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Biathlon , Pianeta Italia

Biathlon – A tutto Giacomel: dagli inizi ai recenti successi, l’azzurro si racconta senza filtri

Foto Credits: Dmytro Yevenko/Fondo Italia

La stagione della consacrazione di Tommaso Giacomel regala all’Italia rinnovate speranze per il futuro, sospinte non solo dai fantastici risultati raggiunti dal biatleta trentino nel corso dell’inverno, ma soprattutto per l’eccezionale maturità e la solidità mentale dimostrati nei momenti più difficili. Caratteristiche che contraddistinguono e impreziosiscono il talento dell’azzurro, ormai consacrato tra i big della disciplina. Nonostante la prima vittoria in Coppa del Mondo centrata a Ruhpolding, i numerosi podi che sono seguiti, l’argento ai Mondiali e la top 6 finale nella classifica generale, Giacomel non si accontenta e rilancia gli obiettivi in vista della prossima stagione. Di questo e altri temi – che vanno dall’allenamento alla vita quotidiana, dalla crescita della disciplina a quella personale – Giacomel ha parlato in una lunga intervista rilasciata al portale Testimoni di Montagna.

Si parte parlando di preparazione e allenamento, Giacomel si sofferma a parlare della programmazione del lavoro, spesso personalizzata secondo le necessità di ogni atleta: “Ogni atleta ha caratteristiche ed esigenze diverse, quindi l’allenamento viene adattato su misura. Fino a settembre, il programma è abbastanza standard, ma man mano che ci avviciniamo alla stagione competitiva, diventa più specifico. Quando siamo in raduno con la squadra, tutti svolgiamo gli stessi esercizi, ma a casa ogni atleta segue un programma personalizzato.

Si passa poi a riflettere in senso più ampio sul biathlon, le sue caratteristiche e la sua crescita e diffusione. A tal proposito, Giacomel si lancia nel paragone con lo sci di fondo, sottolineando le caratteristiche che – a suo dire – rendono il biathlon una disciplina più accattivante: “Cos’ha in più dello sci di fondo? Te lo dico in inglese: il ‘thrill’, l’adrenalina che provi durante la fase di tiro. È una combinazione di due sport, lo sci di fondo e il tiro a segno con la carabina, che non potrebbero essere più diversi tra loro. Nel biathlon c’è sempre quel brivido in più che ti dà il poligono. Non sai mai cosa può succedere. Arrivano insieme 30 persone al poligono e, dopo il tiro, la gara si spacca in due, tre o quattro gruppi. Esistono tantissimi format di gara diversi. Anche nei giorni consecutivi, non ci sono mai due gare uguali, quindi la classifica può cambiare continuamente“.

A queste riflessioni, che spiegano il recente boom del biathlon, si legano poi quelle legate alla comunque ristretta portata di questo sport rispetto ad altre discipline ben più diffuse. Una condizione che secondo Giacomel ha anche degli aspetti positivi: Mi è successo spesso di incontrare persone che non avevano la minima idea di cosa fosse il mio sport, ma non l’ho mai vissuto come un problema. Ora che ho raggiunto una certa notorietà, non mi dispiace affatto se la gente non mi riconosce per strada o non mi chiede foto e autografi. Sono un atleta quando faccio le gare e mi alleno, ma nella vita di tutti i giorni, quando sono con i miei amici o con Elisa, voglio semplicemente essere una persona normale. Quello che mi rende davvero felice, però, è vedere come il biathlon sia diventato molto più conosciuto. Non si tratta solo di me, ma dello sport in sé, e questo è fondamentale per la sua crescita.

Un luogo dove sicuramente la crescita del biathlon non sembra volersi arrestare è quello di Primiero, terra di Giacomel, dove anche grazie alle sue imprese sportive questa disciplina sta acquisendo sempre pù seguito, attirando a sé numerosi bambini e ragazzi: “Il poligono a Primiero? E’ stato fatto grazie soprattutto a mio papà, che ha spinto molto per portare avanti questo progetto. Altrimenti, l’impianto più vicino sarebbe stato a Tesero o Lavazè. Avere una struttura del genere qui per allenarsi è davvero utile. Se ora c’è anche uno sci club di biathlon? Sì, e ci sono tanti bambini che ne fanno parte. Attualmente, ci sono più bambini che praticano biathlon rispetto a quelli che fanno sci di fondo. Per me è una grande soddisfazione!

