La stagione 2024/25 è stata molto positiva per il biathlon svizzero. Nell’anno in cui Lenzerheide ha ospitato il primo Mondiale in terra elvetica – se si eccettua quello del 1985 a Egg am Etzel quando però al via vi erano solo le donne – la squadra svizzera ha ottenuto ottimi risultati.
A contribuire all’ottima annata dei rossocrociati vi è stato anche il tecnico italiano Andreas Kuppelwieser, che dopo cinque anni a seguito dell’IBU Cup, è stato affiancato la scorsa primavera a Sandra Flunger, che guida la squadra di Coppa del Mondo dal 2018.
Kuppelwieser è soddisfatto per una stagione davvero molto positiva per una nazionale che di fatto è ancora molto piccola: «Le cose sono andate veramente molto bene sia in campo maschile che in quello femminile – ha affermato a Fondo Italia l’ex allenatore della scuola di Malles – addirittura con le donne siamo riusciti a chiudere nelle prime cinque posizioni della Coppa per Nazioni, assicurandoci un sesto pettorale. Per noi è un risultato grandissimo, perché abbiamo un gruppo molto ristretto, poche possibilità di ricambio».
Anche nei Mondiali di Lenzerheide, la Svizzera non ha deluso, pur restando senza medaglia: «L’evento iridato è stato molto positivo, tra i migliori di sempre per la Svizzera, se guardiamo le prestazioni. Abbiamo ottenuto tanti ottimi piazzamenti, sfiorando spesso il podio. Non sono arrivate medaglia, ma siamo felici del livello mostrato».
Una stagione che ha visto la crescita di Amy Baserga, salita anche sul podio individuale, oltre alla vittoria di Hartweg in coppia con Aita Gasparin nella single mixed relay di Pokljuka. Risultati che hanno motivato tantissimo il gruppo.
«Abbiamo alzato il livello medio della squadra – sottolinea Kuppelwieser – come dimostra Burkhalter, che è cresciuto tantissimo sia sugli sci che al tiro, dove ha trovato maggiore sicurezza rispetto al passato. Poi quella vittoria nella single mixed ha dato grande motivazione a tutti, perché Aita Gasparin ha ottenuto la sua prima vittoria dopo anni in cui era presente nel circuito, mentre Hartweg ha confermato di essere un grande atleta. Quel risultato ha caricato tutto il gruppo, dagli atleti a noi dello staff tecnico, ci ha reso ancora più uniti».
Quale futuro ora per la Svizzera dopo un Mondiale positivo in casa e una stagione nella quale il gruppo elvetico si è tolto diverse soddisfazioni? «La Svizzera è una nazione tanto appassionata sullo sci alpino, che è il vero e proprio sport nazionale. Il biathlon non è conosciuto da tutti. Sotto questo aspetto, il Mondiale di Lenzerheide è stato utile, perché molti sono venuti a seguire le gare da curiosi, senza conoscere la nostra disciplina. È stato un grandissimo successo, tutti erano contenti ed anche il seguito dei media è cresciuto. Adesso SRF segue tutte tappe della coppa del mondo, tutto live, una grande novità per il biathlon svizzero. Noi dobbiamo essere presenti come risultati, per sfruttare al meglio questo momento e far crescere la disciplina in Svizzera».
Kuppelwieser guarda proprio alla sua nazione d’origine. «Anche in Italia il biathlon era ristretto a pochi appassionati, così come è oggi in Svizzera, venticinque anni fa avevamo i numeri presenti ora qui. Oggi, però, se vai alle gare nazionali italiani, si arriva tra i Giovani anche a 70 atleti. Sei anni fa, quando sono andato via, ne avevamo forse 30 o 35. Io sono contentissimo di quanto sia accaduto in Italia negli ultimi anni, e l’obiettivo della Svizzera deve essere di crescere così, anche se è ancora presto, ci vorrà tempo».
L’allenatore della nazionale Svizzera ritiene che quella dell’Italia sia la strada da seguire: «Si, l’Italia è per me il punto di riferimento. Guardate dove il nostro paese era vent’anni fa e dove si trova adesso. In Italia ci sono più poligoni che in Germania, solo in Alto Adige ne abbiamo tre a livello Coppa del mondo, senza dimenticare Tesero, Forni Avoltri, Bionaz ed Isolaccia, per citarne solo alcuni. La nazionale italiana ha ottenuto i risultati nel momento giusto, riuscendo così a catturare nuovi appassionati».
Una crescita della base che potrebbe aiutare anche ad avere maggiori alternative nell’alto livello: «Oggi in campo femminile non abbiamo tante atlete a disposizione. Alle spalle di quelle solitamente presenti in Coppa del Mondo, ve ne erano davvero poche. Serviranno quattro o cinque anni per chiudere questo buco».