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Biathlon

Biathlon – Khalili la nostalgia degli allenamenti in Europa e quel pensierino su una Federazione afghana

Come molti atleti russi, Said Karimulla Khalili si è trovato dal 2022 a dover sperimentare sulla sua persona le conseguenze del ban arrivato a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina di ormai 3 anni fa, a pochi giorni dal termine dei Giochi Olimpici di Pechino. Bronzo olimpica in staffetta proprio a quelle Olimpiadi, è uno degli atleti più solidi della squadra russa, ma non nasconde, intervistato sul canale YouTube “3X | Biathlon”, di aver considerato in passato l’ipotesi di gareggiare per l’Afghanistan, paese di origine del padre, che si è trasferito in gioventù a Mosca per studiare.

“Non c’è mai stato il biathlon lì, anche se mio padre mi ha mostrato un video di una gara di sci. Anche lì ci sono molte montagne e molta neve, e si sono svolte gare di sci, ma non si è arrivati al biathlon. Ci sono stati momenti in cui ho pensato ‘organizzerò una federazione lì, la gestirò con le mie regole’.” In realtà, questo era un pensiero arrivato in gioventù, quando entrare nella squadra nazionale, che pullulava di campioni come Tsvetkov, Loginov, Babikov, gli sembrava irrealistico “Non ho intrapreso alcuna azione, ma ci ho pensato. Certo, non sarebbe stato facile, avrei dovuto occuparmi di tutto da solo, anche se penso che ci sarebbero persone disposte davvero ad aiutare, tutto sarebbe stato abbastanza realizzabile e avrei trovato anche i fondi”.

Se questa è stata più una congettura, o un piano di riserva di un ragazzo inesperto, i problemi legati alla preparazione si fanno sentire più che mai ora che i russi sono per lo più isolati entro i confini nazionali. E Khalili sente la differenza – e la mancanza – dei training camp in Europa e delle strutture occidentali rispetto a quelli in Russia.

“Sarò sincero, mi piace allenarmi in Europa. Non per i bei panorami che ci sono ma perché, in primo luogo, da noi non ci sono praticamente strutture che offrano cibo e alloggio di qualità” spiega “Nel nostro Paese devi portarti la tua cucina, il tuo materasso e altro. Francamente, tutto è obsoleto. E se si pensa davvero allo sport professionistico, ovviamente, queste sfumature non devono mancare. In Europa tutto è a un livello diverso da questo punto di vista. La cosa più importante è l’alimentazione. Attraverso l’alimentazione si ottiene un recupero completamente diverso.”

Anche se la logistica in Europa è spesso legata a strutture turistiche e forse per questo “più comoda”, non è solo l’aspetto dell’accoglienza ad aver impressionato il classe 1998. “Quello che mi piace è che lì non ci sono [grandi] stadi. Ci sono molti piccoli poligoni di tiro, dieci piazzole ciascuno, le pista di skiroll magari non sono più lunghe di tre chilometri, ma si può andare anche in strada. Chiaramente, stiamo parlando di zone di alta e media montagna. Noi non abbiamo tutto questo, qui si è più “ vincolati””.

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