Dal dopoguerra al 1960
E’ dura la ripresa in un paese dilaniato dalla guerra: per la vita normale, ma più ancora per lo sport che non può riprendere la sua attività regolare se tutto il resto non funziona. Almeno finché non siano ripresi collegamenti accettabili fra il Nord, dove la guerra s’è conclusa, e il resto del paese. Collegamenti che per mesi e mesi sono risultati precari in ogni settore, a cominciare dai servizi pubblici. Poste, ferrovie, autolinee che vanno a scartamento ridotto, ore di attesa per una telefonata, telegrammi che partono ma non sai se e quando arrivano. Anche chi dispone di un mezzo proprio ha grossi problemi per mettersi in viaggio, legati, oltre che alla condizione delle strade, alla scarsità di carburante.
E’ in una situazione del genere che la FISI riparte dopo la Liberazione, con un reggente a Roma, dove resta la sede giuridica e il dott. Vincenzo La Porta prende il posto del presidente Renato Ricci, e con la sede effettiva a Milano, con il cav. Luigi Flumiani designato commissario per l’Alta Italia. Il dott. Giordano Bruno Fabjan, triestino, segretario del CONI per l’Alta Italia, assume anche le funzioni di segretario generale e avvia l’opera di ricostruzione della Federazione, ristabilendo contatti interrotti da anni ed elaborando le nuove norme federali.
Malgrado tutte le difficoltà, nel febbraio 1946 si disputano i primi campionati italiani del dopoguerra: fondo e specialità alpine maschili a Madesimo, prove femminili all’Abetone e gare di salto a Pontedilegno. Nel fondo dominano gli atleti della Valfurva, con Aristide Compagnoni vittorioso nella 18 e nella 50 km e, con il fratello Mario e Silvio Confortola, anche nella staffetta 3×10 km. A metà maggio, a Firenze, si tiene la Costituente degli sport invernali che restituisce alla FISI un assetto democratico. Viene approvata la bozza del nuovo statuto federale e si costituisce il Comitato Nazionale. Le elezioni portano alla presidenza il torinese Giovanni Nasi. In luglio, sulla base del nuovo statuto, il Comitato nazionale istituisce una serie di commissioni tecniche e procede all’organizzazione territoriale federale attraverso la costituzione di 9 comitati zonali: Alpi Occidentali, Alpi Centrali, Dolomiti, Veneto, Carnico-Giuliano, Appennino Settentrionale, Appennino Centrale, Appennino Meridionale, Siculo. Con l’istituzione della Regione Autonoma Valle d’Aosta, si aggiunge in seguito il Comitato Valdostano FISI-ASIVA (Associazione Sport Invernali Valle d’Aosta).
Riprendono i contatti con l’estero e qui anche la politica fa la sua parte, visto che l’Italia viene invitata a partecipare ai Giochi Olimpici in programma a St. Moritz, mentre Germania e Giappone ne restano fuori. La stagione 1947-1948 diventa quindi fondamentale per il rilancio del fondo e come allenatore viene chiamato il finlandese Aaro Eloranta che prende il posto di Andrea Vuerich al quale la nazionale era stata affidata in gennaio, in concomitanza con i campionati assoluti che si disputano a Selva di Val Gardena tanto per le specialità nordiche che per quelle alpine. I titoli del fondo sono ancora appannaggio della vecchia guardia: Vincenzo Perruchon nella 18 km e Rizzieri Rodeghiero nella 50 km e nella combinata. Unico nome nuovo Ottavio Compagnoni che, con i fratelli Aristide e Severino e Silvio Confortola si assicura il titolo della staffetta che si disputa in quattro frazioni. Torna alla grande anche la “Valligiani”, che registra il successo di Moena sulle 26 squadre partecipanti.
