Uno degli atleti ormai considerati veterani del circuito di Coppa del Mondo, Michal Krcmar non è uno di quelli che, nella fase finale della sua carriera, ha poche pretese sulle sue prestazioni. Come dimostrato in occasione dei Mondiali di Lenzerheide, quando percepisce un’opportunità, il 34enne la coglie con destrezza e caparbietà: è così che la medaglia d’argento nella staffetta mista è arrivata. Intervistato dall’emittente radiofonica i Rozhlas, il ceco parla dell’elemento che più di tutti, a suo dire, fa differenza per ottenere i risultati: la mente.
“Quando si punta a un risultato importante, la testa va un po’ più in là del normale. Certo, bisogna avere l’allenamento, le basi, ma il modo in cui si arriva al traguardo dipende dalla testa, da come si lascia che il dolore passi inosservato, in un certo senso. Mi piace l’aneddoto di Pepa Dostal (canoista Josef Dostal, nrd) sulle sue vittorie: scopre solo al traguardo che il labbro è rotto e che sta sanguinando perché è in questa trance e non sente nemmeno il dolore del mordersi le gengive. Questo è il genere di cose che deve scattare in un atleta.”
In un certo senso quindi, la staffetta mista del Mondiale svizzero è stata corsa in trance agonistica. “Devo dire di sì. All’inizio, quando mi hanno detto che Johannes Boe e Samuelsson erano a otto, nove secondi da me, pensavo più a come difendermi e a come prendere il bronzo. Ma quando ho visto Strelow, il tedesco, in difficoltà sulla salita più ripida davanti a me, ho cambiato immediatamente marcia e ho pensato più al secondo posto. Ho pensato che se l’avessi passato, avrei potuto permettere a uno tra Samuelsson e Johannes Bö di passarmi e avremmo avuto comunque una medaglia. è… Il modo in cui si arriva alla fine è dove la testa ti lascia andare, come ti permette di non percepire il dolore in un certo modo”.
Archiviata la stagione, anche se quanto fatto ai Mondiali è stato importante per il movimento ceco che veniva da una delle peggiori stagioni nella stua storia, ora è tempo di pensare alle Olimpiadi del prossimo anno. Krcmar però non pensa che cambierà molto rispetto alle ultime estati. “Secondo me dovrebbe essere il più simile possibile alle altre, perché quando si inizia a sottolineare che è un anno olimpico, che bisogna spingere di più, si rischia di andare in sovrallenamento e di essere inutilmente affaticati e stressati. Voglio abbracciare di più l’idea del fare ciò che bisogna fare ma con semplicità. Spero di riuscirci.”
Uno dei segreti della preparazione della squadra ceca e della sua crescita nell’ultimo anno sta, oltre che nella nuova guida tecnica, anche nella presenza di un collaboratore come il norvegese Per Torvik, che si occupa dello sci di fondo, che ha portato un approccio diverso alla disciplina.
“Inizialmente ero scettico. Abbiamo già avuto tecnici norvegesi in passato, persone che sono arrivate nella nostra squadra dall’esterno. Naturalmente hanno portato qualcosa, non dico che non l’abbiano fatto, ma erano un po’ chiusi, freddi,, non avevano dato il contributo che ci aspettavamo. Ho affrontato il suo arrivo in modo simile e per fortuna mi sbagliavo. È davvero eccezionale. Forse contribuisce al fatto che è professore all’università e che ha un approccio così pedagogico. Non solo discutiamo con lui di tecnica, ma ci svela tutti gli studi norvegesi in materia di sci. Ha davvero una strategia per tutto, analisi, studi. E da lì prepara una presentazione per noi sulla preparazione mentale, su come pensare al risultato, su come valutarlo” spiega il ceco, entusiasta “Ha un enorme valore aggiunto e, inoltre, sa come presentarci il materiale in modo perfetto, sa davvero come parlare, soprattutto visto che parla in inglese. Anche umanamente, credo che si sia seduto con la squadra, con Ondra Moravec e con tutte le persone della squadra, e abbia dato vita al progetto”.