Nel weekend in cui la Norvegia e tutto il mondo del biathlon si preparano ad assistere all’addio al biathlon dei fratelli Johannes Thingnes Bø e Tarjei Bø, c’è chi vive questa situazione con un carico di emozioni ancora più grande rispetto alle migliaia di appassionati che i Bø li ha ammirati per anni. Si tratta di Gianluca Marcolini, skiman di Johannes Bø da tanti anni e da qualche tempo anche responsabile della preparazione sci di Tarjei. Un’eccellenza assoluta del reparto tecnici italiano, che ha contribuito in maniera significativa – con tanto lavoro dietro le quinte e altrettanta passione – a fare di questi due campioni quello che sono oggi e che con loro ha condiviso gioie e dolori, sconfitte e trionfi. Raggiunto dall’inviato di Fondo Italia Giorgio Capodaglio nei pressi del truck norvegese a Oslo a poche ore dal via della tappa che chiude la stagione, Marcolini racconta il suo lavoro nella scuderia norvegese in un’emozionante intervista.
Si apre con toni scherzosi la chiacchierata con Marcolini che spiega il significato scherzoso del badge “Wax mafia” che campeggia alle sue spalle sul truck norvegese e che dà anche il nome al profilo Instagram del team materiali della Norvegia del biathlon. “E’ nata scherzando sempre con noi italiani che lavoriamo con loro – spiega ironicamente Marcolini -. Scherzando si dice sempre ‘L’Italia e la mafia’ e alla fine è venuto fuori questo discorso di Wax mafia e abbiamo spinto per fare questo account su Instagram e penso sia anche una bella cosa”.
Si passa poi a toccare gli argomenti legati all’imminente ritiro dei due fratelli, con lo skiman chiamato a raccontare le sue emozioni a poche ore dall’inizio della tappa conclusiva: “Adesso la vivo molto meglio di prima. Capisco l’intenzione degli atleti che vogliono smettere perché sono arrivati a non avere più gli stimoli per andare avanti, quindi è giusto che si facciano una nuova vita e io inizi una nuova vita qua in Norvegia”.
Dando invece uno sguardo alla propria esperienza e ai vari step che lo hanno portato a lavorare al servizio di Johannes e Tarjei, lo skiman italiano aggiunge: “Se mi sarei aspettato di vivere un’esperienza del genere? No, sicuramente quando ho deciso di venire a lavorare qua sapevo di andare a lavorare con una squadra molto importante, ma non sapevo cosa avrei fatto. Quando mi è stato detto di seguire Johannes era ancora all’inizio, erano i primi anni che correva e dopo sono riuscito a realizzare quello che stavo facendo per un atleta veramente importante. Dopodiché è arrivato anche Tarjei a chiedermi di seguirlo e siamo andati avanti in modo molto corretto e rispettoso. E’ stata una bellissima esperienza”.
Il segreto per essere così vincenti? Sicuramente il talento degli sciatori, ma anche un rapporto umano sempre aperto e disponibile da entrambi i lati: “Il rapporto è molto aperto – prosegue Marcolini – ognuno pensa al suo lavoro. Loro non si intromettono nel mio e io non mi sono mai permesso di intromettermi nel loro. C’è molto rispetto fra di noi e questo mi ha fatto molto piacere. Poi sono delle persone molto oneste e sincere e questo vuol dire tanto nel rapporto di lavoro nel nostro sport. Il loro atteggiamento con me? Vedo che quando parlo con loro o quando mi chiedono qualcosa sono sempre molto interessati a volere che faccia io direttamente le cose. Anche quando andiamo a provare gli sci mi dicono ‘fallo tu, che ci fidiamo’. Questo è un segno molto importante”.
L’intervista prosegue sotto la foto

La voce dello skiman italiano si fa via via sempre più tremolante, rotta da una comprensibile e sana emozione. Torna in mente il ricordo della primissima medaglia d’oro di Johannes Bø, un giorno in cui il campione norvegese si legò indissolubilmente anche al lavoro di Marcolini, chiedendogli di proseguire nel lavoro al suo fianco fino a data da destinarsi: “Mi ricordo, eravamo a Kontiolahti e vinse la prima medaglia ai Mondiali, la medaglia d’oro nella sprint (nel 2015, ndr). Poi oltretutto Tarjei arrivò terzo in quella gara lì, anche se non era seguito da me, ma da Morten Hegle Svendsen, il fratello di Emil. Era lui il nostro capo skiman e lo devo ringraziare tantissimo perché lui mi ha dato fiducia già ai tempi. Alla sera andammo fuori a cena e Johannes mi disse: ‘finché non finisco la mia carriera devi rimanere’. E l’ho fatto”.
Spazio poi al racconto dei momenti in cui è venuto a conoscenza dei ritiri dei due fratelli, ripercorrendo le giornate della conferenza stampa a Ruhpolding di Johannes e della confessione di Anterselva di Tarjei: “I momenti in cui ho scoperto dei ritiri? Con Johannes l’ho incontrato subito dopo la conferenza stampa che aveva fatto a Ruhpolding, fuori dal nostro camion e mi ha detto ‘Hai sentito?’. Gli venivano ancora i lacrimoni agli occhi e io gli ho detto ‘Johannes, hai fatto la scelta giusta. Smetti da vincente, perché non lo sai andando avanti nella carriera cosa può succedere. Hai vinto tutto e di più’. E’ logico che per la Norvegia perdere un atleta del genere… tante volte i risultati arrivavano solo da lui. Per Tarjei l’ho scoperto dopo la gara. Mi ricordo ancora che sono andato in camera e nel dopogara in albergo a parlare con lui e ci siamo messi a piangere tutti e due”.
La conclusione è pura emozione, con Marcolini che lascia emergere le lacrime quando il focus si sposta sugli insegnamenti e i passi avanti fatti nel lungo periodo di lavoro al fianco di questi campioni: “Cosa mi lasciano? Un bagaglio di esperienza molto grosso. Sono riuscito a capire tante cose e questa esperienza mi ha fatto crescere molto nel mio lavoro, ma soprattutto mi ha fatto capire che lavorare con persone oneste e sincere è molto bello”.