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Sci di fondo

Conosciamo le Fiamme Gialle, il Ten. Col. Di Paolo: “L’obiettivo è far crescere tutto il movimento sportivo italiano”

Proseguiamo il nostro viaggio all’interno dei Corpi Sportivi delle Forze Armata e le Forze di Polizia, il cui lavoro ha consentito all’Italia di vincere molte medaglie nella sua storia sportiva, come accaduto anche nelle Olimpiadi appena concluse a Rio. Oggi conosciamo meglio le Fiamme Gialle, il Gruppo Sportivo della Guardia di Finanza. Abbiamo intervistato il Tenente Colonnello Gabriele Di Paolo, Vice Presidente Esecutivo delle Fiamme Gialle e responsabile del Quinto Nucleo Atleti – Sport Invernali, del quale si sta occupando da poco dopo 18 anni nell’atletica.  
Buongiorno Tenente Colonnello Di Paolo e grazie per l’intervista che ci sta concedendo. Quanto sono importanti in Italia i Corpi Sportivi delle Forze Armate e di Polizia in particolare negli sport invernali?
«Nel modo in cui è strutturato lo sport italiano, i gruppi sportivi militari hanno un ruolo fondamentale, imprescindibile. Danno la possibilità a un gruppo significativo di atleti di svolgere l’attività sportiva come professionisti, consentendo così alle diverse federazioni di poter coltivare una base di atleti da cui formare poi le rappresentative nazionali. Lo sci, a differenza di altri sport, ad alti livelli permetterebbe anche di emancipare i suoi campioni perché ha un seguito molto alto, ma gli atleti non partono certo già con una medaglia olimpica al collo, ci si deve arrivare. Lungo questo percorso noi abbiamo un compito fondamentale, quello di formarli come atleti, come uomini e anche come militari. Infatti, in un periodo nel quale il nostro paese non naviga nell’oro e le risorse sono inferiori, siamo maggiormente responsabilizzati, dobbiamo avere una cura particolare anche nel professionalizzare gli atleti, i quali hanno una via privilegiata, sono professionisti e militari, hanno la fortuna di avere un buon stipendio in un periodo difficile come questo. Per questo motivo devono avere un comportamento esemplare, portare avanti i valori dello sport come atleti e naturalmente essere un esempio per i più giovani dal punto di vista comportamentale, in quanto rappresentano lo stato. Noi dobbiamo aiutarli in questo percorso, perché hanno la responsabilità di avere l’atteggiamento che il cittadino si aspetta da un uomo in uniforme».  
Avete i vostri tecnici e allenatori?
«Si, li abbiamo in tutte le discipline e molti di essi sono distaccati per dare una mano anche alla federazione quando richiede il nostro aiuto. Per esempio il nostro tecnico Matteo Guadagnini è stato prestato da noi alla FISI, l’abbiamo distaccato, per allenare la nazionale femminile di sci alpino. Non è l’unico esempio, ce ne sono anche altri, mentre dei tecnici invece lavorano con lo sparuto gruppo di atleti che non fanno parte delle squadre nazionali, con il compito di fargli ottenere risultati importanti per permettergli di ritornare con la nazionale. Ovviamente gli allenatori sono a disposizione anche dei singoli Comitati Regionali della FISI e possono essere distaccati anche per essi, tenendo anche conto delle nostre esigenze interne. La nostra visione è stata comunque sempre quella di avere una struttura funzionale al movimento di cui facciamo parte. L’obiettivo non è solo quello di far crescere i nostri atleti e di ottenere dei risultati come Fiamme Gialle, ma quello di contribuire a far crescere tutto il movimento sportivo italiano».  
Mettete a disposizione della federazione anche le vostre strutture?
«Certamente. Per esempio adesso torneremo nella nostra vecchia sede, quella della Marmolada a Predazzo, che è stata ferma per molto tempo a causa di una ristrutturazione che è andata al di là dei tempi previsti. In questi giorni siamo riusciti finalmente a completarla e avere una struttura nuova e molto funzionale, con camere che rispettano le nostre esigenze. Una struttura nella quale ci auguriamo di ospitare anche i prossimi raduni delle nazionali italiane, perché vogliamo aiutare logisticamente la federazione, condividendo con essa le nostre strutture».  
Anche perché logisticamente avete la fortuna di trovarvi in una località come Predazzo, che in quanto a strutture ha tutto.