Si imposta un programma di preparazione con due settimane al mare in settembre, altre due di “ossigenazione” a Corvara e tre in dicembre, in Valgardena, per i primi allenamenti sulla neve. Resta solo il problema della gara di pattuglia, che aveva visto gli Alpini vincitori della medaglia d’oro a Garmisch ma che a St. Moritz è considerata semplicemente “dimostrativa”. In un primo tempo lo Stato Maggiore dell’Esercito, per mancanza di fondi, si chiama fuori, ma ritorna sulla decisione, solo tre mesi prima dei Giochi, a seguito di una campagna di stampa estremamente critica. Troppo scarso il tempo per preparare la pattuglia e quindi si chiede aiuto alla FISI perché metta a disposizione qualche azzurro già in preparazione con la nazionale. Ed è così che vengono arruolati, per un tempo limitato, il sergente Aristide Compagnoni, il caporal maggiore Giacinto De Cassan e gli alpini Antenore Cuel e Bortolo Rossi, sottopposti al comando di un ufficiale effettivo, il tenente Costanzo Picco.
Giochi deludenti, per quanto riguarda il fondo (i migliori risultano Severino Compagnoni 22° nella 18 km e Rizzieri Rodeghiero 13° nella 50 km e la staffetta è sesta), mentre la pattuglia arriva quarta. Risulta evidente che c’è qualcosa da cambiare, che i militari non possono limitare l’attività sportiva a tre gruppi di altrettanti reggimenti alpini e ad alcuni elementi della Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo. Inizialmente l’Esercito contraddice il suo passato più recente: infatti la Scuola Militare di Alpinismo di Aosta a fine agosto del 1948 cambia il nome in Scuola Militare Alpina per significare un’attività indirizzata esclusivamente a scopo militari, con divieto di praticare attività sportive sciistiche ed alpinistiche. La decisione fortunatamente rientra sei mesi dopo con l’ordine di costituire un nucleo sci-agonistico che possa partecipare ai concorsi internazionali militare che erano ripresi in gennaio, senza la partecipazione di una squadra di alpini perché la Scuola aveva smobilitato. Nasce così il Gruppo Sciatori Truppe Alpine, che prende successivamente la denominazione di Plotone speciale sciatori del Centro Sportivo Esercito. Al comando si succederanno il maggiore Giuseppe Fabre, i capitani Piero Armol e Costanzo Picco, il tenente Battista Mismetti e il tenente Renato Blua, tutti uomini che hanno lasciato un segno nella storia dello sci italiano. Blua, una volta congedato, sarebbe diventato sindaco di Courmayeur, il paese dove il Centro Sportivo Esercito dal 1960 ha la sua sede definitiva.
Nel frattempo, però, all’estremità opposta della catena alpina viene costituita un’altra Scuola Alpina, quella delle Guardie di Pubblica Sicurezza, con lo scopo di addestrare uomini specializzati per la vita e per l’impiego in montagna, per la sorveglianza dei tratti di confine e per le operazioni di vigilanza e soccorso che si rendessero necessarie ad alte quote. La prima sede a San Candido, nella caserma “Druso”. Il 19 gennaio si dà vita alla squadra sportiva di sci che il 2 marzo vince la sua prima gara, una staffetta alpina organizzata dalla Legione di Trento della Finanza. E’ il primo passo verso la formazione delle Fiamme Oro che avrebbe primeggiato anche nello sci nordico e alpino, così come nell’atletica, nel rugby e in tante altre discipline sportive.
A dicembre per la prima volta i nostri fondisti si recano in Svezia per i primi allenamenti sulla neve presso il famoso centro di preparazione di Volodalen, gestito da Gösta Olander, una specie di “guru” del fondo, dove torneranno ripetutamente, per più di vent’anni, con due allenatori svedesi: prima con Sigvard Nordlund (nella foto con alcuni azzurri), assunto nel 1952, e poi con Bengt Herman Nilsson, il suo vice che ne ha preso il posto. Una località sperduta in mezzo alla foresta, lontana da ogni tentazione, con permanenze da uno a due mesi, comprese le feste di Natale e Capodanno. Poche ore di luce, allenamenti con le pile agganciate alla fronte; unico svago le interminabili partite a carte, con qualche scappatella per andare a ballare, saltando magari dalle finestre del primo piano (Manfroi ne sa qualcosa ….) in modo di evitare la sorveglianza degli allenatori, per cercare di rompere la monotonia di giornate che si succedevano sempre identiche l’una all’altra.
