Ha sempre affrontato le situazioni, anche quelle più complicate, con il buonsenso che gli derivava dall’origine contadina della famiglia. Niente grilli per la testa, ma la determinazione e la coscienza che con il lavoro, con lo studio, con l’impegno si possono scalare le montagne. La sua storia personale ne è l’esempio più evidente.
Ora che non c’è più spero possa riposare soddisfatto della sua esistenza e sorridere, dal cielo, degli affanni di tutti noi che ci arrabbiano per le piccole cose di ogni giorno, inutilmente, che proviamo piccole invidie, che sbuffiamo per piccole fatiche. Sì, penso proprio che l’Angelino due sorrisi di soddisfazione se li stia facendo.
Il suo esempio è già dentro di noi, da lungo tempo. La sua storia è impressa nei nostri geni e nella nostra crescita professionale e umana. Ora è importante portare avanti tutto ciò che lui ha saputo costruire e sia io che i miei fratelli lo faremo. Porteremo nel nostro cuore la sua forza e la sua dignità, e la trasferiremo ai nostri figli perché la storia di quell’omino gentile, venuto dal nulla e approdato a ruoli importanti non si dimentichi mai. Buon viaggio papà.