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Biathlon – Intervista a Riikka Rakic, dirigente IBU: “Siamo tra le federazioni leader nella sostenibilità” (1ª Parte )

Foto Credits: Dmytro Yevenko

Il caldo a Nove Mesto, le abbondanti precipitazioni piovose a Pokljuka, poi il desolante paesaggio dallo Scandic di Holmenkollen, dove si vede una Oslo senza neve pur essendo in inverno. Le ultime tappe della Coppa del Mondo di biathlon alimentano in chi frequenta questo ambiente la preoccupazione per uno dei grandi problemi dell’attualità e del futuro: il cambiamento climatico.

In questi anni, l’IBU sta lavorando molto anche sull’aspetto della salvaguardia dell’ambiente ed ovviamente della sostenibilità, che stanno a cuore alla federazione internazionale del biathlon.

In Val Martello era stato organizzato un meeting con gli atleti per informarli su questo argomento, con la partecipazione dell’associazione no profit POW (Protect Our Winters), della quale fa parte anche la campionessa dello sci di fondo Jessie Diggins.

A promuovere questi incontri è Riikka Rakic, dal 2020 Responsabile di Strategia, Sostenibilità e Amministrazione dell’IBU. Professionista di grande esperienza, la dirigente svizzera ha lavorato a lungo nella FIS, partecipando alla progettazione del Tour de Ski, al fianco di Capol, per poi avere il ruolo di capo della comunicazione dal 2009 al 2013. Quindi la partecipazione a due candidature olimpiche e l’organizzazione del Mondiale di sci alpino a Åre, in Svezia, nel 2019.

Successivamente l’ingresso nell’IBU, dove ha avuto l’importante responsabilità di Target 26, documento programmatico redatto dalla federazione internazionale.

«Target 26 è un Progetto molto ampio, che non comprende solo la sostenibilità – chiarisce Rakic a Fondo Italia, con cui ha accettato volentieri di parlare con la voglia di far conoscere i progetti dell’IBU – per esempio puntiamo tanto sull’ecosistema digitale, nell’ambito del quale uno dei nostri obiettivi era la nuova App dell’IBU e l’implementazione del sito. All’interno di Target 26 vi erano quindi tanti progetti diversi, la maggioranza dei quali sono stati implementati e oggi fanno già parte della nostra quotidianità. Tra questi vi era anche l’IBU Academy. Abbiamo il grande progetto di sviluppare ulteriormente il nostro sport. In questo ambito abbiamo lanciato il programma Biathlon for All e quest’anno annunceremo la giornata internazionale del biathlon».

Il 2026 è dietro l’angolo. Avete raggiunto gli obiettivi prefissati?

«Abbiamo messo a punto molte cose, ma allo stesso tempo già a inizio del 2024 ci siamo resi conto che il 2026 era un orizzonte troppo vicino, così abbiamo deciso di estendere il raggio temporale e porre come traguardo il 2030 per alcuni di questi obiettivi ed implementarli al meglio. Abbiamo già fatto una lunga strada ed è ora il momento di porci nuovi obiettivi».

Cosa vi proponete sulla sostenibilità?

«Vogliamo diventare una delle federazioni leader all’interno del mondo dello sport. E posso dire che tra le discipline che fanno parte del movimento olimpico lo siamo già. Ci sono diverse federazioni che stanno lavorando bene, come l’atletica leggera, che sta facendo un bel lavoro, oppure l’UCI del ciclismo, che credo abbia davvero una buona struttura, la vela, per citarne alcuni. Noi siamo tra queste e di ciò sono davvero molto felice. Caratterialmente tendo però a non essere mai completamente soddisfatta, si può sempre migliorare e dobbiamo sempre andare avanti. Ecco perché adesso abbiamo Target 2030».

Qual è l’obiettivo di questo nuovo progetto?