Ai Mondiali di Aspen, nel 1950, i fondisti non partecipano. Troppo elevata la spesa per un risultato precario. Ci va invece la squadra dello sci alpino, che sta attraversando un momento magico, ed è un trionfo: due medaglie d’oro (discesa libera e slalom gigante) e una d’argento (slalom speciale) per Zeno Colò, bronzo nello speciale per Celina Seghi.
Il 1951 è caratterizzato dal XVIII congresso della FIS, la Federazione Internazionale dello Sci, che si tiene a Venezia: al dimissionario presidente norvegese Oestegard, subentra lo svizzero Mark Hodler, che trasferisce la sede della FIS da Oslo a Berna. Nella stessa occasione i rappresentanti delle federazioni dei sei Paesi alpini (Austria, Francia, Germania Occidentale, Italia, Jugoslavia e Svizzera) decidono di istituire una gara di fondo in tre prove (15 km maschile, staffetta 4×10 km maschile e 10 km femminile) per incentivare la pratica dello sci nordico in un territorio in cui questo sport non ha certamente la tradizione della Scandinavia. Ogni anno, a turno fra i 6 Paesi, le rappresentative nazionali si affronteranno nelle tre gare, con classifica a punti sulla base dei piazzamenti. In palio, per la nazione vincitrice, la Coppa Kurikkala, intitolata al campione finlandese caduto in guerra combattendo per la Patria, da assegnare alla nazione che l’avrebbe vinta il maggior numero di volte nell’arco di un decennio.
Giochi amari quelli del febbraio 1952 a Oslo per i fondisti: il migliore piazzamento è il 18° posto di Severino Compagnoni nella 50 km e di Fides Romanin nella 10 km. Meglio lo sci alpino: Zeno Colò, che sarebbe stato in seguito squalificato per “professionismo” in quanto maestro di sci e per la pubblicità di una giacca a vento, vince la libera, e nella stessa specialità Giuliana Minuzzo è terza. Non va meglio nella Coppa Kurikkala: solo Ildegarda Taffra vince la sua prova ma il risultato viene vanificato dalla mancata classifica della terza concorrente. La stessa cosa capita alla Francia nella 18 km maschile, per cui la Coppa viene assegnata alla Germania che, senza grossi piazzamenti, è comunque riuscita a piazzare tutti i suoi atleti.
A fronte di questi risultati il presidente rag. Piero Oneglio chiama in Italia l’allenatore svedese Nordlund. Il presidente era stato eletto nel 1949 a conclusione di un’agitata assemblea federale a Tremezzo, sul lago di Como, viene rieletto a Sestola (MO) per il primo mandato corrispondente al quadriennio olimpico, che avrebbe portato all’appuntamento con i Giochi di Cortina d’Ampezzo. Quanto a Nordlund, il suo lavoro sarà indubbiamente agevolato dall’arruolamento nel gruppo sportivo della Polizia di alcuni fra i più forti fondisti del momento (Ottavio Compagnoni, Innocenzo Chatrian, Arrigo Delladio, Valentino Chiocchetti, Emiliano Vuerich) che porteranno tanti successi individuali e di squadra al Corpo e nello stesso tempo costituiscono l’ossatura della nazionale. Obiettivo sono i Giochi del 1956, ma i primi risultati si vedono già alla seconda edizione della Kurikkala che viene vinta dall’Italia, alla quale partecipano fuori classifica anche i finlandesi che si impongono nella staffetta ma sono battuti da Federico De Florian nella 18 km. Tappa intermedia sulla strada di Cortina sono i Mondiali del 54 a Falun, dove si presenta per la prima volta lo squadrone sovietico. Vladimir Kusin, vincendo la 30 e la 50 km, comincia ad intaccare la supremazia scandinava, ma in campo femminile il predominio è assoluto poiché le sovietiche si impongono sia nella gara individuale sui 10 km che nella staffetta.