«Si, non manca nulla, visto che sta anche completando l’unica cosa che ancora non c’era: una pista di skiroll. Sono stati anche stanziati fondi per la costruzione di un trampolino intermedio, che ci mancava e sarà molto utile in particolare per l’attività giovanile. Infatti il nostro obiettivo, oltre a proseguire nello sport di vertice, è quello di implementare anche l’attività giovanile, che può essere un serbatoio importante per il futuro».  
Puntate quindi sui giovani?
«Certo, non a caso una delle politiche attuate dalle Fiamme Gialle è stata orientata sui giovani. Infatti individuiamo dei giovani talenti e li tesseriamo senza arruolarli, mettendo a disposizione le nostre strutture e i nostri tecnici, mettendoli così in condizione di crescere, essere seguiti ed esprimere al meglio le proprie possibilità. Stiamo sviluppando e implementando questo discorso con il Comitato Trentino. L’obiettivo è quello di lavorare al fianco degli sci club e ai Comitati per far crescere sempre di più lo sport italiano, perché le cose migliori si possono fare soltanto con il gioco di squadra, è importante creare delle sinergie tra noi, sci club e comitati. Di fronte c’è una concorrenza internazionale che è spietata e noi non dobbiamo essere gelosi del nostro ruolo, ma mettere insieme la capacità e le risorse di molti».  
I risultati dell’ultima stagione vi hanno soddisfatto?
«Certamente, abbiamo anche avuto la ciliegina sulla torta del successo di Dorothea Wierer nella coppa di specialità di biathlon che ci ha dato anche maggiore visibilità. Un risultato, il suo, importantissimo anche in ottica Mondiali e Olimpiadi che ci saranno nei prossimi due anni. Poi nello sci alpino sono arrivati ottimi risultati da Nadia Fanchini, mentre al suo ultimo anno Massimiliano Blardone è tornato addirittura sul podio in Giappone. Un’uscita degna dopo una splendida carriera».  
Com’è la situazione degli arruolamenti?
«Purtroppo anche gli arruolamenti risentono del momento storico ed economico del nostro paese e sono quindi proporzionati alle risorse che lo stato riesce ad investire. Negli ultimi anni il flusso è un po’ calato, perché se in passato arruolavamo ogni anno complessivamente trenta o trentacinque atleti, ora siamo a meno della metà. Possiamo ritenerci fortunati perché non abbiamo dovuto chiudere per un anno o due. Dobbiamo fare i conti con la situazione generale del paese ed essere bravi a sbagliare il meno possibile e investire su atleti non solo forti, ma che meritino questo “premio” anche come uomini. Per questo motivo c’è un concorso pubblico, nel quale si stabilisce chi è il migliore».  
Secondo lei è giusto che in un periodo di difficoltà economica e di emergenza per la sicurezza, i corpi militari investano le proprie risorse nello sport?
«Non credo di essere in condizione di dire cosa deve fare lo Stato. Da decenni si è scelto di impostare lo sport in questa maniera, prevedendo il contributo significativo dei corpi militari. Posso soltanto dire che fino a quando lo Stato deciderà che il modello sportivo da seguire è questo, da parte nostra ci sentiremo sempre più responsabili di fare bene il nostro lavoro, auspicandoci che ci venga anche consentito di farlo nel modo giusto con le opportune risorse. Voglio poi sottolineare che chi tra noi militari si occupa di sport, lo fa perché mosso da passione. È un mondo che amiamo e conosciamo da tanti anni, nel quale siamo coinvolti e a cui vogliamo bene».
Si è discusso molto durante i Giochi circa il contributo che il CONI dà agli atleti che vincono delle medaglie: secondo alcuni la cifra è troppo alta, mentre al contrario secondo altri bisognerebbe addirittura non tassare questi soldi; qual è la sua opinione in merito?
«Rispondo in modo del tutto personale. Lo sport per gli italiani ha un valore enorme, vedere un atleta del nostro paese su un podio olimpico rende orgoglioso il nostro popolo e la valenza di questo messaggio è di straordinaria importanza e bellezza, al punto da valere un investimento importante. Non sono in grado di dire quale sia la cifra giusta, però ho la percezione che spesso siamo un paese che fatica a sentirsi unito, se non di fronte alle difficoltà e allo sport. Durante i Giochi Olimpici passa un messaggio molto positivo di unità rispetto al nostro trend quotidiano e posso dire che secondo me questo vale moltissimo».

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