Dal 2020 è Responsabile di Strategia, Sostenibilità e Amministrazione dell’IBU. Riikka Rakic è una professionista di grande esperienza. La dirigente svizzera ha lavorato a lungo nella FIS, partecipando alla progettazione del Tour de Ski, al fianco di Capol, per poi avere il ruolo di capo della comunicazione dal 2009 al 2013. Quindi la partecipazione a due candidature olimpiche e l’organizzazione del Mondiale di sci alpino a Åre, in Svezia, nel 2019.
Rakic ha parlato volentieri a Fondo Italia per far conoscere iniziative e proposte dell’IBU su vari temi. Nella prima parte dell’intervista, pubblicata ieri, la dirigente dell’IBU ha descritto il progetto Target 26 e spiegato come è stata fatta la stesura dei calendari fino al 2030. In questa, invece, si è parlato in maniera più approfondita di sostenibilità e cambiamenti climatici, ma anche del coinvolgimento di atleti e sponsor su questi ambiti.
In occasione degli Europei in Val Martello, avete organizzato un incontro con POW (Protect Our Winters). Per sensibilizzare su argomenti come i cambiamenti climatici, puntate quindi ad affidarvi anche a queste associazioni?
«Pur essendo uno sport piccolo rispetto al calcio, siamo fortunati ad avere una grande audience televisiva, in particolare in Europa. Dobbiamo quindi utilizzare la nostra piattaforma su certi temi, perché possiamo avere un grande impatto e possiamo essere influenti. Per farlo meglio dobbiamo anche accrescere la nostra portata e credo che collaborare con associazioni quali POW possa esserci di aiuto.
Sono già anni che lo facciamo, perché questa associazione è stata tra quelle a cui abbiamo fatto riferimento quando abbiamo scritto il nostro piano strategico di sostenibilità nel 2020. Fin dal primo momento erano nel nostro gruppo di consiglieri. Ovviamente non possiamo avere la stessa visione su ogni singolo argomento, ma non abbiamo nemmeno disaccordo con loro. Siamo felici di lavorare con loro e pensiamo che il loro obiettivo di unire la comunità outdoor per parlare dell’importanza della natura e di creare una consapevolezza del cambiamento climatico, sia anche il nostro».
Ritiene che gli atleti abbiano oggi la giusta consapevolezza dei cambiamenti in atto? Pensate di coinvolgerli in questo progetto di sensibilizzazione?
«Abbiamo un gruppo di atleti che sono ambasciatori della sostenibilità, così come per l’eguaglianza di genere. Da quattro anni abbiamo questo programma di ambasciatori che coinvolge un totale di 15 atleti, e abbiamo appena aperto le domande per il prossimo ciclo di due anni. Fin dal primo anno di questo progetto, abbiamo cercato subito di capire come si potesse davvero collaborare con gli atleti su temi come sostenibilità, eguaglianza di genere, integrità e problematiche come il doping. Penso che su questi temi gli atleti si possano coinvolgere».
In che maniera?
«Riteniamo che gli atleti abbiano un maggior impatto e un modo migliore di connettersi ai fan rispetto a quanto possiamo fare noi come istituzione. Se un atleta parla di un argomento con convinzione, la gente lo ascolta. Penso alla fondista Jessie Diggins, che è anche membro di POW, e quanto il suo peso sia maggiore rispetto al nostro quando si schiera su argomenti come il cambiamento climatico. Ci sono alcuni atleti nella nostra comunità che sono molto appassionati a questo tema, come Julia Simon che è ambasciatrice delle foreste francesi, mentre la federazione norvegese ha un programma in cui coinvolge gli atleti su diversi temi.
Mi piacerebbe coinvolgere di più gli atleti su questi temi, ma capisco anche che gli dei professionisti si allenano molte ore al giorno, quindi non sappiamo quanto tempo possano togliere alla propria quotidianità da atleta, per dedicarsi al ruolo di ambasciatore. Credo però che il nostro ruolo sia di renderli consapevoli dell’importanza di questo tema ed è per questo che organizziamo questi incontri con POW. Lo abbiamo fatto anche con i giovani ai Mondiali e in quel caso è più semplice, perché rispetto ai professionisti non hanno ancora gli obblighi mediatici e di marketing.
Inoltre chiederemo alle Federazioni Nazionali la possibilità di organizzare degli incontri con POW nel corso dei raduni estivi, quando gli atleti sono più tranquilli, come fatto dalla Svizzera».
Argomenti come sostenibilità e cambiamenti climatici a volte possono entrare in contrasto con alcuni sponsor, come accaduto nello sci di fondo con Equinor che ha causato diverse proteste dagli ambientalisti. L’IBU cosa fa in questo senso?
«Lavoriamo cercando di coinvolgere i nostri sponsor su questi temi e capire come possiamo lavorare insieme per la sostenibilità. Viessmann per esempio ci sta aiutando in questo senso, sia coprendo con panelli solari la nostra sede IBU, ma anche facendo un’analisi dell’efficienza energetica dello stadio di Ruhpolding per renderlo più sostenibile. Abbiamo trovato diversi modi di collaborare.
BMW, invece, ci sta fornendo auto ibride ed elettriche per ridurre l’impatto che abbiamo con i nostri spostamenti. Ovviamente per uno sport come il nostro, che muove tantissime persone tra atleti, volontari, tifosi e media, non è facile farlo, ci vuole del tempo. Stiamo cercando di collaborare con tutti i partner e gli sponsor. Nel contratto con ciascun fornitore abbiamo un piano di sostenibilità e stiamo lavorando con l’intero settore per vedere come possa questa industria sciistica diventare più sostenibile. Ora abbiamo un gruppo chiamato Winter Sports Sustainability Network (FESI). Atomic è stata il motore di tutto questo. Insomma ci sono modi in cui possiamo lavorare con i nostri partner per raggiungere questo obiettivo.
Tornando alla domanda, credo non accadrà mai che da un giorno all’altro qualcuno possa dire che non collaborerà mai con una determinata azienda. Per me è più costruttivo guardare ai modi in cui si possa lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi che abbiamo in comune».
Come?
«Per esempio noi siamo una federazione che organizza competizioni sportivi, ma non siamo nel mondo della mobilità. Tra i nostri partner c’è però BMW che è ovviamente esperta e ha al suo interno persone che cercano ogni giorno di comprendere come ci si muoverà tra trenta o quarant’anni. Ciò è qualcosa di cui possiamo beneficiare.
Io credo che la cosa migliore sia ragionare con i propri partner commerciali su come essere più sostenibili e lavorare assieme».