«Ci sono principalmente tre grandi obiettivi. Il primo è raddoppiare il numero di atleti alla base del movimento per rendere ancora migliore l’alto livello. Abbiamo bisogno di una base ampia e solida per la nostra piramide. Ciò significa che l’attenzione maggiore sarà rivolta ai giovani.
Il secondo obiettivo è raddoppiare i nostri utili considerando un periodo di tempo dal 2022 al 2030, le entrate che vengono da sponsor, media, marketing ma anche altre fonti come Olympic Solidarity e la Commissione Europea. Per farlo vogliamo essere sicuri di avere la giusta rilevanza e su questo stanno lavorando benissimo Christian Winkler, capo comunicazione dell’IBU, e il suo team. Coinvolgendo atleti e federazioni, vogliamo aumentare il nostro seguito.
Quindi il terzo grande obiettivo è la sostenibilità, ridurre del 50% il nostro impatto nelle competizioni che organizziamo, come previsto dall’Accordo di Parigi».

Poche settimane fa avete annunciato il calendario per le prossime quattro stagioni di Coppa del Mondo. La sostenibilità è stata tra gli elementi considerati?

«Certamente. Nella pianificazione del nuovo calendario abbiamo preso in considerazione tanti fattori. Da una parte si vuole avere sempre tanti tifosi sul luogo e andare in paesi che hanno maggiore impatto in termini di audience televisiva e sponsor. Dall’altra, si deve anche considerare una logistica ottimale e la sostenibilità nelle diverse località di gara.
Ovviamente non ci sono grandi cambiamenti nelle tradizionali località, perché abbiamo solo un determinato numero di stadi al mondo in grado di organizzare una Coppa del Mondo di biathlon. Abbiamo però iniziato a collaborare con l’Università di Erlangen, che ci ha aiutato a calcolare quale fosse l’itinerario migliore possibile per il nostro programma di competizioni. Insomma bisogna tenere a mente tutte queste considerazioni quando si organizza il calendario e so che Daniel Böhm, Sport and Event Director dell’IBU, ritiene la sostenibilità un argomento molto rilevante per la stesura del calendario».  

Non è passato inosservato lo storico spostamento della tappa di Oberhof, che da gennaio cadrà a fine febbraio o inizio marzo.

«Questa scelta è legata a fattori sia logistici sia climatici. In primo luogo perché chiudendo sempre la stagione al Nord, inserire Oberhof in mezzo permette alle squadre di non fare avanti e indietro, ma dalla Germania viaggiare direttamente verso nord. C’è poi anche un discorso legato alla neve. In questi anni, abbiamo raccolto tanti dati sul quantitativo di neve presente in ogni singola località in un determinato periodo dell’anno. Abbiamo anche un progetto a parte per calcolare la potenziale produzione di neve di ogni singola località, basata sulle informazioni climatiche che abbiamo: per quanti giorni e quando si ha il freddo adatto per produrre neve.
Dai nostri dati, abbiamo notato che mediamente a Oberhof si ha maggiore possibilità di avere neve a febbraio e marzo che a gennaio. Di ciò abbiamo discusso sia con Federazione Tedesca che con il Comitato Organizzatore locale, per poi cadere su queste date. Nella stesura di un calendario bisogna fare attenzione a incastrare al meglio i vari pezzi del puzzle».

Un processo molto complicato.

«Si, anche perché dovevamo preparare il calendario fino al 2030, quindi da qui a cinque anni. Avevamo anche bisogno di capire il possibile impatto dei cambiamenti climatici su alcune aree, in quanto lo stiamo già vedendo nelle ultime stagioni, e non per tutte le regioni è stato identico. Per questo stiamo collaborando con diverse Università, oltre quella di Erlangen, che ho già citato, anche Innsbruck. Facciamo affidamento alla scienza per studiare meglio alcuni elementi che richiedono molti più dati e la comprensione dei modelli di proiezione del clima futuro. Anche perché bisogna pure considerare il microclima, le condizioni a livello locale, perché se vai in due valli collegate, possono esserci due climi diversi».

  • Domani pubblicheremo la seconda parte dell’intervista, nella quale si entra nello specifico di sostenibilità e sensibilizzazione di atleti e sponsor su un tema come i cambiamenti climatici.

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