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Sci di fondo

Sci di fondo – Caterina Ganz: “Ora riesco a essere più costante nel corso dell’intera stagione”

Fis Nordic World Championship 2025. Trondheim (NOR), 27/02/2025 Photo: Pentaphoto Fis Nordic World Championship 2025. GANZ Caterina (ITA) Trondheim (NOR), 27/02/2025 Photo: Pentaphoto

È la più esperta della squadra azzurra, nonostante debba in realtà compiere ancora trent’anni. Caterina Ganz è maturata molto in queste stagioni, ha aumentato la consapevolezza nei propri mezzi ed è reduce da una stagione che per continuità è stata positiva, avendo chiuso per la prima volta nella top trenta della classifica generale di Coppa del Mondo, piazzandosi 25ª.

La trentina delle Fiamme Gialle non è mancata mai di determinazione e voglia di fare bene, ma appare sempre più convinta e decisa, come si è visto nella team sprint di Lahti, quando è andata all’attacco anziché accontentarsi, dando il cambio a Cassol in terza posizione e sognando il podio.

«La sprint del giorno precedente era andata male e avevo tanta voglia di riscatto – racconta Ganz a Fondo Italia – volevo rispondere al meglio a quella prestazione negativa».

Fino a Trondheim sembravi avere difficoltà nell’interpretare la team sprint. Come mai?

«All’inizio non mi piaceva come format, perché non ero proprio brava a interpretare questa gara, forse perché avevo anche fatto poca esperienza prima del bruttissimo ricordo della mia partecipazione alle Olimpiadi di Pechino. Pure quest’anno a Davos, quando ero in coppia con Monsorno, avevo commesso un errore. Mi dispiaceva, perché ho sempre saputo che per caratteristiche fisiche sono adattissima a questo tipo di competizione, perché delle prove corte, ripetute più volte e con poco recupero si addicono tanto a me, sono un mio punto di forza anche in allenamento. Non riuscivo proprio a interpretarla, mi snervava non avere mai il controllo della situazione. Dopo Davos, anche a Cogne avevo commesso errori di gestione».

Poi le cose sono cambiate.

«Nella team sprint serve soprattutto esperienza, è in gara che si migliora, perché in allenamento non puoi affrontare certe situazioni che trovi durante la competizione, solo lì puoi imparare davvero come affrontarla. A Trondheim è scattato qualcosa, ho smesso di pensare troppo, e mi sono concentrata sul fare semplicemente ciò che so. Lì ho capito come gestirla. A Lahti, dopo la prima frazione ho visto che stavo bene, quindi il mio obiettivo era stare attaccata e dare il cambio all’ultimo giro nella migliore posizione possibile. Nell’ultima tornata ho messo in pratica quanto analizzato nei primi due giri, mi sono attaccata e avendo visto che l’ultima salita era il posto migliore per passare, sono andata all’attacco e ho dato il cambio il più avanti possibile. Al termine della gara ero molto soddisfatta, perché in realtà anche a Trondheim ero un po’ dispiaciuta».

Davvero? Eravate arrivate quinte al Mondiale, miglior risultato per l’Italia femminile da quasi un decennio.

«Avevo gestito bene la mia prima frazione, sapevo di non dovermi mettere all’inseguimento di Sundling, rischiando di buttare energie. Mi sono gestita benissimo, ma sulla seconda salita Janatova mi ha centrato da dietro, sono caduta e ho perso il gruppetto con la ceca e Hennig. In una team sprint anche dieci secondi persi diventano pesanti frazione dopo frazione. Quindi ero soddisfatta della nostra gara, ma con rammarico».

A Lahti, invece, hai sognato addirittura il podio.

«Lì ho messo in pratica quanto imparato e sono molto soddisfatta. Dopo aver dato il cambio a Federica che era con Dahlqvist, sono andata a togliermi gli sci e ho visto che era la terza nel gruppo. Ho sperato nel podio ed ero davvero gasata. Abbiamo fatto una grandissima gara, anche se non nascondo che all’arrivo di Fede, seppur entrambe soddisfatte della nostra prestazione, c’era anche un po’ di dispiacere perché quando assapori il podio e ci arrivi così vicina, un po’ ti mangi le mani. Speriamo di essere in credito».

Tra un anno in Val di Fiemme magari si potrebbe riscuotere, anche se con il rientro di Monsorno ci sarà concorrenza.

«Si, da qui a un anno possono succedere mille cose. Sicuramente correranno le due che staranno meglio. È bello come Italia, poter pensare che c’è una scelta, tre o quattro atlete che possono correre quella gara. È un segnale positivo per il movimento e uno stimolo per tutte noi, perché la concorrenza è motivante. A me piacerebbe farla, ovviamente, ma vediamo cosa succederà e come staremo tutte. Saranno schierate le due che verranno reputate migliori in quel momento. Sarà bello creare difficoltà a Markus (Cramer, ndr)».

Al di là di qualche passo falso lungo il percorso, in particolare a fine Tour de Ski, hai vissuto una stagione molto positiva.

«Mi ero posta degli obiettivi chiari a inizio stagione e avevo tanta voglia di iniziare. Sapevo che l’obiettivo era il Mondiale di Trondheim, pista e format che mi piacevano. Guardavo con il sorriso questa stagione e avevo voglia di iniziare. A fine Tour ho faticato, non stavo bene, ma conoscevo il mio obiettivo, il Mondiale di Trondheim, così sono rimasta tranquilla. Mi sono ammalata a fine Tour, ho faticato nelle ultime gare in Val di Fiemme e ho pensato solo a non correre il rischio di mettere a repentaglio il Mondiale. Da lì mi sono fermata, ho saltato l’Engadina, perché non ancora al top, poi sono andata a Cogne e ho raggiunto la semifinale della sprint».