A fine marzo, a Gressoney, la Valligiani, che già da qualche anno registrava presenze in calo progressivo, disputa la XXVII ed ultima edizione, che vede il successo della Val di Fiemme capitanata a Federico De Florian. Passeranno più di 30 anni per una ripresa con le rappresentative delle Comunità Montane, ente di nuova costituzione, ma anche questo tentativo di recupero naufragherà in poco tempo.
I Giochi Olimpici di Cortina, che vengono ricordati per lo strapotere e la tripletta dell’austriaco Toni Sailer nello sci alpino, oltre che per la perfetta organizzazione e la funzionalità delle piste e degli impianti, portano poca gloria allo sci italiano che, per la prima volta, ne esce senza medaglie. Nel fondo, dove fa la sua apparizione Sixten Jernberg, gli azzurri lottano solo per il primato fra i centroeuropei, ma non sempre ci riescono. Appare evidente che l’ossatura della squadra è fatta da atleti ormai anziani e che i giovani non sono ancora pronti a sostituirli; dai successivi campionati nazionali juniores cominciano però ad emergere Giulio De Florian, Marcello De Dorigo, Eugenio Martinelli e Alfredo Di Bona, ai quali l’anno seguente si aggiungerà Gianfranco Stella. E sarà proprio De Dorigo, ventenne ai Mondiali del 1958 a Falun, a creare sensazione lasciandosi alle spalle, nella staffetta, tanti titolari campioni del Nord. Anticipava così la “storica” data del 1° febbraio 1959 quando, a Schilpario, nella Coppa L’Eco di Bergamo, sarebbe riuscito a battere lo svedese Stude Larsson, che si era schierato al via con altri tre connazionali. Primo successo italiano su un campione scandinavo di elevata caratura.
Sempre nel 1958, il 2 marzo, si svolge a Saalfelden, in Austria, il primo Mondiale di biathlon, la nuova specialità ideata dall’Unione Internazionale del Pentathlon Moderno. All’Italia, assente in questa occasione, viene affidata l’organizzazione del Mondiale 1959 a Courmayeur dove il debutto costituisce anche il tramonto della nazionale azzurra che pure si era comportata dignitosamente: 15° Alpino Ventura, 16° Battista Mismetti, 17° Virgilio Epis (che nel 1973 raggiungerà la vetta dell’Everest con la spedizione Monzino), 21° Gianni Carrara. Piazzamenti che sarebbero potuti essere migliori se i nostri fossero stati messi in condizione di familiarizzare con le armi, di cui vennero in possesso solo la vigilia della gara. Fino al 1968 questa è la prima ed unica comparsa della squadra italiana: la FISI, infatti, temendo che le autorità militari, sotto la cui giurisdizione ricade la maggior parte dei migliori fondisti, li dirottino verso questa specialità mettendo così in crisi la nazionale di fondo, fa in modo di vanificare ogni idea di lancio del biathlon, di cui si sarebbe tornato a parlare in occasione delle Olimpiadi di Grenoble, con una squadra affidata a Battista Mismetti, divenuto nel frattempo maggiore.
Con i Giochi Olimpici di Squaw Valley, nel 1960, che dimostrano la validità del lavoro di Nordlund, che aveva progressivamente “limato” il divario cronometrico fra scandinavi, sovietici e azzurri, si conclude l’incarico dell’allenatore svedese, sostituito dal connazionale B.H. Nilsson, suo coadiutore de un anno. Con il dott. Vittorio Strumolo, presidente della Commissione tecnica prove nordiche, Nilsson costituirà un tandem che avrebbe portato il fondo italiano ai vertici mondiali.