Dopo aver parlato dei suoi inizi, del rapporto con il papà – ex fondista – e delle scelte che lo hanno portato a seguire la strada del biathlon, l’azzurro parla della sua consapevolezza e della crescita che in questo ambito ha vissuto negli ultimi anni: “Com’è cambiata negli anni la mia consapevolezza? È cambiata molto. Nei primi anni, quando sei ancora un “rookie” (un esordiente), pensi di poter spaccare il mondo, e invece prendi solo delle bastonate sulla schiena perché competi con atleti più esperti, che hanno una marcia in più e sanno come gestire le gare. Non ho mai avuto paura di affrontarle, ma all’inizio, nelle gare di Coppa del Mondo, partivo fortissimo nei primi chilometri e poi esplodevo verso la fine perché non avevo ancora l’esperienza per gestire le energie in modo efficace. Però, anche i miei allenatori mi dicevano che, nonostante quello che facevo fosse un errore, finché ero giovane andava bene così, perché apprezzavano il fatto che non avessi paura di ‘esplodere’ e di arrivare al traguardo anche strisciando. Nei primi anni, quando ti alleni con gli atleti più forti della squadra, vuoi sempre stare al loro livello, e ogni allenamento diventa una gara. Te le suonano quando vogliono. I primi 2-3 anni sono stati davvero impegnativi, ma mi hanno forgiato tanto. Mi hanno insegnato molto. Ora, allenarsi non è più così faticoso. Mi stanco, ma recupero molto meglio“. A tal proposito, Giacomel è convinto di aver raggiunto un punto di crescita molto importante in termini di maturazione: “A che punto sono della mia carriera?Mi vedo quasi all’apice. Credo di aver raggiunto l’85-90% della mia maturazione, sia fisica che tecnica, perché sento di avere ancora margini di miglioramento. Inoltre, credo di essere più avanti di quanto avessi previsto. Pensavo che i miei migliori risultati sarebbero arrivati attorno ai 30 anni, invece a 24 sono già molto in alto in classifica. Sono anche più avanti rispetto a quanto avevo immaginato nella mia tabella di marcia.

Spazio poi a qualche ricordo legato alla vittoria nella mass start di Ruhpolding a gennaio, primo trionfo della carriera dell’atleta delle Fiamme Gialle, in un momento emotivamente non semplice della sua vita: “È stato sicuramente il giorno più bello della mia carriera. Però è accaduto in un periodo molto difficile per la mia famiglia, perché poco dopo mia nonna sarebbe venuta a mancare. Mentre correvo l’ultimo giro, sapendo che avrei vinto, le gambe si sono bloccate per l’emozione. Quando sono arrivato al traguardo, dentro di me c’era un mix di felicità e tristezza, perché sapevo che avrei perso mia nonna, che era la mia fan numero uno, da lì a poco. Per fortuna sono riuscito a vederla ancora una volta prima che si addormentasse. È stato un giorno bellissimo dal punto di vista sportivo, ma questa stagione è stata difficile dal punto di vista personale“.

Guardando avanti, l’obiettivo sono senza dubbio le Olimpiadi di casa in programma a febbraio 2026 ad Anterselva. Un appuntamento a cui tuttavia Giacomel non pensa ancora, scegliendo di affrontare gli ostacoli uno alla volta, senza proiettarsi troppo nel futuro: “L’Olimpiade è un evento particolare, perché si tiene ogni 4 anni e ha una rilevanza storica. È sentita di più all’esterno, dai media, dai brand, dalla televisione, che dagli atleti stessi. Personalmente, non ci penso. Non so nemmeno cosa farò domani, figuriamoci tra dieci mesi. Non è ancora nella mia testa. È già difficile programmare una stagione. Poi se sei proiettato solo su quello e quando arrivi lì sbagli, cosa fai? Mandi tutto a rotoli? Bisogna ragionare passo dopo passo. Quando arriveranno le Olimpiadi, ci penserò. Altrimenti, sprechi un’energia mentale incredibile, drenante. Se ti fai prendere troppo dall’emozione prima, quando arrivi lì sei già cotto, spappolato“.

Infine, c’è spazio anche per qualche considerazione più curiosa, come un accenno al piano B, che avrebbe potuto mettere in atto in caso di mancato successo nel biathlon: “Cos’altro avrei fatto? Sinceramente non ho avuto molto tempo per pensarci, perché quando ero in quarta superiore ero già un atleta professionista. Però mi piace moltissimo cucinare, in particolare preparare lievitati, quindi probabilmente avrei scelto la strada del cuoco. Inoltre mio nonno era meccanico e, da piccolo, passavo molto tempo in officina, sotto le macchine e i camion. Mi piaceva anche quello“. Curiosa anche la risposta data da Giacomel alla suggestione sul possibile trasferimento in Norvegia, dove lo sport e la neve sono pane quotidiano: “Trasferirmi in Norvegia? Non posso, ma mi piacerebbe. Non è detto che non accadrà in futuro. Portare qui la mentalità sportiva norvegese? Ci sto provando. Ho molti amici norvegesi e sto imparando molto dal loro modo di vivere, che ammiro davvero tanto. Spero di riuscire a portarlo qui.

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