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Biathlon – Da Malles ai vertici Mondiali, Andreas Kuppelwieser parla del primo Giacomel: “Aveva da subito tanta voglia di emergere”

Foto Credits: Dmytro Yevenko/Fondo Italia

“Ricordo che già prima che arrivasse alla scuola di Malles avevo già sentito parlare di lui”. Sorride Andreas Kuppelwieser, attuale allenatore della nazionale svizzera di biathlon, quando parla di Tommaso Giacomel, che ha allenato da giovanissimo quando il primierotto si è era iscritto all’Oberschulzentrum “Claudia von Medici” di Malles, all’indirizzo sportivo la “Sportoberschule”.

«Dal Trentino parlavano molto bene di lui – ricorda Kuppelwieser, che allora allenava Giacomel insieme a Klaus Höllrigl, attuale dt azzurro – dicevano che questo ragazzo era un fortissimo fondista. Lui era però venuto a Malles con l’intenzione di fare biathlon».

L’allenatore altoatesino della Svizzera parla dell’azzurro con affetto, ride rivivendo anche alcuni momenti divertenti, che risultano ancora più simpatici pensando al Giacomel di oggi, campione già affermato. «Una delle prime volte che lo portammo con noi a Oberhof, sembrava quasi non riuscire tenere la carabina calibro 22. Eravamo al poligono interno, dove ci sono gli schermi per vedere e analizzare i colpi. Appena in posizione, Tommaso aveva già il dito sul grilletto, così gli partì un colpo per sbaglio, che quasi centrò uno di questi schermi (ride, ndr)».

Quel ragazzo ha però presto fatto passi da gigante. Talento naturale nel fondo, ha messo il massimo impegno e tutta la determinazione che vediamo oggi in pista per riuscire presto a colmare le sue lacune e migliorare al tiro.

«Sugli sci andava subito fortissimo – prosegue Kuppelwieser – mentre al tiro doveva lavorare tanto, imparando molte cose tecniche del tiro praticamente da zero. Anno dopo anno crebbe tantissimo, perché ci teneva veramente tanto, a volte anche troppo perché quando le cose non andavano si arrabbiava molto. Non era molto paziente (ride, ndr)».

Kuppelwieser aggiunge: «Aveva grinta, volontà, determinazione sopra la media, faceva tutto ciò che gli si chiedeva, non saltava un allenamento, impegnandosi sempre al massimo. Ad averne di atleti così determinati e convinti di ciò che vogliono! Un difetto? Allora gli mancava un po’ di tranquillità, non aveva la pazienza di vedere i progressi pian piano, perché voleva tutto e subito».

Proprio quella sua grande determinazione ha poi portato Giacomel a fare passi da gigante: «Migliorò tanto tanto in pochi anni e ricordo quando venne convocato ai Mondiali Giovani di Otepää e tornò a casa con l’argento. Fu un grande successo per lui, fu bravissimo ed fummo tutti felici».

Difficile allora dire che sarebbe arrivato a essere uno dei migliori atleti del circuito di Coppa del Mondo, ma a Kuppelwieser non era sfuggito il grande potenziale del trentino.

«Dopo la terza classe si vedeva che aveva il giusto potenziale per diventare molto bravo. Certo, è difficile poi avere la certezza che un diciassettenne possa poi negli anni arrivare ad essere uno degli atleti top al mondo. Avevamo però la speranza potesse arrivare al livello attuale».

Già, perché oggi Giacomel è uno degli atleti di spicco del biathlon mondiale: «Oggi è lì al top del mondo e, dopo l’addio dei Bø, se dovesse proseguire su questa strada, aiutato anche dalla salute, con la mentalità che ha potrebbe davvero diventare un fuoriclasse».

Foto credit IBU

A distanza di anni, Kuppelwieser ancora prova emozioni pensando a quell’argento giovanile: «Fui proprio contentissimo per quella medaglia. Alla fine fu il suo primo Mondiale e tornò subito a casa con la medaglia. Per noi fu una grande soddisfazione. Finita la scuola, Tommaso era già nel giro delle varie squadre nazionali e alla fine non c’è stata più la possibilità di vederci come allora. Anche se oggi siamo tornati a incontrarci in Coppa del Mondo».

Seppure dietro al cannocchiale per seguire gli atleti della sua Svizzerra, Kuppelwieser è pronto a gioire per i risultati di Giacomel, come successo a Ruhpolding, ma anche a Lenzerheide, quando dopo l’argento vinto dall’azzurro, era sotto al podio sorridente mentre salutava la famiglia del venticinquenne trentino.

Foto credits: Fondo Italia

«Quando Tommy ottiene un bel risultato sono sempre contento. Poi voglio bene anche alla famiglia, conosco suo nonno Martino, che c’era sempre, lo trovavi la mattina a bordopista anche a Bionaz, molto distante da casa loro. Sono diventato suo amico e per questo motivo ero felice di vederlo lì orgoglioso del suo nipotino. E poi è bello anche per me, sono felice di vedere un giovane che ho avuto l’onore di allenare, farsi strada tra i grandi».  

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