E la stagione è andata in crescendo.

«Io sono molto soddisfatta della mia stagione, anche perché per la prima volta ho chiuso in top trenta, venticinquesima nella generale. Ciò significa tanto per me, perché so che non è facile avere continuità, e sono orgogliosa in quanto è il risultato di tante gare e format diversi. Che sia classico o skating, distance o sprint, posso sempre scendere in pista e fare una bella gara. Ho anche fatto due belle top 15 a Cogne e Oslo nella 10 a skating, che è un bel segnale per me essendo formato olimpico. Ho ottenuto due semifinali nelle sprint, rischiando di riuscirci anche a Ruka dove sono rimasta fuori per un pelo. L’unico rammarico della stagione è che a Trondheim, nella 10 a classico, avrei voluto fare un po’ meglio, ci tenevo tanto e avrei voluto un risultato migliore. Alla fine, però, anche in quell’occasione non ho nulla da rimproverarmi».  

La prossima stagione si chiuderà un ciclo olimpico in cui ti sei sempre allenata con Markus Cramer. Su quali aspetti volete lavorare?

«Sto seguendo la sua linea da tre anni e i risultati sono andati in crescendo. Il fatto di avere più volume e una maggiore base, mi ha aiutato a reggere più gare ed essere più costante nel corso dell’intera stagione. Inoltre in queste stagioni sento di essere maturata anche nella mia gestione personale, nel saper prendere delle decisioni importanti in determinati periodi dell’anno, parlandone ovviamente sempre anche all’allenatore. La base è sempre la linea dettata da lui, ma con alcune modifiche fatte per adattarmi a determinate situazioni che possono crearsi nel corso della stagione, ascoltando le mie sensazioni. Per quanto riguarda la prossima stagione, dobbiamo ancora mettere giù gli obiettivi, anche se ovviamente è ben chiaro che sarà l’Olimpiade. Ho visto tante cose su cui posso lavorare e ho margine di miglioramento, quindi ne parleremo».

A proposito di decisioni e scelte. È vero che alla vigilia del Tour de Ski hai rinunciato anche al pranzo di Natale?

«Volevo fare tutto il possibile per stare bene al Tour de Ski, perché l’anno precedente mi ero ammalata durante le feste natalizie. Quindi, quest’anno, tornata da Davos ho cercato di evitare tutto ciò che potesse mettere a rischio la mia condizione e il mio allenamento. Non volevo avere rimpianti e ne ho parlato con la mia famiglia. Quando smetterò di sciare avrò tutto il tempo di fare le cose normali e godermi le feste, ma ora la salute è troppo importante. Anche nel corso della stagione, abbiamo girato sempre per aeroporti e luoghi affollati indossando la mascherina per ridurre il rischio di ammalarsi. Nel nostro sport anche un raffreddore può pregiudicare tanto».

Che sapore ti ha lasciato il finale di stagione?

«Buono. Sono stata contenta della gara a skating di Oslo, che veniva il giorno successivo a quella orribile 20 km a classico, dove non avevo mai trovato il giusto ritmo. Oltre alla team sprint, a Lahti sono stata anche molto contenta della 50 km, che è stata veramente dura e ho avuto anche i crampi durante la gara, ma sono stata orgogliosa di aver tenuto duro. Alla fine, se uniamo CISM e Campionati Italiani, mi sono fatta un nuovo Tour de Ski con sette gare in dieci giorni. Però ai CISM ho fatto un’altra bella team sprint con Fede, mentre a Dobbiaco ho vinto il mio primo titolo italiano in staffetta con le Fiamme Gialle e poi anche la 20 km».

Quest’anno sei stata anche affiancata a un nuovo skiman, lo svedese Perry Olsson. Come ti sei trovata?

«Perry è una persona favolosa, d’oro, sono proprio felice di averlo incontrato. È bellissimo lavorare con lui, si è creato un rapporto di confidenza e mi dà anche dei consigli, ci mettiamo ad analizzare assieme le gare. È un piacere arrivare in skiroom la mattina ed incontrarlo, una persona che ti mette di buon umore, trasmette anche tanta tranquillità e sicurezza, oltre a essere un grande professionista nel suo campo. Spero sia presente anche nella prossima stagione. E pensare che all’inizio, quando mi era stato assegnato, speravo di non fare troppa fatica con la lingua e di creare un bel rapporto. Mi ha colpito che anche lui è stato sorpreso positivamente dal clima della nostra squadra e ha un bel rapporto con tutti. Quella con lui è proprio un’esperienza positiva».  

La tua compagna di squadra e amica Anna Comarella ha già annunciato che smetterà al termine della prossima stagione. Tu hai iniziato a pensare al futuro, a quando chiudere la tua carriera?

«No, non ho deciso nulla riguardo al futuro, anzi, non ci ho nemmeno pensato. Ho ancora tanta voglia di allenarmi e gareggiare. Vedremo quello che accadrà. Sicuramente voglio ancora andare avanti dopo le Olimpiadi, anche perché sono molto attratta dai Mondiali di Falun del 2027».

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